Il presidente dell'Anp è appoggiato da Bush, Blair e Olmert Abu Mazen annuncia elezioni anticipate per Hamas è un colpo di Stato Il portavoce del premier Haniyeh: "dobbiamo evitare a ogni costo la guerra civile" Il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) nel corso del suo intervento a Ramallah trasmesso in diretta televisiva da Palestine Tv il 17 dicembre ha rivendicato la prerogativa di sciogliere il governo e ha annunciato le elezioni anticipate. Una mossa ventilata nei giorni precedenti a fronte dello stallo delle trattative con Hamas per la formazione di un nuovo governo di unità nazionale. La proposta è stata definita da Hamas un colpo di stato. Gli scontri armati tra le parti palestinesi scoppiati a Gaza e in Cisgiordania sono stati contenuti dalla tregua annunciata la notte del 17 dicembre da Rabbah Muhanna, esponente del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina, a nome di tutte le parti palestinesi e al momento in cui scriviamo regge in particolare per l'impegno di Hamas, ribadito dal portavoce del premier Haniyeh, di "evitare a ogni costo la guerra civile". La crisi interna palestinese aveva raggiunto il punto di guardia il 14 dicembre allorchè il primo ministro Haniyeh di ritorno a Gaza dalla visita in vari paesi islamici e arabi era stato bloccato per alcune ore al valico di frontiera di Rafah su decisione del governo sionista e dopo aver passato il confine era stato bersaglio di colpi di mitra. Il valico di Rafah tra l'Egitto e la striscia di Gaza sarebbe da oltre un anno sotto il controllo di osservatori internazionali, tra i quali un gruppo di carabinieri italiani, ma di fatto è il regime sionista che dirige il traffico. E negli ultimi mesi ha tenuto il valico aperto solo per poche ore in applicazione dell'embargo dichiarato da Tel Aviv e dai paesi imperialisti contro il governo di Hamas. Il premier palestinese Ismail Hanyeh è stato bloccato al valico per decisione del ministro della difesa israeliano, il laburista Amir Peretz, per impedirgli di portare a Gaza i 35 milioni di dollari raccolti durante la sua visita in vari paesi tra cui Iran, Qatar e Sudan. Solo dopo che i soldi erano stati depositati in un conto corrente palestinese presso la Lega Araba al Cairo Hanyeh è potuto entrare a Gaza. Dove il convoglio del premier è stato attaccato nell'area sotto diretto controllo di Forza 17, la guardia presidenziale di Abu Mazen. Nell'attentato è rimasto ucciso un componente della guardia del corpo del premier. Il 15 dicembre nel comizio di fronte a 70 mila persone nello stadio Yarmouk a Gaza, Hanyeh denunciava l'attentato ai suoi danni e sottolineava in particolare il successo della sua missione in vari paesi quale segno della legittimazione del governo di Hamas nel mondo musulmano e arabo; ricordava il sostegno ricevuto alla "resistenza dei palestinesi", compreso quello finanziario. Altri esponenti di Hamas accusavano dell'attentato il braccio destro del presidente Abu Mazen, Mohammed Dahlan che gode della fiducia di Israele e degli Usa. Il 15 dicembre anche a Ramallah migliaia di palestinesi protestavano contro il fallito agguato al premier Hanyeh; negli scontri con la polizia una trentina di persone, in gran parte militanti di Hamas, restavano ferite. Altri scontri si registravano a Gaza. La situazione esplodeva con l'annuncio di elezioni anticipate da parte di Abu Mazen. "Ho deciso di indire elezioni parlamentari e presidenziali, perché la crisi sta peggiorando" affermava il presidente palestinese, "questo è un diritto costituzionale, posso farlo quando voglio". Diversi osservatori hanno sottolineato che in realtà la carta fondamentale provvisoria non precisa in quali occasioni il parlamento, dove Hamas ha la maggioranza con 76 seggi su 132, possa essere sciolto in anticipo. La Costituzione scritta nel 1997 e rivista nel 2003 su pressioni americane per ridurre i poteri dell'allora presidente Yasser Arafat, definisce in quattro anni la durata del Parlamento ma non afferma la possibilità di convocare elezioni anticipate per decreto. Anzi l'unico riferimento esplicito è contenuto nell'articolo che impedisce al presidente di sciogliere il parlamento in caso di entrata in vigore dello stato d'emergenza. "Ciò che abbiamo sentito da Abu Mazen è una dichiarazione di guerra civile che, se Allah vorrà, cercheremo di evitare", dichiarava Ahmed Yussef, consigliere politico del premier Haniyeh, "il governo palestinese respinge l'annuncio di Abbas di indire elezioni anticipate e le considera un colpo contro la legalità e la volontà del popolo palestinese". Il portavoce del movimento islamico, Ismail Radwan, aggiungeva che il governo guidato da Hamas avrebbe continuato il suo lavoro. La decisione del presidente palestinese era invece sostenuta apertamente da Bush, Blair e Olmert. "ll governo israeliano sostiene i palestinesi moderati che cercano di giungere a negoziati con Israele senza ricorrere alla violenza. Abu Mazen è un dirigente di questo tipo. Noi speriamo che lui sia in grado di affermare la sua autorità su tutto il popolo palestinese", dichiarava Miri Eisin, portavoce del governo israeliano. La Casa Bianca attraverso la portavoce Jeanie Mamo sosteneva che gli Usa "sperano che questo aiuti a mettere fine alla violenza e alla formazione di un'Autorità palestinese impegnata sui principi del Quartetto", ossia che diventi un docile strumento nelle mani di Tel Aviv e Washington per garantire la pace imperialista. Gli Usa dicono di pensare alla "pace" ma in realtà preparano la guerra tanto che il segretario di Stato Condoleezza Rice ha proposto al Congresso di stanziare decine di milioni di dollari per potenziare la guardia presidenziale rafforzandola anche con l'arrivo nei territori occupati da mille uomini della Brigata Badr addestrati in Giordania. Infine Blair appoggia la decisione di Abu Mazen impegnando i paesi imperialisti a finanziarlo, ossia a "sostenere il popolo palestinese e alleviarne le sofferenze attraverso la ricostruzione e lo sviluppo". In sintonia con Tel Aviv e Washington anche il governo italiano. Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha affermato che "la Palestina o trova un accordo per un governo di unità nazionale o deve poter andare alle elezioni e affidare ai cittadini la scelta come ha proposto il presidente Abu Mazen"; "questo vale anche per il Libano, dove noi sosteniamo il tentativo della Lega araba di trovare un accordo attorno a Siniora". L'Italia di Prodi è dalla parte dei governi filo-Usa. Secondo la stampa palestinese, i punti dell'accordo di tregua fra Hamas e Fatah prevede il cessate il fuoco immediato di tutte le forze, il ritiro dalle strade dei miliziani armati, la dislocazione delle forze di sicurezza nelle posizioni mantenute prima degli incidenti degli ultimi giorni, il divieto di organizzare di manifestazioni e cortei, la liberazione di tutti gli ostaggi, la costituzione di un ufficio congiunto fra Hamas e Fatah con una sala emergenza capace di affrontare eventi imprevisti, consultazioni con altre forze politiche per calmare la situazione, la costituzione di una commissione di inchiesta che faccia luce sugli spari al convoglio del premier Ismail Haniyeh al valico di Rafah. Il 17 dicembre il leader di Hamas, Khaled Meshal, ribadiva da Damasco le posizioni dell'organizzazione della resistenza palestinese: "no assoluto alle elezioni anticipate palestinesi e no al riconoscimento di Israele". "Le elezioni anticipate sono illegali. Fatah con arroganza sta cercando di fare un colpo di Stato", spiegava Meshal che accusava il braccio destro di Abu Mazen, Mahmoud Dahlan, di essere "un provocatore che sta alzando la tensione, vuole la guerra civile tra musulmani". "Hamas non la vuole e farà di tutto per evitarla" ribadiva invitando Al Fatah a "continuare il dialogo per il compromesso politico e la creazione di un governo di unità nazionale". La posizione espressa da Hamas è condivisa dalla Jihad Islamica e dal Fronte popolare per la la liberazione della Palestina (Fplp) e ribadita in un comunicato emesso a Damasco. Da sottolineare che il comunicato è stato condiviso anche da Faruk Qaddumi, segretario di Al Fatah e direttore dell'Ufficio politico dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Il comunicato afferma che questi movimenti "'ritengono che non ci siano veri motivi per organizzare"' queste elezioni perché "'elezioni democratiche ed oneste" si sono già tenute lo scorso gennaio. La decisione delle elezioni anticipate di Abu Mazen viene definita "illegittima, una violazione della legge e senza un consenso nazionale palestinese"; i firmatari si dicono convinti dell'importanza "della costruzione dell'unità palestinese basata sulle costanti nazionali palestinese, a cominciare dal diritto alla resistenza e dal diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e al recupero delle loro proprietà". 20 dicembre 2006 |