Vergognosa sentenza del tribunale di Paola
Assolto anche il conte Marzotto, tra gli accusati della carneficina della fabbrica tessile di Praia a Mare
107 operai morti per aver inalato sostanze tossiche o per tumori. 154 malati
Corrispondenza delle masse
Incredibile e vergognosa sentenza del tribunale di Paola (Cosenza): sono stati tutti assolti per mancanza di prove i 12 imputati del processo sul caso Marlane di Praia a Mare (Cosenza) ovvero la “Fabbrica dei Veleni”, l'ex stabilimento tessile aperto negli anni '60 per volere del conte piemontese Stefano Rivetti, grazie ai fondi della Cassa per il Mezzogiorno, rilevato dal Gruppo Eni-Lanerossi Spa nel 1969 poi passato nelle mani della veneta Marzotto Spa il 29 settembre 1987, chiuso nel 2004 per spostare la produzione nella Repubblica Ceca, all'interno del quale per effetto dell'inalazione di sostanze e vapori tossici, specie nel reparto di tinteggiatura, si sono determinate le condizioni che hanno portato alla morte di ben 107 operai, la perdita della salute per altre 154 persone e l'inquinamento dell'ambiente circostante per via dello smaltimento di rifiuti quali amianto, cromo esavalente, vanadio, piombo, arsenico, rame, mercurio, zinco.
Eppure solo il 21 settembre scorso i pm Maria Camodeca e Linda Gambassi all'interno del processo, nato da 3 filoni d'inchiesta (il primo dei quali risale al 1996) iniziato il 19 aprile 2011 (e rinviato sei volte fino all’anno successivo, il 30 marzo 2012) avevano chiesto pesanti condanne per 11 dei 12 imputati, tutti collegati come dirigenti o responsabili alla Lanerossi, oggi del gruppo Marzotto, per reati che vanno dall'omicidio colposo all'omesso controllo, dalle lesioni dolose al disastro ambientale passando per il mancato rispetto delle norme di sicurezza.
Le richieste di condanna erano di 10 anni di carcere per Carlo Lomonaco, l’ex neopodestà PDL di Praia a Mare e responsabile del reparto tintoria e dell’impianto di depurazione dal 1973 al 1988, 8 anni per Vincenzo Benincasa responsabile dell'impianto, 7 anni e 6 mesi per Lamberto Priori; amministratore delegato 6 anni per Pietro Marzotto, il conte padrone dell'“impero della stoffa”, 6 anni per Lorenzo Bosetti, ex neopodestà di Valdagno (Vicenza), consigliere e vicepresidente della Lanerossi ed Ernesto Antonio Favrin amministratore delegato, 5 anni per gli amministratori delegati Silvano Storer e Jean De Jaegher, 4 anni e 6 mesi per Giuseppe Ferrari responsabile dello stabilimento 3 anni per Salvatore Cristallino responsabile del reparto tintoria, 3 anni e 6 mesi per Attilio Rausse, corresponsabile dello stabilimento.
L’assoluzione era stata chiesta solo per Ivo Comegna, fra i responsabili della tintoria, per non aver commesso il fatto. I giudici del tribunale di Paola hanno invece assolto tutti quanti per “mancanza di prove” cosa palesemente assurda se si pensa che i periti nominati dal Tribunale hanno sempre sostenuto il nesso fra le esalazioni tossiche e la morte degli operai, vi sono le testimonianze degli operai che hanno ammesso di aver sotterrato rifiuti tossici, esistono le registrazioni della preparazione di finte testimonianze per sviare la magistratura da parte di vari addetti allo stabilimento come rilevato dall'operaio Luigi Pacchiano, è comprovata la mancanza di uso di mascherine e di tute da parte degli operai, vi sono verbali che attestano il passaggio di camion con rifiuti speciali provenienti dalla fabbrica fermati dai carabinieri nei pressi della discarica di Scalea (poi chiusa per inquinamento) e tanto altro ancora.
Ma soprattutto perché nel novembre 2013 è stato firmato un accordo fra i familiari delle vittime e gli altri soggetti richiedenti risarcimento (in tutto 200 parti civili), ed i gruppi Marzotto ed Eni (in quanto ex proprietario) che ha visto versare circa 6 milioni di euro da questi ultimi (2 terzi dell'Eni, un terzo da Marzotto, peraltro una miseria rispetto ai 200 milioni richiesti dalle parti civili), i quali quindi, con l'accordo e i risarcimenti, avevano sostanzialmente già ammesso le loro responsabilità e ben prima della sentenza!
Lo sottolinea l’avvocato Rodolfo Ambrosio, legale di Legambiente, costituita parte civile nel processo: “E’ strano questo esito perché le vittime sono state anticipatamente risarcite. Come si fa a pagare un indennizzo e poi assolvere qualcuno che è causa di quel risarcimento danni? Certamente non mi aspettavo una assoluzione, mi sembrava abbastanza palese che le responsabilità ci fossero tutte e fossero chiare”.
La sentenza sarà molto difficile da ribaltare in appello, visto che il presidente del Tribunale di Paola, Domenico Introcaso, è anche il presidente della Corte d'Appello di Catanzaro.
Amarezza e incredulità tra i familiari degli operai morti e gli stessi avvocati delle parti civili, tra cui i Comuni di Praia a Mare e Tortora, il WWF, Legambiente, Medicina Democratica. Giovanni Moccia, presidente del comitato per le bonifiche della terra, dei fiumi e mari di Calabria afferma: “Come per la sentenza Eternit di Casale Monferrato anche questa di Paola dimostra che è sempre più difficile in Italia lottare per avere giustizia quando ci sono in ballo il diritto alla salute e la salvaguardia dell'ambiente”. In una nota la Cgil Calabria afferma: "Nell'attesa di conoscere le motivazioni della sentenza la Cgil continuerà la sua battaglia per la verità, la giustizia e la bonifica del sito e sul terreno giudiziario, e annuncia che presenterà il ricorso in appello".
Gli attivisti del "Comitato per le bonifiche dei terreni, fiumi e mari della Calabria" hanno tenuto un sit-in davanti il cimitero di Praia a Mare alle ore 10 del 31 dicembre, si legge in una loro nota: “per ricordare i morti e dare un segnale a tutta la cittadinanza che la lotta per ottenere la piena bonifica di tutto il terreno Marlane
continuerà nonostante la mortificante assoluzione”.
Una sentenza infame e fascista che assolve i responsabili di una vera carneficina operaia e di un disastro sanitario e ambientale avvenuti alla luce del sole nella gestione di una fabbrica-lager concepita, progettata e gestita in maniera criminale e assassina sull'altare della legge del massimo profitto, la legge fondamentale del capitalismo arrivato al suo stadio ultimo ovvero l'imperialismo, e che dimostra per l'ennesima volta che siamo in un regime neofascista, con tanto di assoggettamento della magistratura al governo secondo i piani della P2.
Come si fa infatti a non vedere che questa sentenza è frutto anche della politica neofascista, liberista, antioperaia e filo Unione europea imperialista del governo del Berlusconi democristiano Matteo Renzi? Anche nel nome delle vittime della Marlane occorre spazzare via questo nero governo e comprendere che solo il socialismo può cambiare l'Italia, dare il potere al proletariato e creare quindi le condizioni perché tragedie come questa, frutto del capitalismo, non si verifichino mai più e non sia quindi più possibile per dei borghesi sfruttare operai con paghe miserabili, farli ammalare e morire, inquinare l'ambiente, risarcire con cifre irrisorie e poi perfino essere assolti dalla magistratura borghese!
8 gennaio 2015