Applichiamo gli insegnamenti di Marx, Lenin e Mao e la linea del PMLI sull'istruzione L'istruzione è un tema oggetto di discussione nel governo, nei partiti, nel parlamento, nel movimento e nelle organizzazioni studentesche. Si tratta infatti di una questione cruciale in quanto riguarda la formazione delle nuove generazioni e, quindi, sta particolarmente a cuore sia a chi detiene il potere, sia a chi vuole conquistarlo. Da un punto di vista generico, per istruzione intendiamo il mezzo con cui, attraverso i canali della scuola e dell'università, vengono trasmesse le conoscenze, la morale, la letteratura, la storia, la filosofia, le scienze, ecc., alle nuove generazioni. Resta da capire la questione tutt'altro che secondaria di come si colloca l'istruzione in una società divisa in classi come la società capitalista nella quale viviamo, dove il potere è detenuto dalla borghesia che se ne serve per perpetuare lo sfruttamento e l'oppressione del proletariato. Mentre non passa giorno senza che cerchino di ammortizzare o nascondere le contraddizioni e i conflitti di classe in ogni ambito della società per impedire alle masse di mettere a fuoco le cause dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, gli intellettuali della borghesia non fanno che decantare l'istruzione come una istituzione interclassista, indipendente dalla politica, slegata dalla società che la circonda e quindi dalle classi sociali, volta unicamente a soddisfare gli "interessi comuni" degli studenti sviluppandone il "pensiero critico". Le stesse illusioni spargono anche i teorici della "sinistra" borghese, in particolare i fautori della teoria dei "beni comuni", in quanto nessuno di loro si sogna di denunciare la natura di classe dell'istruzione, limitandosi a presentare il suo asservimento alle esigenze economiche e culturali dei "mercati" come un fatto contingente della nostra epoca, un ribaltamento di cose rispetto al passato che potrà essere cambiato anche perdurando il capitalismo. Sono inganni e illusioni assai pericolosi perché finiscono per confondere le idee al movimento studentesco, disorientando la sua lotta. È evidente che si tratta del punto di vista della classe dominante borghese che vuole mantenere la sua posizione di dominio, idealista e utopico in quanto non tiene assolutamente conto della realtà concreta della società. Istruzione e concezione del mondo Nella sua analisi della società divisa in classi, Marx ha messo in luce come la base economica (cioè, in altre parole, il sistema economico) della società ne determini la sovrastruttura (che è costituita da ideologia, cultura politica, istruzione, diritto, arte, letteratura...) ed ha quindi dimostrato che la cultura e l'istruzione non possono essere indipendenti dal sistema economico all'interno del quale si trovano. "Nella produzione sociale delle loro esistenze", affermava il grande fondatore del socialismo scientifico in Per la critica dell'economia politica, "gli uomini inevitabilmente entrano in relazioni definite, che sono indipendenti dalle loro volontà, in particolari relazioni produttive appropriate ad un dato stadio nello sviluppo delle loro forze materiali di produzione. La totalità di queste relazioni di produzione costituisce la struttura della società, il vero fondamento, su cui sorge una sovrastruttura politica e sociale ed a cui corrispondono forme definite di coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona il processo generale della vita sociale, politica ed intellettuale. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza". Proprio per restare classe dominante, la borghesia ha bisogno di veicolare alle nuove generazioni la sua concezione del mondo, dato che altrimenti verrebbe meno la sua legittimità a livello di massa. Nascondere questa verità è essenziale perché, se fosse smascherata, l'istruzione borghese diventerebbe il bersaglio della lotta delle masse popolari, in primo luogo degli studenti, che vorrebbero cambiarla radicalmente e sostituirla con un'istruzione che sia al servizio del popolo e governata dal popolo, non al servizio dei mercati e governata dai mercati, facendole così perdere il suo ruolo di educazione delle nuove generazioni alla cultura del capitalismo. "Quanto più evoluto è uno Stato borghese", rileva Lenin, "tanto più sottilmente esso mente affermando che la scuola può restare estranea alla politica e servire la società nel suo complesso. In realtà la scuola è stata trasformata per intero in uno strumento di dominio della classe borghese, è stata permeata dello spirito borghese di casta, si è vista assegnare il compito di fornire ai capitalisti docili servi e operai capaci"(1). La funzione di tramandare la propria concezione del mondo resta incomprensibile se non si capisce che ciascuna classe sociale ha una propria concezione del mondo che deriva dalla sua stessa posizione di classe dominante o dominata, sfruttatrice o sfruttata, oppressore od oppressa, ossia dal rapporto che ha con i mezzi di produzione, dalla sua collocazione nella divisione sociale del lavoro e nella gerarchia sociale delle varie professioni, e dal reddito economico. Dalla concezione del mondo dipende il proprio modo di pensare, di vedere le cose, di agire, da essa dipendono i propri sentimenti politici e sociali. "Per quel che concerne la concezione del mondo", precisa Mao, "nel mondo attuale ci sono fondamentalmente solo due 'scuole': quella della borghesia e quella del proletariato. O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta quella della borghesia"(2). "L'elemento centrale della concezione proletaria del mondo", spiega il Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi, "è che gli sfruttati e gli oppressi devono sviluppare fino in fondo la lotta di classe per liberarsi dal giogo della classe dominante sfruttatrice e oppressiva. Al contrario, l'elemento centrale della concezione borghese è sostituito dal concetto secondo il quale tutte le classi devono convivere pacificamente nel regime capitalistico, apportando il proprio contributo allo sviluppo della società borghese senza mettere in discussione la collocazione economica e sociale di ciascuna di esse"(3). Natura, finalità e caratteristiche dell'istruzione sotto il capitalismo Lenin, analizzando a fondo la natura e gli scopi della scuola borghese, ne denunciò il carattere ideologico e politico con queste parole: "Uno dei mali e delle calamità più gravi, lasciateci in eredità dalla vecchia società capitalistica, è il completo distacco tra il libro e la vita pratica, giacché noi avevamo libri in cui tutto era descritto nel migliore dei modi, ma questi libri, nella maggior parte dei casi, erano la menzogna più ipocrita e ripugnante, in quanto dipingevano sotto una falsa luce la società capitalistica"(4). E aggiungeva, con un rigore scientifico che vanifica in un colpo solo tutti gli affanni di chi si sforza di nascondere la natura di classe dell'istruzione: "Il carattere 'apolitico' o non 'politico' dell'istruzione è un'ipocrisia borghese, cioè nient'altro che una turlupinatura delle masse, le quali per il 99 per cento sono ancora umiliate dal predominio della Chiesa, dalla proprietà privata, ecc. La borghesia, che domina attualmente in tutti gli Stati tuttora borghesi, si ingegna appunto di ingannare in questo modo le masse. E, quanto più un'istituzione ha importanza in tali paesi, tanto meno essa è indipendente nei confronti del capitale e della sua politica. In tutti gli Stati borghesi il legame tra l'apparato politico e l'istruzione è eccezionalmente stretto, benché la società borghese non possa riconoscere apertamente questo fatto. Eppure, questa società opera sulle masse mediante la Chiesa, mediante tutto il sistema della proprietà privata"(5). Basta fermarsi ad analizzare gli orientamenti, le finalità, i metodi didattici e pedagogici della scuola e dell'università italiane per rendersi conto, nella pratica, di come viene veicolata la concezione borghese del mondo. Sul piano didattico, agli studenti viene insegnato la sacralità del capitalismo come unico sistema possibile al mondo, la giustificazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la collaborazione di classe e l'intoccabilità delle istituzioni borghesi dietro la maschera dell'"educazione civica", il nazionalismo (emblematico lo studio dell'inno di Mameli a scuola, ma anche l'esaltazione dei fasti dell'imperialismo italiano ed europeo), la concezione idealista della storia, della filosofia, della letteratura e dell'arte, la riabilitazione del ventennio fascista, la denigrazione totale dell'esperienza storica del socialismo e della gloriosa Resistenza antifascista. Sul piano pedagogico, vengono impartiti l'obbedienza gerarchica, la competizione fra gli studenti (che in ultima analisi educa alla concorrenza capitalista ed alla legge della giungla che domina la società borghese), il nozionismo (alla faccia dei "saperi critici"!), la separazione fra il lavoro intellettuale e il lavoro manuale disprezzando quest'ultimo a favore del primo, il carrierismo, la ricerca spasmodica del successo, l'individualismo e l'egoismo. Nonostante le belle parole degli apologeti della borghesia, lo studio nell'istruzione borghese non è una formazione e un arricchimento di sé, bensì una gara per vedere chi è più bravo e chi può avere successo a scapito degli altri, aiutato magari dalle disponibilità economiche della famiglia di origine che possono permettergli maggiori possibilità in itinere (ripetizioni, corsi aggiuntivi, ecc.) e l'accesso ai livelli più alti della formazione. Ecco il vero senso della meritocrazia di cui si riempiono la bocca i picconatori dell'istruzione pubblica. Come non vedere in queste parole di Mao lo specchio dei metodi d'insegnamento carichi di nozioni e concetti spesso slegati dalla realtà concreta, del rapporto gerarchico e repressivo insegnanti-studenti, dei metodi di verifica selettivi e punitivi che pervadono la scuola e l'università capitalistiche: "I corsi scolastici sono troppo pieni e la pressione esercitata sugli studenti è eccessiva. Per di più, le lezioni non vengono condotte con molto metodo. Durante gli esami, gli studenti vengono considerati alla stregua del nemico e fatti bersaglio di attacchi a sorpresa. Questi tre aspetti non sono per niente benefici alla spontanea e vivace crescita caratteriale, culturale e fisica dei giovani"(6). Insomma, lo scopo primario, basilare della scuola borghese, sin dall'educazione dell'infanzia, è quello di formare ideologicamente schiere di teorici del capitalismo che possano frenare più o meno consapevolmente l'impeto della lotta di classe e difendere, con le idee anzitutto, il sistema capitalista. Tutto ciò, va precisato, avviene tanto nella scuola pubblica quanto in quella privata, con l'unica differenza che in quest'ultima è un processo generalmente più sfacciato e che le sue finalità didattiche corrispondono a esigenze precise dei potentati economici o religiosi a cui sono asservite. Tutto corrisponde a quanto detto da Lenin: "Dalla vecchia scuola uscivano i servi necessari ai capitalisti; la vecchia scuola trasformava gli scienziati in uomini che dovevano scrivere e parlare come si conveniva ai capitalisti"(7). In secondo luogo, i centri della formazione, a seconda del loro grado e orientamento, del livello scolastico o universitario, devono sfornare i futuri quadri del capitalismo, oppure i suoi specialisti, ingegneri e scienziati, fino agli operai dotati appena delle necessarie competenze tecniche e professionali. È precisamente a questo che serve la gerarchizzazione degli ordini e dei gradi della formazione. Ormai, che l'istruzione sia completamente asservita al grande capitale e che, di conseguenza, sia strutturata come abbiamo appena visto, non lo dicono solo i marxisti-leninisti, ma lo rivela sfacciatamente la stessa Commissione europea nel recente documento Ripensare l'istruzione, nel quale si legge: "Un'attenzione particolare dovrebbe essere riservata allo sviluppo delle abilità imprenditoriali... nel 2013 la Commissione pubblicherà orientamenti politici per sostenere il miglioramento della qualità dell'educazione all'imprenditorialità e una sua maggiore diffusione in tutta l'UE. Gli Stati membri dovrebbero promuovere le abilità imprenditoriali attraverso metodi di insegnamento e di apprendimento nuovi e creativi fin dalla scuola elementare, mentre dall'istruzione secondaria fino a quella superiore l'attenzione dovrebbe concentrarsi sull'opportunità di fare impresa come possibile sbocco professionale. (...) il primo passo deve essere, però, l'acquisizione delle abilità fondamentali o di base da parte di tutti"(8). Ricorriamo ancora una volta a Lenin per una sintesi efficace di questi due scopi dell'istruzione borghese, trasmettere la concezione borghese del mondo e impartire per livelli le competenze necessarie al capitalismo: "La vecchia scuola dichiarava di voler creare un uomo con una istruzione completa, di voler insegnare le scienze in generale. Sappiamo che questo era profondamente falso, perché tutta la società era fondata e si manteneva sulla divisione degli uomini in classi, in sfruttatori e in oppressi. È naturale che tutta la vecchia scuola profondamente impregnata da uno spirito di classe, impartisse le cognizioni soltanto per i figli della borghesia. Ogni sua parola era falsata negli interessi di quest'ultima. In tali scuole la giovane generazione operaia e contadina non era tanto educata, quanto ammaestrata negli interessi della borghesia, educata in modo che potesse fornire ad essa servi idonei e capaci di darle un profitto e che, al tempo stesso, non disturbasse la sua quiete e il suo ozio"(9). L'estensione dell'accesso alla formazione a strati sempre più ampi della società non deve trarre in inganno. Innanzitutto, questa estensione ha radici storiche ben precise. In passato, durante il regime feudale, la classe dominante restringeva l'accesso all'istruzione perché aveva bisogno di masse di servi che sapessero soltanto coltivare la terra, e riservava la formazione ai suoi futuri giuristi e notai. Con la rivoluzione industriale e l'ascesa rivoluzionaria della borghesia a nuova classe dominante soppiantando il feudalesimo, c'era bisogno di nuove generazioni che fossero educate agli aspetti più o meno tecnici necessari al funzionamento della macchina capitalista. La borghesia, necessitando di schiere di tecnici, ingegneri, scienziati, specialisti, ha giocoforza dovuto allargare l'accesso all'istruzione (non senza resistenze delle sue ali più reazionarie, e spesso sotto la spinta della lotta studentesca), ma ha comunque mantenuto ben più ristretto l'accesso ai gradi più alti, dai quali usciranno i nuovi quadri del capitalismo, molto spesso già rampolli della borghesia per nascita. In Italia ciò è ben rappresentato dalla "riforma" Gentile, realizzata durante il fascismo, il cui impianto in buona parte è ancora presente nella scuola odierna. In secondo luogo, l'accesso si restringe alle masse popolari man mano che si sale nei gradi della formazione, già alla scuola media superiore (e, nei casi più disagiati e critici, addirittura in quella inferiore) avviene la prima selezione di classe, tra chi prosegue gli studi e chi cerca subito lavoro, fra chi sceglie un liceo e chi una scuola tecnica o professionale, quasi sempre in base alle condizioni economiche della famiglia di origine (in conseguenza della crisi sono aumentate le iscrizioni a istituti tecnici o professionali nella speranza di una rapida occupazione, secondo i dati del 46° Rapporto Censis sulla situazione sociale in Italia). Questa scrematura si aggrava con l'accesso all'università e, al suo interno, anche fra le lauree triennali e magistrali e i master, per non parlare poi della disoccupazione che attende i neolaureati privi di comode connessioni familiari, raccomandazioni o disponibilità economiche. Insomma è una vera e propria struttura piramidale, consona alla società capitalista, che può essere scalata non grazie al "merito" ma alla propria posizione di classe. I dati sull'aumento dell'abbandono scolastico e universitario (quest'ultimo un male ormai endemico dell'università italiana) e sulla contrazione delle immatricolazioni (-3% secondo dati provvisori per l'a.a. 2011/2012, che si somma al -6,4% dell'a.a. 2010/2011) ne sono una drammatica prova. Senza dubbio l'accesso del popolo all'istruzione è un bene prezioso che ogni progressista, democratico e antifascista deve difendere strenuamente con tutte le sue forze. Come dice Mao: "Tenere il popolo ignorante va a vantaggio dei despoti; renderlo intelligente va a nostro vantaggio. Dobbiamo condurre gradualmente il popolo fuori dall'ignoranza"(10). Tuttavia non bisogna farsi illusioni che questo accesso cambi la natura di classe dell'istruzione o che sia fonte di emancipazione. Chi riceve un'istruzione è sicuramente più colto e dispone di maggiori strumenti intellettuali per capire la realtà e per confrontarsi alla pari con chi ha il suo stesso livello culturale, ma non per questo è oggettivamente libero e autonomo rispetto al capitalismo da cui dipende la sua esistenza. Si può forse sostenere che un operaio che è andato a scuola e si è acculturato anche in misura notevole, ma che è costretto a vendere la sua forza-lavoro per sopravvivere, che quindi passa la sua giornata in fabbrica per ingrassare il padrone e che subisce sulla sua pelle lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sia emancipato? Tra l'altro il fortissimo carattere ideologico capitalistico che impregna la scuola e l'università è volto proprio ad evitare che, grazie all'istruzione, le masse possano aumentare la propria coscienza politica e mettersi contro il potere della borghesia. Nella storia del nostro Paese, il momento in cui è stato possibile scuotere alle fondamenta la scuola e l'università borghesi, aprirle ai figli del popolo e conquistare maggiori spazi democratici al loro interno, è stato proprio durante le Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette, quando la borghesia si vide costretta a concessioni al movimento studentesco che si ergeva minaccioso, al fianco del movimento operaio, contro il suo dominio. Ancora però, cambiando la forma ma non il contenuto dell'istruzione, la classe dominante manteneva il suo monopolio culturale. Con l'esaurimento dell'onda lunga del Sessantotto, la borghesia non ha perso tempo ed ha subito cominciato a soffiare il vento della restaurazione nella scuola e specialmente nell'università: oltre vent'anni di controriforme privatistiche e aziendalistiche a firma di Ruberti, Zecchino, Berlinguer, Moratti, Fioroni e Gelmini per creare la scuola e l'università del regime neofascista, con la benedizione del "processo di Bologna" sponsorizzato dall'UE imperialista, hanno portato alla situazione attuale, in cui le scuole e le università sono sempre più classiste e aziendaliste, costrette a cercarsi da sé i finanziamenti per sopravvivere in base alla famigerata "autonomia", sono sottoposte agli interessi dei privati, che possono entrare nei loro organi di governo e determinarne gli indirizzi didattici. Uno dei tanti effetti devastanti di queste controriforme è che una ventina di atenei si trovano oggi a rischio default, delineando prospettive tutt'altro che rosee sul futuro dell'università italiana, che si vuole sempre più privatizzata, esclusiva e classista, con pochi "centri d'eccellenza" specialmente al Nord. Questo, in aggiunta ai tagli al diritto allo studio, all'aumento delle tasse, all'abolizione delle borse di studio a favore dei prestiti d'onore, al caro-libri, allo scarico degli oneri sulla famiglia, mette fortemente in discussione la libertà d'insegnamento e il diritto universale all'istruzione, teoricamente garantiti dalla Costituzione del '48, e li smaschera come fumo venduto dalla borghesia alle masse popolari per dare una parvenza di democraticità al suo sistema di istruzione. Certo, possono esistere intellettuali o insegnanti progressisti, ma costituiscono una minoranza, sono a loro volta sotto l'influenza della cultura borghese e, proseguendo la privatizzazione della scuola e dell'università, saranno sempre meno gli spazi a loro concessi finché non si arriverà alla loro espulsione, prima logica conseguenza della chiamata diretta dei docenti proposta per esempio da Aprea. L'incatenamento dell'istruzione e del sapere al mercato Come si diceva in apertura, è sbagliato sostenere che l'asservimento dell'istruzione e del sapere alle logiche del mercato, con la privatizzazione sfrenata e la conseguente esclusione di ampie fasce della popolazione, sarebbe un fatto nuovo e contingente. Chi teorizza questa posizione ha evidentemente una vista molto corta che gli impedisce di vedere che le politiche degli ultimi vent'anni sono l'eliminazione delle grandi conquiste del Sessantotto e del Settantasette (maggiore democrazia, abolizione del numero chiuso e della frequenza, il libero accesso all'università, ecc.) e l'adattamento delle forme della scuola e dell'università alle nuove esigenze economiche e culturali della borghesia monopolistica e finanziaria; in ciò rientra la privatizzazione, processo tramite il quale lo Stato si scrolla di dosso spese onerose affidando la scuola e l'università direttamente al grande capitale ed alla Chiesa. Non è però questo cambiamento formale che determina il contenuto borghese dell'istruzione impartita, che non è mai venuto meno, nemmeno nel Sessantotto. Una tale miopia politica può avere gravi conseguenze sulla lotta per la scuola e l'università pubbliche perché nasconde il fatto che, finché dominerà il capitalismo, sarà la borghesia a dettare gli indirizzi dell'istruzione, e illude sulla possibilità di "liberare i saperi" senza rompere la gabbia del capitalismo. Non è un caso che questa teoria ingannevole, di vecchia data in quanto risale al PCI revisionista, venga oggi riesumata e promossa dai riformisti per sviare l'anticapitalismo spontaneo del movimento studentesco. Cenni sulla trasformazione dell'istruzione nel socialismo Storicamente, il movimento operaio e comunista internazionale ha sempre rivendicato l'istruzione per tutti. Già il Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels rivendica: "Educazione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Abolizione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Unificazione dell'educazione e della produzione materiale"(11). Marx ed Engels accostavano questa rivendicazione all'abbattimento del capitalismo e infatti è stato possibile raggiungerla compiutamente e stabilmente soltanto nel socialismo. Ciò rientra nelle leggi che governano la società divisa in classi, la trasformazione della base economica esige che la sovrastruttura ideologica della società vi si conformi, non certo meccanicamente ma mediante un'accesa lotta di classe anche nel campo dell'ideologia e della cultura, nelle nuove condizioni della dittatura del proletariato. Il movimento studentesco, così come gli insegnanti e gli intellettuali democratici e progressisti, dovrebbero riscoprire o scoprire per la prima volta la straordinaria esperienza della trasformazione dell'istruzione negli Stati socialisti, dove non solo furono prese misure urgenti e rivoluzionarie perché tutti potessero accedere liberamente e gratuitamente alla scuola, ma anche per cambiare radicalmente i contenuti e i metodi dell'istruzione, un cambiamento così efficacemente sintetizzato da Lenin: "Sino a quando gli operai e i contadini rimangono oppressi dai proprietari fondiari e dai capitalisti; sino a quando le scuole rimangono nelle mani dei proprietari fondiari e dei capitalisti, la giovane generazione resta cieca e ignorante. La nostra scuola invece deve dare alla gioventù le basi del sapere, deve renderla capace di elaborare da sé le concezioni comuniste, deve fare dei giovani delle persone istruite. Durante gli anni di studio la scuola deve forgiare uomini che partecipino alla lotta per la liberazione dagli sfruttatori"(12). In particolare sarebbe illuminante riesaminare l'epocale riforma del sistema d'istruzione avvenuto in Cina durante la Grande Rivoluzione culturale proletaria (1966-1976) ideata e diretta da Mao. "La nostra politica nel campo dell'educazione deve permettere a chi la riceve di formarsi moralmente, intellettualmente e fisicamente e divenire un lavoratore con una buona cultura e una coscienza socialista"(13): questo era il programma fondamentale della trasformazione dell'istruzione. Nel socialismo la classe operaia deve dirigere tutto e quindi anche l'istruzione, allo scopo di trasformarla, liberarla dai rimasugli delle idee della borghesia rovesciata e rivoluzionarla completamente. "Per fare la rivoluzione proletaria nell'istruzione", dice Mao, "sono imprescindibili la direzione e la partecipazione della classe operaia, insieme con la triplice combinazione dei soldati dell'Esercito popolare di Liberazione, degli studenti e degli insegnanti, e con gli attivisti operai che si sono dimostrati determinati a portare la rivoluzione proletaria nell'istruzione fino in fondo. Le squadre operaie di propaganda devono restare nelle scuole per un lungo periodo di tempo per poter diffondere i compiti della 'lotta-critica-trasformazione' e consolidare la loro direzione. Nelle campagne, le scuole devono essere dirette dagli alleati più affidabili della classe operaia: i contadini poveri e medio-bassi"(14). Un abisso separa le finalità e i metodi dell'istruzione borghese, che abbiamo sopra esposto, da quelle dell'istruzione proletaria messa brillantemente in pratica durante la Rivoluzione culturale proletaria, volta a educare tutto il popolo, a fornirgli per davvero i mezzi intellettuali e scientifici per ragionare sui problemi senza "verità" scese dal cielo, a spronare l'iniziativa degli studenti combattendo ogni forma di nozionismo, a fornire a tutto il popolo i mezzi pratici per poter studiare, senza alcuna restrizione d'accesso. Durante la Rivoluzione culturale infatti vengono abbattute tutte le restrizioni di accesso alle università, fioriscono le università sui posti di lavoro, gli operai e i contadini vengono chiamati ad entrare nelle scuole e nelle facoltà per dirigerle; per converso, gli studenti vengono inviati a trascorrere periodi di lavoro nelle fabbriche, nelle campagne, nei servizi e nell'esercito per scoprire la realtà della società e legarsi alle larghe masse. Gli studenti e gli insegnanti vengono sollecitati a concorrere attivamente a definire le materie di studio e la didattica scuola per scuola, facoltà per facoltà. La stessa acquisizione delle necessarie competenze scientifiche e tecnico-professionali risponde alle esigenze delle larghe masse e non di un pugno di pescecani. Con l'autentica liberazione dei saperi e dell'istruzione dalle catene del mercato, essi finalmente potevano essere intesi per davvero come servizi per la formazione intellettuale del popolo e da esso governati, che sprigionavano la creatività degli studenti e permettevano alle masse di mettere tutte le loro energie intellettuali e manuali nella titanica impresa della costruzione della nuova società socialista. L'istruzione proletaria è l'esatto capovolgimento dell'istruzione borghese sotto tutti gli aspetti. Non c'è assolutamente paragone fra i metodi d'insegnamento gerarchici borghesi e quelli democratici proletari, fra la pedagogia nozionista borghese e quella scientifica e analitica proletaria. Così Mao, alla vigilia della Rivoluzione culturale proletaria, esemplificava la politica marxista-leninista sull'istruzione: "I programmi possono essere tagliati per metà. Gli studenti passano le giornate sui libri, il che non va per niente bene, in quanto dovrebbero avere il tempo per partecipare a qualche tipo di lavoro produttivo ed avere la debita vita sociale". "Gli esami, come vengono fatti attualmente, adottano metodi tipici delle contraddizioni fra il nemico e noi (...). Per me bisognerebbe pubblicare l'argomento e tenere l'esame solo dopo aver dato il tempo agli studenti di documentarsi e studiare. Poniamo che ci siano venti domande: se uno studente risponde bene a dieci domande, e magari ad alcune risponde in modo eccellente, esponendo idee originali, costui si meriterebbe un 100. Se invece risponde a tutte e venti le domande e le risposte sono esatte, ma mediocri, fredde, prive di originalità, ebbene a questo studente si dovrebbe riconoscere un 50, o un 60. Durante gli esami dovrebbe essere consentito bisbigliare: significherebbe soltanto che, se non riesco a capire una cosa, la chiedo a qualcun altro per chiarirmi le idee. Capire veramente le cose è profittevole, per quale motivo invece si insiste nel fare imparare le cose a memoria, meccanicamente?" "(...) Il metodo d'insegnamento che vi viene impartito assomiglia all'irrigazione. Andate a lezione tutti i giorni, e quante parole dovete sorbirvi? I professori dovrebbero far stampare i manoscritti delle lezioni e darveli. Che c'è da temere? Bisogna consentire agli studenti di indagare da sé sull'argomento della lezione. Tenere segreti i manoscritti delle lezioni e permettere agli studenti di prendere appunti soltanto in classe, li limita terribilmente. Gli studenti universitari, specialmente quelli degli anni superiori, devono imparare principalmente ad analizzare ed approfondire i problemi. A che servono tante chiacchiere?"(15). Ancora: "Non bisogna prestare troppa importanza ai voti, piuttosto è necessario concentrare le proprie energie per sviluppare una capacità di analisi e soluzione dei problemi"(16). Ecco un esempio concreto di applicazione della pedagogia analitica socialista in quella che era una delle istituzioni universitarie più selettive e prestigiose della Cina semifeudale dell'inizio del secolo scorso (un "centro d'eccellenza", direbbero oggi i vari Profumo) e in un campo, quello umanistico, assai a rischio di intellettualismo e separazione dalla realtà concreta: "L'Università Tsinghua dispone di una fabbrica. Dal momento che ci sono facoltà di scienze e ingegneria, sarebbe inammissibile se gli studenti avessero solo conoscenze libresche e nessuna esperienza di lavoro pratico. Tuttavia, le facoltà umanistiche non sono altrettanto capaci di aprire le loro fabbriche: non sanno aprire fabbriche di letteratura, fabbriche di storia, fabbriche di economia, né fabbriche di romanzi. Le facoltà umanistiche devono fare della società intera la loro fabbrica. Gli insegnanti e gli studenti devono toccare con mano la realtà dei contadini e degli operai urbani, delle fabbriche e delle campagne. Altrimenti, dopo la laurea, questi studenti non saranno di grande utilità"(17). Con la partecipazione degli studenti e degli intellettuali al lavoro manuale, il socialismo risolve l'annoso problema della separazione fra lavoro intellettuale e manuale: "L'istruzione dev'essere al servizio della politica del proletariato e deve collegarsi strettamente al lavoro produttivo. I lavoratori devono approfondire le loro conoscenze intellettuali e gli intellettuali devono integrarsi con i lavoratori"(18). Questo fu un aspetto sul quale Mao insistette più e più volte nel corso della sua lunga e operosa vita rivoluzionaria, specialmente dopo la conquista del socialismo, in quanto capiva che solo mettendo in pratica l'obiettivo della "unificazione dell'educazione e della produzione materiale", era possibile eliminare ogni traccia di intellettualismo piccolo-borghese e dare a tutto il popolo lavoratore gli strumenti intellettuali per creare il nuovo mondo comunista. "Per gli studenti", diceva, "il discorso è lo stesso: lo studio è il loro compito prioritario, ma devono imparare a fare anche altre cose, per esempio il lavoro industriale, agricolo e militare, e devono criticare la borghesia. I periodi di studio vanno accorciati, l'istruzione va rivoluzionarizzata e non bisogna permettere che continui il dominio degli intellettuali borghesi nelle nostre scuole"(19). È esattamente questo il modello d'istruzione che dovrà essere realizzato nell'Italia unita, rossa e socialista. La linea del PMLI sull'istruzione Forte degli insegnamenti di Marx, Lenin e Mao, il PMLI denuncia da sempre il carattere di classe della scuola e dell'università italiana e aveva individuato già da tempo la strada di privatizzazione e aziendalizzazione che avevano imboccato ad opera dei governi borghesi da Craxi in poi, delineandola con grande lungimiranza politica nell'importante Documento del CC del 1° Maggio 1986 "La riforma della scuola media superiore e la linea scolastica del PMLI", presentato dal compagno Mino Pasca. Per questo produce un grande sforzo affinché le masse popolari possano capire la natura e gli scopi dell'istruzione di classe. Il PMLI giudica del tutto inaccettabili dal proletariato e dalle masse studentesche e popolari gli attuali indirizzi, metodi e contenuti dell'istruzione pubblica, perché rispondono unicamente agli interessi di un pugno di monopolisti, finanzieri e capitalisti e della Chiesa cattolica e vengono calati dall'alto senza nemmeno un briciolo di partecipazione studentesca alla loro definizione. Devono essere assolutamente combattuti e trasformati. Tuttavia non ci illudiamo che, finché perdurerà il capitalismo, sarà possibile cambiare la natura intrinseca dell'istruzione, in quanto come dice Marx "per instaurare un sistema giusto di istruzione occorre cambiare le condizioni sociali"(20). Per questo motivo non si fa nemmeno illusioni sulla possibilità che un governo di "sinistra" possa cambiare le cose, tanto più che il "centro-sinistra", negli anni in cui è stato al governo, ha fatto tutt'altro che invertire la tendenza all'aziendalizzazione. Speriamo che anche il movimento studentesco, che già critica gli attuali metodi didattici e la sottomissione dell'istruzione alle logiche del mercato, con l'apporto insostituibile delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti maturi al più presto questa coscienza e capisca che misure come la didattica alternativa o l'autoriforma non possono cambiare le cose se eludono la questione del sistema economico e del potere politico. Questo, valido dal punto di vista strategico, non esclude tatticamente la lotta per strappare le conquiste più ampie possibili affinché il diritto allo studio venga garantito a tutti e in difesa della scuola e dell'università pubbliche, incoraggiati anche dalla recente vittoria contro la legge 953 ex Aprea, pur legando questa lotta a quella per il socialismo. Il PMLI si batte infatti per l'abrogazione di tutta la legislazione sull'autonomia scolastica e universitaria e delle controriforme che hanno ridisegnato la scuola e l'università in senso aziendalista e meritocratico, per l'abolizione delle tasse scolastiche e universitarie, per il finanziamento pubblico di scuole e università statali tagliando quello alle private, per l'abolizione del numero chiuso e di ogni altra limitazione degli accessi e del proseguimento degli studi compreso l'esame di Stato, per il diritto di sciopero, manifestazione e assemblea degli studenti, per la partecipazione studentesca alla definizione dei piani didattici, per l'abolizione dei crediti formativi, per il mantenimento del valore legale del titolo di studio, per la gratuità del materiale didattico, per agevolazioni nel vitto, nell'alloggio e nei trasporti, per l'edilizia scolastica e il potenziamento delle strutture, per l'abolizione dell'ora di religione, perché a tutti gli studenti sia riconosciuto un lavoro dopo il diploma o la laurea. È del tutto inaccettabile che masse di neodiplomati e neolaureati siano condannate alla precarietà, all'emigrazione o ad ingrossare le file della disoccupazione giovanile, che ha superato il 35%. Il PMLI inoltre richiede ai suoi membri una vera e propria disintossicazione ideologica della propria coscienza dalla cultura borghese che viene impartita a tutti noi sin dall'infanzia e di trasformare la propria concezione del mondo in senso proletario, ma invita anche tutte le masse in lotta, a partire dagli operai e dagli studenti, a rendersi conto di quante idee e concezioni borghesi e controrivoluzionarie gli sono state inculcate e a liberarsene a loro volta. Non c'è altro modo, per farlo, che impadronirsi della cultura del proletariato, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che poi altro non è che la vera cultura di classe delle masse operaie, studentesche e popolari in lotta. A livello di massa, già rendersi conto del problema scatenerebbe un terremoto, che aprirebbe una voragine tale da inghiottire il capitalismo se a questa presa di coscienza le masse in lotta facessero seguire l'assimilazione profonda della cultura proletaria e marxista-leninista. Come cambiare l'istruzione? Analizzare a fondo e comprendere la natura, le caratteristiche e gli scopi dell'istruzione è fondamentale affinché il movimento studentesco possa darsi una linea e una strategia rivoluzionarie per combattere l'istruzione, la scuola e l'università borghesi. Secondo noi, questa linea dovrebbe fondarsi su tre punti. 1) Lotta per il governo studentesco della scuola e dell'università. Senza il quale la scuola e l'università restano sotto il controllo dei potentati economici e politici borghesi che ne determinano incontrastati gli indirizzi e i piani didattici ed è impossibile cambiare il metodo d'insegnamento nozionistico e autoritario. Gli attuali "organi collegiali" vanno affossati e sostituiti con nuovi organi nei quali siano rappresentati gli studenti come maggioranza e i docenti e il personale tecnico-amministrativo come minoranze; tutti i rappresentanti devono essere eletti con diritto di revoca dalle rispettive assemblee generali. 2) Criticare la natura borghese dell'istruzione e sbarrarle la strada respingendo colpo su colpo gli indirizzi e le misure governative sull'istruzione. 3) Costruire un movimento studentesco unitario, basato sulle assemblee generali delle studentesse e degli studenti, fondate sulla democrazia diretta, alle quali spetta il compito di elaborare gli indirizzi politici, programmatici e organizzativi, i metodi e le iniziative di lotta del movimento. Esso deve ricercare la massima unità con la classe operaia e le masse lavoratrici e popolari in lotta. Lottiamo uniti contro la concezione borghese dell'istruzione! Lottiamo uniti per la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti! Uniamoci contro il capitalismo, per il socialismo! NOTE 1. Lenin, Discorso al I Congresso panrusso dell'istruzione, 29 agosto 1918, Opere complete, vol. XXVIII, p. 89. 2. Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito Comunista Cinese sul lavoro di propaganda, 12 marzo 1957, Opere scelte, Einaudi, vol. 5, p. 590. 3. Scuderi, La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe, 9 settembre 1986, in Opuscolo di Scuderi n. 9, p. 17. 4. Lenin, I compiti delle unioni della gioventù, 2 ottobre 1920, Opere scelte, Ed. Lingue estere, Mosca 1948, vol. 2, p. 640. 5. Lenin, Discorso alla conferenza dei comitati per l'istruzione politica presso le sezioni provinciali e distrettuali della pubblica istruzione, 1920, Opere complete, vol. XXXI, p. 348. 6. Mao, nota alle Proposte del preside di una scuola media di Pechino per alleviare il carico di lavoro sulle spalle degli studenti, 10 marzo 1964, in Il presidente Mao sulla rivoluzione dell'istruzione, Casa editrice del popolo, dicembre 1967. 7. Lenin, I compiti delle unioni della gioventù, op. cit., p. 643. 8. Ripensare l'istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Strasburgo, 20 novembre 2012, pp. 4-5. 9. Lenin, ibidem, p. 641 10. Mao, direttiva dell'11 febbraio 1966. 11. Marx-Engels, Manifesto del Partito comunista, dicembre 1847-gennaio 1848, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 1998, p. 46. 12. Lenin, ibidem, p. 648. 13. Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 1957, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 1998, p. 29. 14. Mao, direttiva del 27 agosto 1968. 15. Mao, conversazione con il nipote Mao Yuanxin, 5 luglio 1964, in op. cit. 16. Mao, conversazione al convito per il capodanno cinese, 23 febbraio 1964, in op. cit. 17. Mao, conversazione con una delegazione nepalese del settore dell'istruzione, agosto 1964, in op. cit. 18. Mao, citato in Il falso comunismo di Krusciov e le lezioni storiche che dà al mondo, 14 luglio 1964. 19. Mao, direttiva del 7 maggio 1966. 20. Marx, discorso sull'istruzione generale nella società contemporanea, in Marx, Engels, Lenin Sui giovani, p. 37. 23 gennaio 2013 |