La critica del giuslavorista Alleva alla "riforma" Fornero sul "mercato del lavoro" "Questa micidiale controriforma poteva essere fermata" "Senza l'art.18 i lavoratori sempre sotto minaccia di licenziamento". "Non c'è 'compensazione', è una menzogna" Sulla "riforma" Fornero sul "mercato del lavoro", approvata in modo definitivo dalla Camera, è tempo di fare chiarezza, di dire la verità. Lo sostiene il giuslavorista ed ex responsabile della consulta giuridica della CGIL, Piergiovanni Alleva, in un suo articolato intervento. Il quale va subito al cuore del problema affermando: "con il sostanziale svuotamento dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori si chiude una parabola che ha abbracciato quattro decenni all'insegna della garanzia della dignità del lavoro". Fin qui il lavoratore poteva esercitare tutti i diritti, legali e contrattuali, perché la legge imponeva al padrone di giustificare lui, pena l'annullamento, l'eventuale licenziamento che volesse intimargli, indipendentemente dalla possibilità del lavoratore di dare prova di una volontà di rappresaglia contro l'esercizio di questi diritti. "Ora - sostiene Alleva - l'art. 18 come norma antiricatto è nella sostanza venuta meno e quindi si realizza il disegno di parte datoriale di poter contare su uno strumento sicuro di dominio, costituito dalla minaccia sempre incombente sul lavoratore di licenziamento, giustificato o meno". Così, il governo, dopo aver gettato nella disperazione decine di migliaia di persone con la manomissione del sistema pensionistico, "completa il lavoro sporco affidatogli 'a tempo' dai ceti dominanti". Ci sono delle responsabilità e Alleva le segnala. I sindacati avrebbero potuto, come in altre occasioni, "bloccare questa micidiale controriforma" con la mobilitazione, con lo sciopero generale. Il PD, avrebbe potuto bloccare questo sbilanciato provvedimento. "invece ha preferito diventare la nuova spalla su cui poggia l'arma della diseguaglianza e del ricatto occupazionale". La parte centrale della "riforma", insiste, riguarda la "flessibilità in uscita", ossia la modifica alla disciplina dei licenziamenti. Qui si registra "un pauroso passo indietro" perché "riduce la possibilità di reintegro nel posto di lavoro a ipotesi del tutto marginali e generalizza invece, quale sanzione per licenziamenti ingiusti, una semplice indennità economica". In considerazione della innegabile maggior facilità di licenziamento accordata alle imprese, il governo ha fatto credere di aver introdotto misure compensative più favorevoli per i lavoratori sulle altre parti della "riforma" relative alla "flessibilità in entrata", cioè i contratti di lavoro precario e agli "ammortizzatori sociali". Questa storia della compensazione è una menzogna odiosa "perché - spiega Alleva - sia sul versante della 'flessibilità in entrata' sia su quello degli 'ammortizzatori sociali', la legge Fornero è drasticamente peggiorativa rispetto alla normativa attuale". "Ed è demoralizzante - aggiunge - che la maggior forza progressista abbia avallato l'ingannevole interpretazione della compensazione". Giudizio totalmente negativo anche sulla parte relativa agli "ammortizzatori sociali". "Al primo soffio di difficoltà - sottolinea Alleva - le imprese potranno licenziare perché non ci sarà più la 'cassa integrazione straordinaria' tradizionale che per la classe operaia italiana ha rappresentato sul piano collettivo una garanzia simile a quella dell'art.18 sul piano individuale". Cosa fare, contro questa "riforma" tanto grave e pericolosa? "Sarebbe il caso già di pensare a una sua abrogazione referendaria - magari assieme all'altra mostruosità dell'art. 8 - per iniziativa di lavoratori, cittadini, associazioni sociali e culturali ancora consapevoli dell'importanza per il nostro Paese di norme di salvaguardia della dignità del lavoro", è la sua risposta. 4 luglio 2012 |