Il parlamento di Kiev sancisce la fine dello status di paese neutrale dell'Ucraina
Il premier russo Medvedev: "L'atto trasforma il paese in un potenziale nemico militare"
Un passo verso l'adesione alla Nato
L’ultima tregua concordata dal Gruppo di contatto di Minsk tra il governo ucraino e i rappresentanti delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, formalmente in vigore dal 9 dicembre scorso, ha finora prodotto solo una riduzione dei bombardamenti delle forze governative di Kiev e dei battaglioni nazisti sui quartieri di Donetsk e Lugansk portando il numero dei morti dall’inizio del conflitto a superare i 5 mila; nessun passo avanti verso una soluzione della crisi è stato compiuto nemmeno nell'incontro delle due delegazioni del 25 dicembre.
Un passo avanti verso l'adesione dell'Ucraina alla Nato è stato invece deciso dal parlamento di Kiev, la Duma, lo scorso 22 dicembre con l'approvazione della legge “Sui principi della sicurezza nazionale dell’Ucraina”, un capitolo della quale afferma che tra le priorità degli interessi nazionali c’è l’integrazione nello spazio politico, economico e giuridico europeo con lo scopo di diventare membro dell'Unione europea (Ue) e della Nato. Come vogliono i padrini imperialisti occidentali per strapparla definitivamente dall'abbraccio del concorrente imperialismo russo.
Cosa voglia dire nell'immediato lo spiegava il capitolo della legge titolato “Sui principi della politica interna ed estera” dove si sanciva la fine dello status di paese neutrale e si indicava l'avvio della collaborazione con la Nato “per raggiungere i criteri necessari a divenirne membro”.
Una decisione applaudita al quartier generale della Nato di Bruxelles: “Rispettiamo la decisione della Rada ucraina, l’Ucraina è uno stato indipendente e sovrano e a esso soltanto spetta assumere decisioni sulla propria politica estera”. Mentre al Segretariato dell’Alleanza atlantica precisavano che se Kiev dichiarerà di voler entrare nella Nato, l’Alleanza risponderà con una relativa valutazione sull’adeguatezza del paese a divenirne membro. Come dire, siamo già pronti a braccia aperte.
Assieme alla fine della dichiarata neutralità il governo del premier Jatsenjuk annunciava un nuovo investimento nella costruzione del muro, il cosiddetto “Vallo europeo”, lungo il confine con la Russia mentre il ministero della Difesa annunciava il raddoppio delle spese militari.
La reazione di Mosca passava dalle colonne dell'agenzia governativa Tass che denunciava come al summit di Bucarest del 2008 si fosse stabilito che l’Ucraina poteva diventare membro della Nato ma anche che non possono entrare nell'alleanza militare occidentale i paesi in cui sussistano dispute territoriali, come appunto è il caso di Crimea e Donbass. Il ministro degli Esteri russo Lavrov denunciava che “gli esponenti dell’attuale direzione ucraina che si esprimono per la rinuncia allo status fuori dai blocchi, non nascondono di agire così per risolvere con la forza i problemi del sudest del paese”. A dare il segno di un pesante inasprimento della crisi ucraina in seguito alla decisione di Kiev di sancire la fine dello status di paese neutrale era il premier russo Dimitri Medvedev secondo il quale l’atto trasformava il paese in un “potenziale nemico militare della Russia”.
8 gennaio 2015