Sotto il ministero dello Sviluppo per difendere il posto di lavoro Gli operai sardi dell'Alcoa resistono alle manganellate della polizia di Monti e della Cancellieri Bruciate per protesta le tessere elettorali Mentre scriviamo è ancora in corso la dura protesta dei lavoratori dello stabilimento di Alcoa di Portovesme (Sulcis Iglesiente) giunti a Roma in circa 400, il 27 marzo davanti alla sede del Ministero dello Sviluppo economico, a sturar le orecchie al governo dei tecnocrati borghesi che fino ad oggi niente ha fatto per difendere migliaia di posti di lavoro, fra sito metallurgico e indotto, e impedire la chiusura imminente più volte minacciata dalla multinazionale americana. E come sempre accade agli operai in lotta hanno ricevuto sonore manganellate dal governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale Monti e dal suo braccio destro, il ministro degli interni Anna Maria Cancellieri. Il corteo è partito da piazza della Repubblica, passando per le vie del centro e si è diretto in via Molise, dove ha sede il Ministero, una zona fortemente presidiata dalle camionette di polizia e carabinieri. Tanti gli slogan accompagnati dal ritmo del tamburo e dei caschi da lavoro battuti a terra. Petardi, fischi, trombe, cori, megafoni e bandiere di Fiom,Cisl, Cgil, Uil, Cub. Nel corteo i sindaci di venti comuni su ventuno della provincia di Carbonia Iglesias, venuti "a difendere i nostri lavoratori e le loro famiglie" ha sottolineato uno di essi. Il tavolo delle trattativa con il ministro Corrado Passera, il sottosegretario Claudio De Vincenti con Fim, Fiom, Uilm nazionali e territoriali, Cgil, Cisl, e Uil insieme a una delegazione di lavoratori e alla direzione aziendale di Alcoa doveva portare ad una svolta. "Abbiamo chiesto al tavolo la continuità produttiva da parte di Alcoa degli impianti siderurgici fino al 31 dicembre come sottoscritto dall'azienda nell'intesa di Palazzo Chigi due anni fa". Ha dichiarato Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm. Troppo poco per la partita in corso, infatti la multinazionale ha fatto orecchie da mercante perché mai costretta dal governo a mantenere gli impegni presi e, ancor più, a mantenere aperto il sito metallurgico sull'isola. Passera non ha saputo che dire: "è tra le vertenze su cui c'è il massimo impegno del ministero. Come governo stiamo facendo il massimo per facilitare le trattative" ma intanto, il massimo è nulla. Educati da anni di lotte e davanti al baratro della disoccupazione gli operai, al culmine della tensione per il nulla di fatto, hanno coraggiosamente espresso la loro rabbia prima bruciando alcune tessere elettorali, poi assaltando il ministero e lanciando petardi e fumogeni, bottigliette, aste di bandiere e altri oggetti e hanno tentato di forzare il blocco per far capire al governo del tecnocrate borghese Monti che il lavoro è un diritto, non può procedere come uno schiacciasassi contro i diritti dei lavoratori e delle masse popolari e non devono essere i lavoratori a pagare la crisi capitalistica delle banche e dell'alta finanza, di cui i massimi rappresentanti siedono al governo. È stato uno scontro duro fra lavoratori e polizia e carabinieri schierati in gran numero in tenuta antisommossa che non hanno esitato a menar manganellate e spintoni ai lavoratori per difendere il palazzo. Frattanto a Portovesme sono state indette quattro ore di sciopero per difendere la fabbrica e fornire, seppure a distanza, sostegno ai lavoratori che stanno manifestando a Roma. 28 marzo 2012 |