Arrestati in Afghanistan tre operatori di Emergency accusati di complotto terroristico Un chiaro pretesto per far chiudere l'ospedale umanitario a Lashkargah Il governo italiano deve far liberare subito i tre connazionali Tre operatori italiani dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, nella provincia meridionale di Helmand, e sei dipendenti afgani sono stati arrestati il 10 aprile dalle forze di sicurezza afgane e dalle truppe britanniche del contingente di occupazione Isaf con l'accusa di coinvolgimento in un complotto per organizzare attentati suicidi e per assassinare il governatore locale, Gulab Mangal. Secondo il portavoce del governatore di Helmand, Daud Ahmadi, gli agenti che hanno fatto irruzione nell'ospedale hanno trovato nel magazzino giubbotti esplosivi, granate e armi da fuoco. Nel comunicato diffuso dall'organizzazione si denunciava che "né le autorità afgane né rappresentanti della coalizione internazionale si sono messe in contatto con noi per spiegarci le ragioni di questo prelevamento. Abbiamo appreso da un lancio di agenzia dell'Associated Press che alcune persone, tra cui cittadini afgani e 'due medici italiani', sarebbero state arrestate con l'accusa di avere complottato per uccidere il governatore della provincia di Helmand. L'accusa ci sembra francamente ridicola e siamo assolutamente certi che la verità verrà presto accertata. Fermo restante la libertà del governo afgano, delle forze di polizia afgane e dei servizi di sicurezza di svolgere tutte le indagini del caso, chiediamo l'assoluto rispetto dei diritti dei nostri operatori, locali e internazionali. Si tratta di persone che da anni lavorano, per assicurare cure alla popolazione afgana. Chiediamo pertanto di rispettare i loro diritti, per primo il diritto di comunicare con noi e farci sapere dove si trovano e come stanno". Una richiesta caduta nel vuoto tanto che il 13 aprile Emergency denunciava che "ancora non si hanno notizie sulla sorte e sulla loro posizione" mentre il fondatore Gino Strada sottolineava che "i nostri operatori sono in uno stato di detenzione illegale perché sono passate più 24 ore e nulla è stato passato nelle mani della procura". Fra le iniziative messe in campo per chiedere la liberazione dei medici arrestati veniva indetta una manifestazione per il 17 aprile a Roma, a piazza Navona. Sempre il 13 aprile gli altri cinque operatori stranieri, quattro italiani e un indiano, lasceranno Lashkargah sulla base di una decisIone presa da Emergency, d'intesa con le autorità anche per motivi di sicurezza, lasciando l'ospedale in mano alla polizia afgana e al personale locale. "Se volevano non farci più operare a Lashkargah, l'obiettivo è stato raggiunto. Non abbiamo più notizie dell'ospedale. Siamo fermi alla presa in possesso delle autorità afgane di sabato scorso" denunciava il vicepresidente di Emergency. Da come si è presentata e sviluppata, la vicenda appare come un chiaro pretesto per far chiudere l'ospedale umanitario a Lashkargah. A partire dalle incredibili dichiarazioni del portavoce del governatore di Helmand che in una intervista all'inglese Times accusava "gli italiani di Emergency di essere in combutta con Al Qaeda" e annunciava la loro confessione, sparata a tutta pagina da Il Giornale del 12 aprile. "È iniziata una guerra preventiva per togliere di mezzo un testimone scomodo prima di dare il via ad un'offensiva militare in quelle regioni", denunciava Gino Strada in una conferenza stampa a Milano l'11 aprile, "i nostri medici sono stati rapiti dalla polizia del governo Karzai, quel governo difeso dalla coalizione internazionale della quale fa parte anche l'Italia che spende 2 milioni di euro al giorno". E aggiungeva che "si tratta di una sporca e oscura manovra. Ma la cosa più sconvolgente è che l'Italia da otto anni ha truppe in Afghanistan per sostenere un governo che muove accuse contro medici italiani e li arresta e non c'è un rigo di commento, una presa di posizione, una richiesta di liberazione immediata o una nota di protesta da parte della diplomazia italiana". Anzi, il ministro degli Esteri Franco Frattini si scomodava per una telefonata al collega afgano Zalmay Rassoul, al quale esprimeva la piena fiducia sulla correttezza dell'attività investigativa delle autorità di Kabul ma soprattutto teneva a ribadire "la linea di assoluto rigore del governo italiano contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo in Afghanistan, così come altrove", accreditando l'incredibile accusa ai medici arrestati. Non contento teneva a prendere le distanze anche da Emergency: "i medici italiani in stato di fermo lavoravano in una struttura umanitaria non riconducibile né direttamente né indirettamente alle attività finanziate dalla cooperazione italiana". Dello stesso vergognoso tenore le dichiarazioni del ministro della Difesa Ignazio La Russa: "Strada dovrebbe evitare di accusare il governo afghano, di gridare al complotto della Nato e di tirare dentro il governo italiano che non è stato informato di questa operazione. Sarebbe più saggio se, in attesa di sapere come sono andate le cose, perché non ha conoscenza del caso specifico, prendesse intanto le distanze dai suoi collaboratori". Il 13 aprile Frattini annunciava che l'inviato speciale Attilio Iannucci avrebbe consegnato una sua "lettera personale al presidente Karzai" per chiedere un'"accelerazione delle indagini". Ancora lontano dal passo necessario della richiesta di immediata scarcerazione dei tre cooperanti italiani arrestati. 14 aprile 2010 |