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Marchionne impone il diktat della Fiat che cancella il contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori
L'accordo separato di Mirafiori restaura le relazioni industriali mussoliniane
La FIOM non firma. Peggio di Pomigliano. Sacconi: "L'accordo archivia il '900". Camusso preme sulla Fiom perché firmi se prevale il sì al referendum
Occorre rispondere con lo sciopero generale di 8 ore |
Il nuovo Valletta, Sergio Marchionne, con una faccia tosta senza pari, l'ha chiamato "il regalo di Natale", l'accordo separato, l'ennesimo e il più grave, per lo stabilimento di Mirafiori sottoscritto il 23 dicembre scorso dal vertice della Fiat e i sindacati complici FIM-CISL, UILM-UIL, UGL e FISMIC, ma non dalla FIOM-CGIL che lo ha avversato e che tuttora lo contrasta con forza. È lo stesso accordo, virgola più virgola meno, che Marchionne aveva buttato sul tavolo il 3 dicembre e sul quale gli uomini di Bonanni e di Angeletti avevano "osato" esprimere delle perplessità, provocando una sospensione delle trattative. Sono bastati 20 giorni e le solite minacce (o accettate quello che dico io o porto le produzioni all'estero) per far tornare i sindacalisti collaborazionisti al tavolo con le braghe calate a firmare senza fiatare l'intesa padronale. Un'intesa che ricalca il modello Pomigliano, è anzi peggiore. Imposta con lo stesso odioso ricatto, investimenti e nuove produzioni in cambio di diritti, prevede condizioni di lavoro di supersfruttamento e la cancellazione di fatto del contratto nazionale di lavoro e dello Statuto dei lavoratori. In più pretende di escludere dalle Rsu (rappresentanza sindacale unitaria aziendale) le organizzazioni che non hanno firmato l'accordo, cioè la FIOM che è il sindacato più forte e rappresentativo dei metalmeccanici.
Le dure condizioni dell'accordo
A Mirafiori come a Pomigliano è previsto un forte peggioramento delle condizioni di lavoro che aumenterà i rischi per la salute e gli infortuni; un peggioramento che passa da un sistema delle turnazioni di tre turni giornalieri di 8 ore per sei giorni alla settimana, notti comprese, sabati compresi e fino alla domenica mattina; mentre gli addetti alla manutenzione lavoreranno 7 giorni su 7. Dalla riduzione delle pause per gli addetti alla catena, tre di 10 minuti invece che due di 15 e una di 10 minuti, sia pure con un rimborso economico che equivale a monetizzare il rischio salute. Dall'aumento obbligatorio delle ore straordinarie non contrattate con le Rsu di 120 ore e 15 sabati all'anno. Per quanto riguarda lo spostamento della pausa mensa alla fine del turno non è stato cancellato ma solo rimandato. C'è inoltre il peggioramento del trattamento dell'indennità di malattia. La Fiat sopra un tetto di assenteismo da lei stabilito, molto al di sotto di quello fisiologico, per le malattie brevi di cinque giorni si arroga il diritto di non pagarne i primi tre, con un danno economico molto consistente per i lavoratori malati.
Per quanto riguarda il salario, è una balla e un inganno ciò che sostengono i firmatari dell'accordo secondo cui esso comporterebbe un aumento delle retribuzioni. Le cifre che vengono sventolate sono solo sulla carta e derivano dall'aumento delle ore straordinarie e dalle indennità turno, oltre a quella piccola compensazione sulla riduzione delle pause. Ma, allo stesso tempo, si tace sul fatto che la Fiat ha cancellato la contrattazione aziendale sul salario e ha tagliato il premio produzione. A conti fatti il salario reale subirà delle perdite.
Via le Rsu, fuori la Fiom dalla fabbrica
Tuttavia gli aspetti più nefasti dell'intesa separata di Mirafiori che hanno conseguenze negative strutturali e permanenti sono quelli di carattere generale. Marchionne ha pensato di costituire una newco (nuova società) Fiat-Chrysler fuori da Federmeccanica e da Confindustria in modo da liberarla dagli impegni che derivano dal contratto nazionale dei metalmeccanici e dagli accordi interconfederali come quello del luglio 1993 che regola la elezione delle Rsu.
La suddetta newco procederà a riassumere gli attuali dipendenti (tutti? oppure solo quelli che accetteranno le condizioni padronali?) sulla base dell'accordo aziendale suddetto. Dove ci sono le seguenti clausole: tutti i lavoratori e i sindacati sono impegnati a rispettare l'insieme e ogni singola parte dell'accordo, pena forti sanzioni. Per i lavoratori sono previsti provvedimenti disciplinari fino al licenziamento, per i sindacati la sospensione della trattenuta sindacale e dell'agibilità sindacale in fabbrica. In questo ambito c'è l'impegno a non proclamare scioperi. Inoltre, solo i firmatari dell'accordo possono avere propri rappresentanti sindacali in azienda. La FIOM che non ha firmato rischia dunque di essere cacciata dalla fabbrica. E non è tutto. La Fiat cancella le Rsu, ovvero il diritto dei lavoratori di eleggere i propri rappresentanti sindacali aziendali. In pratica si torna alle Rsa (rappresentanze sindacali aziendali) nominate direttamente dalle burocrazie sindacali territoriali e per giunta solo da quelle firmatarie del contratto aziendale. Una regressione autoritaria e antidemocratica persino antecedente alle Commissioni interne che comunque si formavano sulla base di un meccanismo elettivo.
A fronte di tutto questo, la Fiat si impegnerebbe a investire un miliardo di euro e alla messa in produzione di un nuovo Suv Chrysler-Alfa Romeo però a partire dal 2012. Dal febbraio 2011 i lavoratori di Mirafiori saranno messi per un anno in cassa integrazione straordinaria a zero ore. A metà gennaio i lavoratori saranno chiamati a partecipare al referendum e ad esprimersi sull'intesa sotto il ricatto di Marchionne: o almeno il 51% di sì o non se ne fa di niente.
Confindustria e governo con Marchionne
Scontata la soddisfazione del vertice della Fiat. E come potrebbe essere diversamente? Nell'accordo è passata per intero la linea ultraliberista, neocorporativa e neofascista di Marchionne. Lo stesso vale per Confindustria che, tramite il suo presidente, Emma Marcegaglia, ha espresso "grande soddisfazione e vivo plauso per l'intesa raggiunta, che rappresenta un significativo elemento di innovazione per le relazioni industriali che va a vantaggio dell'intero sistema economico e produttivo del paese".
Super scontato inoltre l'appoggio del governo Berlusconi. Il neoduce di Arcore si è spinto a definirlo "un accordo storico". In particolare, il ministro del welfare, l'ex craxiano e berlusconiano, Maurizio Sacconi, si è distinto in dichiarazioni a sostegno dell'accordo che a suo dire potrebbe fare scuola, cioè potrebbe essere ripreso e applicato da altre aziende. Anche lui lo commenta come un evento storico che addirittura "archivia il '900" nel senso che mette fine al conflitto tra capitale e lavoro e instaura relazioni fondate sulla collaborazione e la partecipazione. Lui non lo dice, anzi lo nega, ma si tratta di neocorporativismo di stampo mussoliniano. Per Sacconi, hanno fatto bene i sindacati firmatari definiti riformisti ad accettare i sacrifici imposti dalla Fiat e la rinuncia "ad alcune forme di conflittualità". Condivide anche la cancellazione delle Rsu e l'esclusione della Fiom dalla Fiat. Siamo oltre l'accordo del 1993. "Tutti si potranno organizzare e manifestare liberamente - afferma ipocritamente - ma il sistema di relazioni è più intenso tra coloro che si riconoscono reciprocamente". Cioè Marchionne e più in generale la Confindustria e i sindacati complici, con l'esclusione della FIOM perché "è ancorata al Novecento e a un'idea conflittuale delle relazioni industriali".
La pugnalata del vertice del PD
La linea Marchionne gode dell'appoggio anche del vertice del PD, soprattutto di esponenti di primo piano tutti provenienti dall'ex PCI, dunque rinnegati del comunismo come Sergio Chiamparino attuale sindaco di Torino, Piero Fassino ex segretario DS e ora candidato alle primarie per le comunali torinesi, Walter Veltroni e Massimo D'Alema, a cui si aggiunge il destro Pietro Ichino, l'acerrimo nemico dei lavoratori pubblici. Per costoro l'investimento promesso dal nuovo Valletta vale i sacrifici richiesti e la rinuncia dei diritti. Per Fassino essi sono persino modesti in riferimento a quelli imposti agli operai della Chrysler americana. Costoro hanno fatto a gara con parole pesanti e virulente nel criticare la FIOM per non aver aderito all'accordo padronale. Dal governo te l'aspetti, ma dall'"opposizione"? Una vera pugnalata alle spalle degli operai.
Mentre cantano vittoria gli esponenti del sindacato giallo aziendale della FISMIC e quelli del sindacato ex fascista UGL, imbarazzanti risultano le giustificazioni dei segretari generali della FIM Giuseppe Farina e della UILM Rocco Palombella. Quest'ultimo senza temere il ridicolo sostiene che con la firma dell'accordo è stato "incastrato Marchionne".
L'opposizione della FIOM
Si deve dare atto invece alla FIOM della fermezza e del coraggio dimostrati nel dire un chiaro e netto No al diktat del nuovo Valletta. "Quello firmato a Mirafiori da Fiat, Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazioni quadri - ha affermato Giorgio Airaudo, responsabile FIOM settore auto - è un accordo vergognoso. La Fiat impone in fabbrica e nel sistema delle relazioni industriali italiane un modello aziendalista e neocorporativo, semplificando il pluralismo sindacale riducendolo ad un unico sindacato per un'unica compagnia: la Chrysler-Fiat". "Non potevamo firmare - ha spiegato il segretario generale Fiom, Maurizio Landini - perché si cancella in una volta sola contratto nazionale e Statuto dei lavoratori, leggi che tutelano il lavoro. E vengono peggiorate le condizioni delle linee".
"I contenuti dell'accordo - insiste Landini - peggiorano quanto fatto a Pomigliano. Si riducono le garanzie per i lavoratori e si conferma che non si vogliono pagare i primi tre giorni di malattia, con sanzioni che possono arrivare fino al licenziamento per i lavoratori che dovessero decidere di scioperare". Per non dire dei turni, delle pause e degli straordinari. "Cancellano il diritto dei lavoratori a eleggere liberamente le proprie Rsu, si torna indietro alle Rsa nominate dall'alto, se non peggio. E qui sta l'attacco alla legge 300, lo Statuto dei lavoratori, che garantisce" il diritto e la possibilità di esercitare pienamente i diritti sindacali. "Vorrei far riflettere sulla portata storica di questa norma (scritta appositamente per far fuori la FIOM, ndr) soprattuto se passa nella fabbrica simbolo della Fiat. Praticamente si sta cambiando la natura delle organizzazioni confederali - fa notare Landini - e delle relazioni industriali italiane, passando da un sindacato che rappresenta i lavoratori, a uno corporativo aziendale che fa da gendarme". Insomma. siamo di fronte a un sistema autoritario e antidemocratico che Giorgio Cremaschi, presidente del CC della FIOM, definisce senza mezzi termini "fascismo aziendale".
Un No risoluto all'intesa siglata a Mirafiori è stato espresso anche dal CC della FIOM il 29 dicembre scorso. In questa sede è stata presa la decisione di proclamare lo sciopero generale dei metalmeccanici nella giornata del 28 gennaio, con presidi e manifestazioni regionali. Inoltre, il CC della FIOM ha stabilito di lanciare nei luoghi di lavoro e nel Paese una raccolta di firme contro gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori, per un contratto nazionale senza deroghe, per la libertà sindacale, per un lavoro stabile e con diritti. Organizzare in tutte le città momenti pubblici di presidio, discussione e informazione. Incontri con le forze politiche. Un'estensione dell'azione contrattuale e giuridica per difendere il Ccnl del 2008 e le libertà sindacali. Il CC della FIOM ha ribadito che il referendum voluto da Marchionne e dai sindacati complici sull'accordo non è accettabile, è illegale non solo perché si svolge sotto ricatto occupazionale ma anche perché chiede ai lavoratori di rinunciare a diritti sanciti da leggi dello Stato e dunque non cancellabili con un contratto aziendale. Anche se vincessero i sì la FIOM non accetterà il verdetto estorto.
Camusso opportunista
Su questo punto cruciale c'è un dissenso netto con il segretario generale della CGIL, Susanna Camusso. La quale ha criticato, è vero, i metodi di Marchionne e la sua volontà di escludere la FIOM e di riflesso la stessa CGIL dal tavolo delle trattative e dalla rappresentanza aziendale. Nella circostanza che si è venuta a determinare non poteva fare diversamente. Anche se più volte in passato la Camusso ha criticato da destra il rifiuto della FIOM di sottoscrivere l'accordo di Pomigliano. Ma ha aggiunto che il verdetto del referendum previsto per l'intesa di Mirafiori va accettato e la FIOM dovrà firmare l'intesa se i consensi dovessero prevalere. Non importa evidentemente il fatto che i lavoratori dovranno recarsi alle urne con una pistola puntata alla tempia. Un capolavoro questo di opportunismo. Tanto più se si considera che la Camusso continua a fare orecchie da mercante sulla richiesta dello sciopero generale di tutte le categorie. Il nostro auspicio, comunque, è che prevalgano i NO al referendum.
Noi del PMLI stiamo dalla parte dei lavoratori della Fiat di Mirafiori e di Pomigliano e della FIOM alla quale esprimiamo la nostra solidarietà militante. Consideriamo la loro una battaglia sindacale vitale, di prima grandezza anche sul piano politico, che riguarda tutti i lavoratori, i giovani, gli studenti, le masse popolari, le forze politiche e le associazioni democratiche e antifasciste. Sono in gioco diritti fondamentali la cui cancellazione colpirebbe non solo i metalmeccanici ma tutti i lavoratori. C'è da respingere e da sconfiggere un attacco alle condizioni di lavoro senza precedenti dal dopoguerra. Di fatto sono state restaurate le relazioni industriali mussoliniane. Lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi si impone e va richiesto con forza!
5 gennaio 2011
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