Il Senato approva un emendamento del governo che generalizza la "norma" Alitalia Cancellati i diritti dei lavoratori in caso di crisi aziendale Soppressa la clausola sociale dell'art. 2112 del codice civile Non avevano torto coloro, e non erano pochi, che denunciavano questo rischio: la generalizzazione delle deroghe peggiorative dai contratti e dalle leggi contenute negli accordi sottoscritti dai sindacati confederali e da Ugl per la "soluzione" della crisi Alitalia, avvenuta con la sua svendita alla nuova Compagnia aerea italiana (Cai). E c'è da dire che ciò è avvenuto in tempi rapidissimi. Come? Ci ha pensato il governo del neoduce Berlusconi a procedere in questa direzione in modo subdolo, alla chetichella, nel più totale silenzio dei mass-media di regime. In pratica, il 20 novembre scorso, mentre in Senato era in discussione il ddl 1152/2008, di conversione del decreto legge n.162/2008 per "interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno dei settori dell'autotrasporto, dell'agricoltura e della pesca professionale, nonché finanziamenti delle opere per il G8", il governo ha imposto un emendamento che con queste materie non c'entra nulla, finalizzato a generalizzare, appunto, a tutte le aziende in amministrazione controllata la "norma Alitalia" che cancella la clausola sociale contenuta nell'art. 2112 del codice civile. Questo odioso emendamento, poi approvato con 141 voti favorevoli, 101 contrari e un astenuto contiene delle norme gravissime, peraltro giudicate in contrasto con la legislazione europea, che vanno a colpire diritti fondamentali dei lavoratori, specie in tempi di crisi economica e di recessione produttiva. Diritti che in qualche modo e in una certa misura erano tutelati dal suddetto art. 2112 del codice civile dal momento che garantiva, in caso di trasferimento d'azienda, la continuità del rapporto di lavoro con la nuova proprietà e la conservazione dei diritti acquisti. In modo più particolareggiato, il curatore della cessione di un'azienda o di un ramo di essa era tenuto ad applicare ai lavoratori interessati i trattamenti economici e normativi previsti dal contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza. Il "modello Alitalia", ripreso e generalizzato nell'emendamento governativo, prevede invece che, in caso di crisi aziendale, di amministrazione controllata e di cessione non vi sia un passaggio diretto dei lavoratori dalla vecchia alla nuova società. Prevede che i lavoratori vengano licenziati e poi individualmente riassunti, non necessariamente tutti, e con condizioni contrattuali peggiori. Che in soldoni vuol dire meno salario, orari più lunghi e flessibili, carichi di lavoro maggiori, inquadramento professionale più basso, riduzione dei giorni di ferie e altro ancora. Che vuol dire nessun potere contrattuale delle condizioni di lavoro dei lavoratori. Di seguito le prime reazioni sindacali. "Nelle more del decreto Alitalia - ha detto il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi - abbiamo scoperto un nuovo vergognoso attacco ai fondamentali diritti del lavoro. Infatti, il voto del Senato sul decreto modifica l'articolo 2112 del Codice Civile, eliminando la garanzia di mantenimento del salario e del diritto per i lavoratori che vengono trasferiti da un'azienda all'altra". "Quello che dicevamo da mesi - si legge in un comunicato di Fabrizio Tomaselli, coordinatore nazionale del SdL - e cioè che la vicenda Alitalia avrebbe fatto da apripista a centinaia di aziende in crisi, si sta rapidamente verificando con la definizione di una legge che riprende esattamente quanto previsto dalle specifiche normative approvate per Alitalia". "In pratica - continua - nel caso un'azienda in difficoltà dovesse cedere una o più attività, mentre sino ad oggi i lavoratori trasferiti alla nuova società mantenevano diritti contrattuali e salariali, da domani ciò verrà meno: i lavoratori saranno licenziati e poi riassunti con nuovi e peggiorativi contratti e livelli salariali". Stessi concetti espressi dai segretari confederali della Cgil, Fulvio Fammoni e Fabrizio Solari che denunciano la procedura proposta dal governo per le aziende in amministrazione controllata con la quale, nella vendita dei beni e il trasferimento dei lavoratori vengono annullate "completamente le garanzie economiche e le tutele previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva, stravolgendo la normativa attualmente esistente". Nei prossimi giorni, alla Camera, è prevista l'approvazione definitiva di questo provvedimento sfacciatamente filopadronale. A meno che la protesta della piazza, lo sciopero generale, non costringa il governo a fare marcia indietro. 3 dicembre 2008 |