In Afghanistan offensiva della Nato, in testa i marines di Obama L'obiettivo è quello di conquistare il territorio controllato dai talebani Nuova strage di civili "La Nato ha aperto il fuoco contro un convoglio di tre veicoli, uccidendo almeno 27 civili, tra i quali quattro donne e un bambino, e ferendone altri dodici" nella provincia di Uruzgan, ha reso noto un comunicato diffuso dal governo fantoccio di Kabul che deplorava con lacrime di coccodrillo l'ennesima strage di civili compiuta il 21 febbraio dalle forze di occupazione imperialiste. Alla denuncia del governo fantoccio seguiva la replica del generale americano Stanley McChrystal, capo del contingente di occupazione Isaf (Forza internazionale di assistenza alla sicurezza), che rispondeva: "siamo profondamente dispiaciuti per la tragica morte di persone innocenti. Ho chiarito alle nostre forze che noi siamo qui per proteggere il popolo afghano, e uccidere o ferire inavvertitamente civili mina la fiducia nella nostra missione". Il balletto dei comunicati tra governo e forze di occupazione Nato e Usa è una tragica farsa imperialista che si ripete a ogni strage di civili, che poi viene messa in archivio in attesa della successiva. Come era accaduto il 14 febbraio, quando i militari americani avevano ammesso di aver causato 12 vittime civili nella provincia meridionale di Helmand, in realtà varie fonti accreditano diverse decine di civili uccisi dalle bombe Nato e Usa, nel corso del massiccio attacco lanciato il 12 febbraio dai marines di Obama nella provincia per strapparne il controllo alla resistenza dei talebani. L'attacco era iniziato nella notte fra venerdì 12 e sabato 13 febbraio quando oltre 15.000 soldati, di cui 8.500 marines americani, 4 mila fanti britannici, 2.500 uomini dell'esercito afgano, più i commando delle forze speciali anglo-americane, guidati dal generale di brigata americano Larry Nicholson, erano entrati nella provincia puntando alla conquista della cittadina di Marjah e del distretto di Nadalì. Per le forze messe in campo dagli occupanti imperialisti, l'operazione militare chiamata "Mushtarak", una parola in lingua dari che significa "insieme", è la più grossa dal momento dell'invasione dell'Afghanistan nell'ottobre 2001. È parte della strategia definita dall'amministrazione Obama, che nel tentativo di liquidare la resistenza ha aumentato il proprio contingente fino a oltre 100 mila uomini, senza contare l'esercito "privato" degli oltre 100 mila mercenari, i cosiddetti "contractors" alle dipendenze del Joint Contracting Command del Pentagono in quel paese, che sono quasi 10 mila statunitensi, circa 16 mila stranieri e il resto locali. A Marjah, una cittadina rurale di 80 mila abitanti distante una quarantina di chilometri a ovest del capoluogo Lashkargah, e nel distretto agricolo di Nadalì si sono concentrate nel tempo le formazioni talebane in ritirata dalle offensive degli occupanti inglesi nel nord e di quelle americane nel sud della provincia. Nello scorso maggio le truppe inglesi avevano lanciato un massiccio attacco su Marjah e si erano ritirate dopo una dura battaglia. Testimoni raccontarono che "dopo quattro giorni di combattimenti e bombardamenti i soldati stranieri se ne andarono. Era tutto distrutto e c'erano decine di civili morti, anziani, donne e bambini. Mai vista una cosa del genere: nemmeno i russi facevano queste cose". Una situazione che si potrebbe ripetere con la nuova offensiva che al momento registra una forte resistenza da parte dei guerriglieri talebani, una dura battaglia casa per casa nella città dalla quale sono fuggiti molti degli abitanti, la maggior parte è rimasta e rischia di rimanere vittima sotto il tiro dell'artiglieria e dell'aviazione degli occupanti. Che per giorni hanno impedito l'evacuazione dei feriti, una violazione dei diritti sanciti dalle Convenzioni di Ginevra sul trasporto dei feriti agli ospedali negli ospedali, come ha denunciato Emergency dall'ospedale di Lashkargah. In occasione del ventunesimo anniversario del ritiro delle truppe dell'allora socialimperialismo sovietico dall'Afghanistan, avvenuto il 15 febbraio 1989, i talebani hanno inviato un messaggio a Obama nel quale affermano che "gli americani dovrebbero capire che se hanno bisogno di 15 mila uomini per prendere il controllo di un solo distretto, per impossessarsi di tutti i 350 distretti dell'Afghanistan dovrebbero utilizzare oltre 5 milioni di soldati. I dirigenti della Casa Bianca trarrebbero maggior vantaggio a comprendere la lezione della storia invece di abbandonarsi a esibizioni di forza: Obama, come Gorbaciov, deve guardare realisticamente la realtà sul terreno in modo da mettere fine alla tirannia e alla repressione nei confronti degli afghani, invece di portare altre sventure all'America". E hanno assicurato al capo dell'Isaf, il generale McChrystal, che "non riuscirà nei 18 mesi fissati da Obama" a realizzare ciò che non è stato fatto dal 2001. 24 febbraio 2010 |