Blitz della Dda di Milano Arrestato il giudice Giglio:'aiutava la 'ndrangheta' In manette anche il consigliere regionale della Calabria Morelli (PDL) La gravità di certe notizie non ha bisogno di commento. Il 30 novembre scorso la direzione distrettuale antimafia di Milano ha arrestato il giudice del tribunale di Reggio Calabria, presidente della sezione "misure di prevenzione", Vincenzo Giglio. Il procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini e i sostituti procuratori Paolo Storari e Alessandra Dolci gli contestano i reati di "concorso esterno nell'associazione a delinquere di stampo mafioso", "corruzione" e "favoreggiamento personale" nei confronti di esponenti del clan Lampada-Valle, con l'aggravante (articolo 7 del decreto legge 152/1991) di aver commesso questi reati "per favorire l'associazione mafiosa". Ipotesi risultata ancora più inquietante se si considera che al momento dell'arresto l'imputato ricopriva il ruolo delicatissimo di vagliare le richieste della Procura per il sequestro dei beni delle cosche, che in passato Giglio era stato presidente di Corte d'Assise e docente di diritto penale alla Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università statale Mediterranea di Reggio Calabria, si era iscritto alla corrente di Magistratura Democratica ed era risultato molto attivo nel dibattito pubblico sulla criminalità organizzata calabrese. Tra gli altri arrestati, oltre ai presunti capo clan e procacciatori di voti, Francesco e Giulio Lampada (il quale scrivono i giudici ha persino ricevuto "una importante e prestigiosa onorificenza da parte del Vaticano"), Leonardo Valle e Raffaele Ferminio, c'è un maresciallo capo della Guardia di Finanza, Luigi Mongelli, per l'ipotesi di "corruzione" e il medico reggino Vincenzo Giglio (omonimo del magistrato arrestato), al quale è contestato il "concorso esterno in associazione mafiosa". Stessa accusa per Giuseppe Morelli, consigliere regionale calabrese presidente della Commissione bilancio, eletto nella lista "PDL-Berlusconi per Scopelliti", e l'avvocato Vincenzo Minasi del foro di Palmi, con studi a Milano e a Como, e già difensore fra gli altri di Maria Valle (ipotesi di reato "corruzione"), parente stretta del patriarca (Francesco), e della quale tempo fa aveva ottenuto l'annullamento dell'arresto in Cassazione. A Minasi sono contestati anche i reati di "rivelazione di segreto d'ufficio" e "intestazione fittizia di beni". Il sodalizio criminale tra il consigliere regionale Morelli (eletto con 14 mila voti nel 2010, il secondo più votato) e il giudice Giglio, secondo l'imputazione, consisteva nel seguente accordo: a Morelli controlli sull'esistenza di possibili inchieste a suo carico, a Giglio l'interessamento per la nomina della moglie Alessandra Sarlo a commissario straordinario dell'Asl di Vibo Valentia, poi sciolta per infiltrazione mafiosa. Al vaglio degli inquirenti anche una cena al Cafè de Paris a Roma in cui erano presenti il neopodestà Alemanno, il deputato Bonfiglio, Francesco Morelli, Giulio Lampada e Giuseppe Chiaravallotti (già governatore della Calabria e vicepresidente della authority garante per la protezione dei dati personale), colui, ricordiamo, che intercettato al telefono con la sua segretaria nel corso dell'inchiesta Poseidon si interrogava se era meglio assassinare il Pm Luigi De Magistris o affidarne la persecuzione a tempo illimitato alla camorra napoletana propendendo per la seconda ipotesi (come rivelò la clamorosa puntata di Anno zero, censurata dalla Rai, del 4 ottobre 2007). Anche un altro giudice, in servizio presso il tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti, è indagato per corruzione in atti giudiziari, secondo l'accusa avrebbe usufruito di nove soggiorni gratuiti presso l'hotel Brun di Milano, per un controvalore di circa 27 mila euro, e anche di prestazioni sessuali con prostitute. 7 dicembre 2011 |