Alemanno: "mettiamo l'anticomunismo nella costituzione" I giovani di AN: "Antifascisti? Mai" "Mi ritrovo nelle dichiarazioni di Fini. Credo che questa affermazione chiuda definitivamente le polemiche e ci consenta di guardare al futuro di Roma, in cui speriamo non ci siano contrapposizioni frontali". Così il fascista Alemanno aveva "abbozzato" dopo l'intervento di Fini alla festa romana dei giovani fascisti, in cui il leader di AN aveva richiamato il partito all'"adesione" ai valori dell'antifascismo e della Costituzione. L'intervento si era reso necessario per sedare le polemiche scoppiate a causa delle dichiarazioni con cui il neopodestà di Roma aveva assolto il regime mussoliniano fino alle leggi razziali del 1938; polemiche rinfocolate dall'intervento alla cerimonia dell'8 settembre del ministro della Difesa La Russa, che di fronte a Napolitano aveva reso onore ai combattenti fascisti della "repubblica di Salò". Ma sono bastati solo pochi giorni per vedere Alemanno smentire il falso atto di sottomissione al "capo" e tornare alla carica più a testa bassa di prima. Non potendo però ripetere la sua difesa d'ufficio del fascismo ha cercato di farla in modo indiretto, attaccando il comunismo: "Siamo totalmente d'accordo con le dichiarazioni di Gianfranco Fini", ha ripetuto infatti il neopodestà romano, ma subito dopo ha aggiunto: "Io sono antifascista ma anche anticomunista, e ci tengo che insieme all'antifascismo venga messo nella Costituzione pure l'anticomunismo". E ha anche suggerito come farlo: "basta modificare una norma transitoria". "Sono contro tutti i totalitarismi, quindi anche contro il fascismo - ha insistito Alemanno - tuttavia non tollero che ci siano totalitarismi di serie A e totalitarismi di serie B". Come se non bastasse, appena quattro giorni dopo, il 20 settembre, alla cerimonia di commemorazione della presa di Porta Pia che segnò il ritorno di Roma all'Italia e la fine del potere temporale della Chiesa, Alemanno ha fatto rendere gli onori ai caduti papisti: un altro modo furbesco per far passare l'idea che i caduti "sono tutti uguali", sia che si tratti di papisti e patrioti italiani nelle guerre risorgimentali, sia che si tratti di partigiani e fascisti repubblichini nella lotta di Liberazione. La nuova uscita di Alemanno, che mira ad assolvere il fascismo spostando l'accusa sul comunismo, strizza anche l'occhio a tutti quelli che nel suo partito non hanno gradito l'intervento di Fini, come i militanti di Azione giovani, che già avevano accolto freddamente e con qualche fischio la tirata d'orecchie del presidente della Camera, e che nei giorni successivi hanno inondato il blog dell'associazione con lettere di protesta e di esaltazione del fascismo. In particolare il segretario romano di Ag, Federico Iadicicco, ha pubblicato una "lettera aperta a ogni italiano" in cui, in barba agli sforzi di Fini per ribadire la linea di Fiuggi e far dimenticare al Paese le radici fasciste di AN, proclama orgogliosamente: "Noi non possiamo essere, non vogliamo essere e non saremo mai antifascisti"." E non sono soltanto Alemanno e La Russa a cavalcare la ribellione interna contro gli sforzi "perbenisti" di Fini e a difendere le radici fasciste di AN. C'è per esempio il sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, che rappresenta settori influenti del partito, e che ha sbottato: "Non abbiamo bisogno di continui esami del sangue, per me l'antifascismo non è un valore in sé". Per inciso Menia è l'autore della legge, approvata con il consenso entusiastico dei leader rinnegati della "sinistra" borghese, che ha istituito il 10 febbraio come "giorno del ricordo" per i cosiddetti "martiri delle foibe e gli esuli istriano-dalmati". Per sedare la rivolta dei militanti di Ag è dovuta scendere in campo la stessa ministra Meloni che ancora presiede l'associazione, che pure era rimasta silenziosa a fianco di Fini durante il suo intervento alla festa dei giovani fascisti, segno che anche lei non lo aveva mandato giù troppo bene. La ministra della Gioventù ha comunque evitato di prendere una posizione netta, invitando i giovani di AN a sottrarsi alla "trappola" della diatriba fascismo-antifascismo con cui si vorrebbe "costringerci all'interno di una galera civile per evitare che il nostro amore possa continuare a contagiare altri giovani italiani". "Non ne posso più - conclude la lettera di Meloni - di parlare di fascismo e antifascismo, e non intendo farlo ancora. Voglio fare altro, occuparmi di questo presente e di questo futuro. Tutto il resto è noia". Una tesi, quella della presidentessa dei nipotini di Mussolini, "stranamente" in sintonia con le dichiarazioni di Berlusconi a "Porta a porta", in cui il neoduce ha glissato sulla polemica innescata dalle sortite di Alemanno e La Russa e il conseguente intervento di "rettifica" di Fini sull'antifascismo, cavandosela con la scusa che lui "ha ben altro di cui occuparsi"; e che "se qualcuno è nostalgico verso i propri padri, credo che non abbia importanza". Un modo furbesco per evitare la condanna del fascismo e dei nostalgici di Mussolini, ai quali continua anzi a strizzare l'occhio, come quando è andato alla festa di Ag a magnificare il gerarca Balbo e il colonialismo fascista in Libia, strappando lui sì un'ovazione dai giovani fascisti. Insomma, mentre Fini per completare il suo sdoganamento e far dimenticare la sua provenienza dalla fiamma tricolore (anche in vista dell'ingresso nel PPE ora che AN sta per fondersi con FI) è costretto a fingere un atto di reverenza alla "Costituzione antifascista", beccandosi le proteste e gli insulti dei giovani fascisti e i mugugni dei suoi stessi "colonnelli", il neoduce lo scavalca a destra e si offre lui come difensore e vero leader della destra fascista nostalgica di Almirante, di Salò e di Mussolini. 24 settembre 2008 |