Da Milano a Catania e Cagliari Alte nel cielo d'Italia le bandiere del 25 Aprile e del 1° Maggio Grandi cortei antifascisti per il lavoro, l'art. 18 e contro il governo Monti. Napolitano insiste sull'unità tra antifascisti e fascisti. Contestati dai manifestanti il 1° Maggio i PD Bersani a Portella della Ginestra e Fassino a Torino. Intimidazioni fasciste e poliziesche contro i marxisti-leninisti a Firenze, Varese, Catania e Lecce. Grave provocazione contro Franco Di Matteo, convocato nottetempo dalla questura Appello del PMLI: Uniamoci contro il capitalismo, per il socialismo Si sa che il sogno della classe dominante borghese in camicia nera sarebbe di abolire con un atto d'imperio e una volta per tutte il 25 Aprile e il 1° Maggio, e non a caso si sono infittite negli ultimi anni le proposte provocatorie in tal senso da parte di esponenti della destra neofascista e leghista. Ma vi sono anche altri modi più subdoli, anche se più lenti, per cercare di ottenere lo stesso risultato: attraverso cioè il progressivo svuotamento del loro fondamentale carattere antifascista e di classe e la loro istituzionalizzazione come ricorrenze da celebrare in chiave addirittura militarista e patriottarda, per quanto riguarda l'anniversario della Liberazione dal nazifascismo, e in chiave solidaristica e interclassista per quanto riguarda il 1° Maggio. Ed è quel che è avvenuto anche quest'anno, con in più un accentuato accanimento dei prefetti e delle forze di polizia nel cercare di impedire o scoraggiare, con perquisizioni e intimidazioni del tutto arbitrarie ed illegali, l'ingresso nelle piazze e nei cortei di bandiere rosse, striscioni e cartelli antifascisti e contro il governo; nonché con l'intensificazione e l'estensione in tutte le città delle aperture di negozi e supermercati, "notti bianche" e quant'altro, che rappresentano un vero e proprio sabotaggio delle iniziative e delle manifestazioni. Ciononostante anche quest'anno questi sporchi tentativi sono andati miseramente falliti e le bandiere della Resistenza e del 1° Maggio hanno sventolato alte nel cielo d'Italia, al Nord come al Centro, al Sud come in Sicilia e Sardegna, in centinaia di grandi e piccoli cortei antifascisti, per il lavoro, l'art. 18 e contro il governo Monti. Segno che la Liberazione dal nazifascismo e la Giornata internazionale dei lavoratori sono ancora ben radicate nella memoria storica del nostro proletariato e di tutti gli antifascisti, i sinceri democratici, gli anticapitalisti e gli antimperialisti del nostro Paese. Anzi è emersa con ancor più evidenza che in passato la separazione netta tra le celebrazioni istituzionali, quelle delle alte cariche politiche e militari dello Stato, governative e locali, e le celebrazioni popolari, che in alcuni casi sono arrivate perfino a dividersi fisicamente in cortei e manifestazioni separate. Il PMLI, dovunque era presente, con le sue rosse bandiere, i cartelli, le sue ben qualificate parole d'ordine e i canti rivoluzionari, come "Bella ciao", "Bandiera rossa" e "L'Internazionale", ne è stato il protagonista e l'anima principale, conducendo anche un'intelligente politica di fronte unito insieme ad altre forze antifasciste per respingere e far fallire il tentativo di ingessare le manifestazioni nel retorico rituale istituzionale e liberare invece la carica popolare, antifascista e di classe delle masse intervenute. Non a caso è stato fatto oggetto di numerose e gravi intimidazioni e tentativi di impedirgli l'ingresso nelle piazze con le sue insegne da parte della polizia di Cancellieri, con una frequenza e una sistematicità che non possono che apparire ispirate direttamente dal Quirinale e da Palazzo Chigi. Gli appelli di Napolitano contro l'antifascismo e l'anticapitalismo Come già fece l'anno scorso col pretesto del 150° dell'unità d'Italia, a dare il "La" all'operazione di istituzionalizzazione in chiave militarista e patriottarda del 25 Aprile è stato il rinnegato Napolitano, che nel suo discorso alle associazioni combattentistiche e d'arma al Quirinale non ha perso l'occasione per incitare al superamento della divisione tra antifascisti e fascisti in nome dell'unità nazionale. Compiacendosi infatti per il paziente lavoro fatto in questi anni, insieme al suo predecessore Ciampi, per valorizzare "l'apporto dei militari, in molteplici forme, alla Resistenza", e per "liberare l'immagine e il volto della Resistenza dalle ferite di quel che fu anche guerra civile e dalle stratificazioni di ostilità e di odio di cui ancora rimanevano tracce", il nuovo Vittorio Emanuele III ha voluto pontificare che "così il 25 aprile è diventata la festa di tutto il popolo e la Nazione italiana; e nessuna ricaduta in visioni ristrette e divisive del passato, dopo lo sforzo paziente compiuto per superarle, è oggi ammissibile". Inoltre, ancora una volta, ha voluto stabilire un intollerabile parallelo tra i "valori di libertà, giustizia, pace e cooperazione tra i popoli che ispirarono la Guerra di Liberazione ormai 67 anni fa" e quelli che - ha sottolineato - "sono oggi alla base del significativo impegno dell'Italia per la sicurezza internazionale e la stabilizzazione delle aree di crisi del XXI secolo, in seno all'Unione Europea, nell'Alleanza Atlantica e nell'ambito delle Nazioni Unite. È un impegno che attualmente vede le nostre Forze Armate schierare migliaia di uomini e mezzi in numerose missioni internazionali, in Afghanistan, in Libano, nei Balcani, nell'Oceano Indiano": per questo rinnegato l'interventismo militare del rinato imperialismo italiano sarebbe dunque nientemeno che una continuazione della Resistenza! La stessa sporca operazione di stravolgimento del significato storico e politico l'ha ripetuta il 1° Maggio, alla presenza del premier Monti e dei ministri Passera, Cancellieri e Fornero, nel discorso al Quirinale per la "festa del lavoro", in cui ha esortato i lavoratori a piegare la schiena alla perdita dei diritti e al massacro sociale del governo della grande finanza e della Ue, perché, ha sentenziato, "non c'è alternativa all'attuazione di riforme come quelle introdotte nell'ultimo semestre". Nel giorno in cui un altro lavoratore, il 167° dall'inizio dell'anno, un immigrato rumeno, è morto sul lavoro in un cantiere nell'aquilano, il rinnegato del Quirinale ha avuto la faccia di bronzo di ammonire i lavoratori che non si possono "arroccare nelle conquiste del passato", perché "ogni posizione puramente difensiva o nostalgica è perdente". Ed ha esortato quindi "le forze politiche che sorreggono il governo Monti" ad approvare sollecitamente la "riforma del mercato del lavoro" secondo gli impegni di calendario "già predisposti in parlamento". Fallita la manovra per la "pacificazione nazionale" Suo malgrado, però, le masse non hanno abboccato all'appello a deporre la bandiera dell'antifascismo e dell'anticapitalismo in nome dell'unità nazionale e a stringersi attorno alle istituzioni e al governo. È fallita miseramente, per esempio, la manovra, avallata dal Quirinale e tollerata dal PD, dei fascisti Alemanno e Polverini di infiltrarsi nella manifestazione del 25 Aprile a Roma per costituire un precedente atto a snaturare la festa della Liberazione in "festa di tutti gli italiani", come auspicato dal nuovo Vittorio Emanuele III. A Milano è stato fischiato e contestato anche stavolta il presidente della Provincia, il berlusconiano Podestà, per l'appoggio concesso ai fascisti in città. Fischiato sonoramente anche il nome del governatore Formigoni evocato nel comizio in piazza Duomo. Laddove la stessa Anpi ha ceduto alle pressioni istituzionali e dei partiti riformisti che ne egemonizzano la direzione, facendosi essa stessa strumento di divieti e limitazioni di ogni sorta all'uso di bandiere, cartelli e slogan antifascisti, o ha lasciato passivamente il campo alle celebrazioni di stampo militarista e patriottardo, per non turbare il clima di "pacificazione nazionale" voluto da Napolitano, ciò non è avvenuto senza resistenze e contestazioni. L'Organizzazione di Biella del PMLI, congiuntamente alla segreteria provinciale biellese del PRC, ha emesso un comunicato stampa in cui si critica fermamente la decisione dell'Anpi biellese di vietare bandiere e striscioni alla tradizionale "Fiaccolata della liberazione" del 24 aprile. Analogamente a Prato, grazie all'iniziativa della Cellula "Stalin" e di amici e simpatizzanti del PMLI, in unità d'azione con la Federazione della sinistra e il Comitato gay e lesbiche di Prato, dopo l'emissione di un comunicato stampa congiunto di critica alla cerimonia militarista e patriottarda voluta dal prefetto e dalla giunta nera del pidiellino Cenni, è stato dato vita a una partecipata commemorazione davanti al Monumento al Deportato che ha onorato degnamente il 25 Aprile con bandiere rosse, canti partigiani e slogan antifascisti e antigovernativi. Il liberale Bersani si è preso la sua razione di fischi e di contestazioni a Portella della Ginestra, per il suo appoggio alla giunta regionale di Lombardo e alla politica antipopolare e stangatrice del governo Monti. A Torino, il 1° Maggio, è stato contestato il neopodestà, il rinnegato Fassino, per il suo appoggio alla Tav e al governo, ciò che ha fatto scattare una violenta quanto gratuita carica della polizia contro alcuni manifestanti dei centri sociali, mentre manifestanti No Tav hanno successivamente innalzato uno striscione sulla facciata del comune. Giustamente i vertici del PD sono individuati dalle masse più coscienti e combattive come parte integrante di questo governo stangatore e repressivo. A Firenze né le sporche manovre del neopodestà piddino Renzi, con la sua "notte bianca" organizzata guarda caso proprio il 30 aprile e con l'apertura indiscriminata dei negozi, né una pioggia fastidiosa e insistente né la presenza intimidatoria di una spropositata forza di polizia, sono riusciti a scalfire il grande successo della tradizionale festa rossa con pranzo popolare in piazza dell'Isolotto. Insomma, lo spirito antifascista e lo spirito di classe che si voleva espellere dalle piazze e dai cortei hanno resistito invece con coraggio e con tenacia al clima soffocante di disarmo in nome della "pacificazione nazionale", alle manovre, alle pressioni e al sabotaggio delle istituzioni e dei partiti del regime neofascista, alle intimidazioni e alle aggressioni poliziesche, ed ha trovato mille vie e mille modi per esprimersi eloquentemente nelle piazze di tutta Italia tenendo ben alte le bandiere del 25 Aprile e del 1° Maggio. Il ruolo del PMLI Laddove era presente il PMLI ha contribuito in modo determinante a questa importante battaglia. Non a caso, come abbiamo già accennato, è stato il bersaglio prescelto delle provocazioni e dei tentativi di intimidazione delle forze di polizia agli ordini di Monti e Cancellieri, come è successo il 25 Aprile a Firenze, a Lecce e a Varese. E come è successo il 1° Maggio a Catania, dopo che già i compagni della Cellula "Stalin" avevano subito un'analoga intimidazione poliziesca il 25 Aprile. Su tutti questi casi spicca inoltre quello ancor più grave dell'avviso di comparizione recapitato al compagno Franco Di Matteo, Responsabile del PMLI per la Campania, nella notte precedente al 1° Maggio per essere due giorni dopo interrogato "come persona informata dei fatti", senza tuttavia che fossero specificati quali lo riguardavano. Intimidazioni che comunque non sono riuscite affatto a fermare i nostri compagni, che anzi, con una intelligente politica di fronte unito, sono riusciti in molti casi a coinvolgere altre organizzazioni e gruppi di antifascisti in difesa del diritto di manifestare con le proprie insegne e slogan, dando vita talvolta a celebrazioni che si sono differenziate da quelle istituzionali, come è successo a Lecce, per iniziativa della Cellula "Nerina 'Lucia' Paoletti", a Prato e a Catania. In ogni caso i marxisti-leninisti hanno sempre costituito il nucleo più rosso e militante delle varie manifestazioni, fosse quella grandiosa di decine di migliaia di antifascisti a Milano, che ha visto la partecipazione di una folta delegazione del PMLI, con compagni, simpatizzanti ed amici provenienti da tutta la Lombardia, a cui si è unita una delegazione di compagni piemontesi dell'Organizzazione di Biella, o quella rigidamente istituzionale di Pesaro, che ha visto la bandiera del PMLI sventolare di fronte al rinnegato Napolitano, innalzata dai compagni dell'Organizzazione di Gabicce Mare. In certe città dove non è stato celebrato dai sindacati il 1° Maggio, il PMLI ha coperto in qualche modo questo grave vuoto volantinando nelle piazze, come a Catania e a Bari, o promuovendo una iniziativa con altre forze politiche, come a Lecce. In questo modo i militanti del PMLI hanno non solo onorato degnamente il 25 Aprile e il 1° Maggio, tenendo alte rispettivamente le bandiere dell'antifascismo e dell'anticapitalismo, ma hanno anche fatto vivere concretamente nelle piazze e tra le masse antifasciste, lavoratrici e popolari, l'appello lanciato dal Partito ad unirci contro il capitalismo, per il socialismo. 3 maggio 2012 |