Durante la sua visita a Bologna
Renzi duramente contestato dagli operai Granarolo e dagli universitari
Il Jobs Act ristabilisce i rapporti di caporalato. Gli studenti scandiscono “Renzi carogna, scappa da Bologna”
Se il 2014 si era chiuso per Renzi con i fischi tra Catania, Reggio Calabria e l'Irpinia, il 2015 si apre con una durissima contestazione a Bologna, alla sua prima visita ufficiale il 10 gennaio.
E ciò grazie agli operai della Granarolo, dove il premier si era recato per l'inaugurazione del nuovo polo produttivo. La Cgil aveva indetto uno sciopero di due ore per la giornata e gli operai hanno aderito, esponendo lo striscione “#80 euro zero diritti qua nessuno è fesso, neanche la Lola” (la mucca della pubblicità Granarolo, ndr
). Ci ha tentato il premier ad oscurare la protesta, ma, benché gli operai fossero stati tenuti lontani dalla stampa e dai fotografi, il Berlusconi democristiano è stato costretto ad entrare dall'ingresso sul lato opposto rispetto a quello della dura protesta. La contestazione operaia a Renzi è contro il Jobs Act che, come dice senza mezzi termini il segretario della Flai-Cgil di Bologna: “E' un atto di sottomissione ai mercati che ripristina la relazione tra caporalato e bracciante".
Hanno continuato la contestazione gli universitari che hanno atteso in città l'arrivo di Renzi, invitato dal rettore Ivano Dionigi, per l'inaugurazione dell'anno accademico. Imponente il cordone di “forze dell'ordine” in assetto antisommossa che teneva i giovani lontano dalla “zona rossa”. Gli studenti hanno tentato di forzare lo schieramento, scandendo: “Renzi carogna, scappa da Bologna” e “fuori i mafiosi dall'università”, per poi dirigersi in Piazza Maggiore dove, entrando a Palazzo D'Accursio, sede del comune, dal primo piano dell'edificio hanno srotolato lo striscione: “Dionigi e Renzi meritate una lezione magistrale. Stop Mafia-PD”. Per tutta la durata del corteo i manifestanti hanno indossato maschere che sbeffeggiavano il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il sindaco di Bologna Virginio Merola, PD, il leader del M5S Beppe Grillo, il leader della Lega Matteo Salvini, e hanno contestato duramente, oltre al Jobs Act, il piano Renzi sulla scuola che vuole “la privatizzazione del sapere”.
La manifestazione si è conclusa in piazza Maggiore con alcuni interventi al megafono. I giovani hanno denunciato la vergognosa militarizzazione della città, che li ha tenuti lontani dall’inaugurazione dell’anno accademico. “Renzi non ha diritto di stare in Università”, urlano dal microfono, contestando “l’uso privatistico dell’Ateneo, che serve ai piani del rettore Dionigi e alla sua candidatura a sindaco”, e poi affermano “E’ finita per questo governo che ci dissangua. Renzi pagliaccio, viene contestato in ogni città in cui si presenta, si nasconde dietro la polizia e nei palazzi”.
E' vero! Le masse più combattive non lo sopportano e ovunque vada lo accolgono con fischi e contestazioni durissime e rovinano giustamente le sue pose mussoliniane. Ma, purtroppo, Renzi non è ancora finito. Siamo nella fase però in cui la lotta sta montando e deve ancora crescere una dura opposizione di classe e di massa contro il nuovo Berlusconi nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche con l'obbiettivo di spazzarlo via. In questo contesto, il fronte unito che propone il PMLI, pronto a unirsi con tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religiose che si professano di sinistra, è necessario per mettere fine sul serio al governo Renzi.
14 gennaio 2015