Grazie a Napolitano e alla resa senza condizioni della "opposizione parlamentare" Approvata a tempo di record la micidiale stangata di Berlusconi e Tremonti Il PMLI rivendica anzitutto l'uscita dell'Italia dalla UE, da tutte le "missioni" all'estero e dalla guerra alla Libia, la nazionalizzazione delle banche, la tassazione dei grandi patrimoni, la tassazione delle transazioni speculative di capitali, controlli severi sui movimenti dei capitali, investimenti al Sud, cancellazione dei ticket sanitari, sblocco degli aumenti degli stipendi e del turn-over dei lavoratori del pubblico impiego, cancellazione dell'elevamento dell'età della pensione per le donne, blocco delle privatizzazioni, cancellazione della TAV e del Ponte di Messina, cancellazione dei tagli agli Enti locali e alle Regioni, retribuzioni dei parlamentari pari al salario medio operaio Venerdì 15 luglio, appena mezz'ora dopo che era stata ratificata dalla Camera e a 24 ore dall'approvazione a tambur battente in Senato, Napolitano aveva già firmato e promulgato la micidiale stangata di Berlusconi e Tremonti, che è entrata in vigore il lunedì successivo: un'approvazione a tempo di record, che non ha precedenti nella storia del parlamento nero, che mai era riuscito a varare un provvedimento di tale gravità e foriero di così devastanti conseguenze per milioni di persone, in tempi così ristretti, saltando tutte le regole e consuetudini, e con la resa preventiva e senza condizioni dell'"opposizione parlamentare". Un risultato fortemente voluto da Napolitano che, sotto l'incalzare della speculazione finanziaria internazionale che aveva fatto crollare la Borsa e schizzare in alto gli interessi sui nostri titoli di Stato, ha assunto la regia delle operazioni dettando i tempi della manovra e facendo appello a governo e "opposizione parlamentare" per un "impegno di coesione nazionale di cui c'è bisogno per affrontare le difficili prove che sono all'ordine del giorno". E dopo la pronta volontà di collaborare espressa da Bersani, Casini e Di Pietro, l'inquilino del Quirinale aveva "preso nota con viva soddisfazione degli annunci venuti dall'opposizione nel senso di un impegno a concorrere - con 'pochi qualificati emendamenti' - a una 'rapidissima approvazione' della necessaria manovra finanziaria. Ci si attende che a ciò corrisponda la immediata disponibilità di governo e maggioranza a condurre le consultazioni indispensabili e a ricercare le convergenze opportune". Questo accadeva l'11 luglio. Il 14 la manovra quadriennale del governo, a cui nel frattempo erano stati aggiunti alcuni emendamenti fortemente peggiorativi (al fine di "rafforzarla" per "dare un segnale forte ai mercati", aveva detto Tremonti), tanto da farla salire a regime a quasi 80 miliardi, è approdata al Senato che l'ha subito approvata con voto di fiducia. L'"opposizione" ha votato contro, ma è stata una farsa, perché aveva rinunciato a presentare emendamenti e consentito la votazione immediata. Idem il giorno dopo alla Camera. Napolitano era talmente euforico da dichiarare che un voto così veloce era "un miracolo", il "segno di una comune percezione dei rischi a cui è esposta l'Italia nel quadro europeo e mondiale". Dicendosi altresì "convinto che anche per il futuro prossimo occorreranno altre prove di coesione". Napolitano e il PD sorreggono il governo Berlusconi Anche Tremonti aveva ringraziato l'"opposizione" per aver dimostrato "senso dello Stato". Non altrettanto ha fatto il neoduce Berlusconi, il quale, incassato il voto sulla manovra, è tornato a farsi vedere e sentire dopo alcuni giorni di silenzio osservato per "non turbare i mercati": un paradosso tutto italiano, poiché non c'è Stato al mondo il cui premier, per il solo fatto di aprire bocca, rischia per sua stessa ammissione di far crollare la fiducia dei mercati nella stabilità del suo governo; e ciononostante non solo non ritiene giusto e conseguente sloggiare da Palazzo Chigi per il bene del Paese, ma addirittura arriva a vantarsi, come ha fatto presentandosi in parlamento per rassicurare i suoi uomini, cominciando dall'inquisito della P4 Alfonso Papa su cui pende la richiesta d'arresto della procura di Napoli, che "Il governo è stabile e forte, la maggioranza è coesa e determinata". E così siamo all'assurdo che il governo del nuovo Mussolini è tenuto in piedi dal rinnegato Napolitano e dal PD liberale dei rinnegati Bersani e D'Alema. E che una delle più micidiali e devastanti stangate antipopolari degli ultimi decenni porta di fatto anche la loro firma. Una stangata che ripristina, a partire da subito, gli odiosi ticket sanitari di 10 euro sulla diagnostica e di 25 euro sul pronto soccorso, che rendono alcuni tipi di analisi persino più onerose di quelle a pagamento. Che blocca le assunzioni e gli stipendi nel pubblico impiego, tanto che si calcola in 215 euro mensili a regime la perdita media per ciascun dipendente pubblico. Particolarmente duri saranno i tagli nella scuola, dove spariranno migliaia di cattedre e i professori di liceo si calcola perderanno quasi 8 mila euro in 5 anni, e il personale ATA ben 6.400. Una stangata che taglia altri 10 miliardi di euro a Regioni ed Enti locali, che con i tagli già deliberati l'anno scorso salgono a ben 33 miliardi, tutti sottratti alla sanità, ai trasporti, agli asili nido e a tutti gli altri servizi indispensabili ai lavoratori e alle masse popolari. Una macelleria sociale che si completa con l'elevamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne, ma che in realtà e in non molti anni andrà oltre questo stesso limite per tutti, grazie all'anticipazione dell'aggancio automatico dell'età pensionabile all'"aspettativa di vita". E non è meno grave il taglio ulteriore dei fondi Fas dal 2013 e quello di 3,6 miliardi del "fondo per l'economia reale", che sottraggono altre risorse a quel poco che ormai viene destinato allo sviluppo del Sud. Ulteriori modifiche peggiorative alla manovra A fronte di alcune modifiche di alleggerimento della manovra, come una maggiore diluizione e rimodulazione della tassa sui depositi di titoli, e una minore riduzione dell'indicizzazione delle pensioni tra 1.428 e 2.380 euro lordi mensili, Berlusconi e Tremonti, approfittando della complicità di Napolitano e della resa dell'"opposizione". hanno aggiunto alla stangata due misure particolarmente infami e devastanti: la prima è la cosiddetta "clausola di salvaguardia", per cui se il governo non riuscirà a rastrellare 15 miliardi con la delega per la "riforma fiscale", scatteranno tagli lineari (cioè indiscriminati) su tutte le deduzioni, detrazioni ed agevolazioni fiscali sulle dichiarazioni Irpef, pari al 5% dal 2013 e del 20% dal 2014. Tra cui, per esempio, quelle per le spese mediche, per gli asili nido, per le assicurazioni, per le ristrutturazioni, per l'assistenza ai disabili, per le tasse universitarie, e tante altre voci che provocherebbero un aumento di spesa medio calcolato in oltre 700 euro a famiglia (fonte Cgia Mestre). La seconda misura, che non a caso ha ricevuto il plauso immediato della presidente di Confindustria, Marcegaglia, che l'ha definita "importante" e "di grande maturità", è l'obbligo per i Comuni di privatizzare i beni e le partecipazioni pubbliche in loro possesso (ad esclusione dell'acqua, ha precisato, bontà sua, Tremonti). I comuni saranno incentivati a farlo attraverso un sistema di premi (quelli che venderanno) e di punizioni (quelli che non lo faranno). In questo modo il governo si è fatto beffe del responso del referendum, che non è stato solo un pronunciamento popolare per l'acqua pubblica, ma per tutti i beni comuni in generale. Considerando anche che nonostante tutto ciò le turbolenze e le speculazioni finanziare non sembrano aver allentato la morsa sul nostro Paese, ciò svela anche quanto la crisi finanziaria e i "mercati" vengano strumentalizzati a bella posta dai governi borghesi per smantellare pezzo per pezzo quel che resta dello Stato sociale e per privatizzare a prezzi stracciati tutto quanto è ancora di proprietà pubblica. Le rivendicazioni del PMLI Di tutte le suddette infami misure il PMLI rivendica la revoca immediata, avendo a cuore esclusivamente l'interesse e le condizioni dei lavoratori e delle masse popolari. La crisi economica e finanziaria del capitalismo la paghino i capitalisti, e non le masse popolari che sono già state spremute fino all'inverosimile per arricchirli! Se si vuole ridurre il deficit dello Stato e trovare le necessarie risorse per soddisfare le necessità vitali delle masse, come il lavoro, la casa, le pensioni, la sanità, l'assistenza, la scuola, la cultura, ecc., il PMLI rivendica anzitutto l'uscita dell'Italia dalla UE, da tutte le "missioni" all'estero e dalla guerra alla Libia, la nazionalizzazione delle banche, la tassazione dei grandi patrimoni, la tassazione delle transazioni speculative di capitali, controlli severi sui movimenti dei capitali, investimenti al Sud, cancellazione dei ticket sanitari, sblocco degli aumenti degli stipendi e del turn-over dei lavoratori del pubblico impiego, cancellazione dell'elevamento dell'età della pensione per le donne, blocco delle privatizzazioni, cancellazione della TAV e del Ponte di Messina, cancellazione dei tagli agli Enti locali e alle Regioni, retribuzioni dei parlamentari pari al salario medio operaio Al di fuori di queste sacrosante misure per le masse, non ci può essere che la guerra totale alla linea dei "sacrifici" chiesta da Berlusconi, Tremonti e Napolitano e avallata dalla "sinistra" borghese e, in ultima analisi, occorre un nuovo 25 Aprile, per cacciare il neoduce Berlusconi e il suo governo della macelleria sociale. 20 luglio 2011 |