Dopo le promesse assunzioni a Melfi
Landini apre a Marchionne
La Cisl gongola e lo sfida ad ammettere il suo dietrofront. Il leader della Fiom cerca di correggersi ma non convince. Intanto in alcune fabbriche (anche Fiat) arrivano lettere che minacciano chi fa “troppe” assenze

Con un'intervista apparsa sull'organo di stampa non-ufficiale del PD, "La Repubblica", il segretario generale dei metalmeccanici, Maurizio Landini, della Cgil apre a una nuova stagione nei rapporti con l'amministratore delegato del gruppo Fiat-Crysler Automobiles (FCA), Sergio Marchione e con le aziende che rappresenta. L'occasione è stata l'annuncio di 1000/1500 assunzioni interinali nello stabilimento Sata di Melfi in provincia di Potenza, che fa parte della FCA. L'intervista rilasciata al quotidiano di Ezio Mauro è molto discutibile, sia nella forma e sopratutto nella sostanza.

L'intervista a "La Repubblica"
Landini esordisce con un “diciamo bravissimo a Marchionne, siamo tutti contenti e chiediamo che prosegua su questa strada anche negli altri stabilimenti”. Le assunzioni promesse da Marchionne sono però temporanee, a tempo determinato in attesa, come ha detto il nuovo Valletta della FCA, che diventi operativo il “contratto a tutele crescenti”. Quando il giornalista fa notare che il Lingotto ricorrerà per i nuovi mille assunti al Jobs Act, contro cui combatte la Fiom, Landini risponde in maniera evasiva: “gli imprenditori assumono quando hanno bisogno di produrre, non per dimostrare che le nuove regole funzionano", dichiarando comunque che la Cgil continuerà a contestare le nuove norme.
Ma ci sono altre dichiarazioni ancora più preoccupanti, come quando Landini invita tutti a voltare pagina. Al giornalista che gli chiede di spiegare in che modo, gli vengono date risposte che prefigurano un'apertura e un cedimento a Marchionne e alle posizioni di Cisl e Uil. “La Fiom è disposta ad accettare le scelte dei delegati e dei lavoratori anche se sarà in minoranza", allora se perderete un referendum su un accordo firmerete quell'accordo?” Lo incalza il giornalista e Landini: "Questo lo abbiamo sempre fatto. Naturalmente quando l'accordo non mette in discussione diritti indisponibili come il diritto di sciopero". Ma allora a Pomigliano che si doveva fare, accettare il ricatto della Fiat e firmare l'accordo voluto da Marchionne assieme a Cisl e Uil?
Qui Landini sposa di nuovo l'accordo sulla rappresentanza sindacale, un vero freno alla lotta di classe e alla democrazia sindacale. Un'ennesima marcia indietro dopo aver espresso parere favorevole, poi contrario e con queste dichiarazioni nuovamente favorevole. Accordo che, ricordiamo brevemente, prevede che i sindacati firmino preventivamente il rispetto degli accordi, chi non lo fa non avrà rappresentanza nell'azienda, mentre tutti gli altri li dovranno rispettare, anche chi in partenza era contrario, e non potrà quindi contestarlo ne tanto meno fare scioperi, pena subire sanzioni. Si accettano quelle condizioni che la Fiat ha sempre voluto imporre ai sindacati, ovvero subordinazione totale alle scelte aziendali e negazione di qualsiasi rivendicazione normativa e salariale, salvo qualche elemosina elargita dal padrone.
L'intervista si chiude con altre dichiarazioni che non fanno presagire niente di buono. Quando gli chiedono se Marchionne “ha visto giusto” Landini risponde: "Noi abbiamo contestato le scelte aziendali dell'amministratore delegato quando ritenevamo che fossero sbagliate. Io non ho nulla di personale con Marchionne". Perché, forse Marchionne ha cambiato atteggiamento? Non è che le 1000 assunzioni temporanee e lo spostamento a Melfi di 400 lavoratori da altri stabilimenti che necessitano alla produzione di alcuni modelli abbia cambiato la politica antioperaia e antisindacale del gruppo FCA e del suo capo.

La Cisl gongola
Il sindacato collaborazionista della Furlan ha subito esultato. La nuova segretaria si è detta contenta che Landini abbia detto bravissimo a Marchionne, e da per scontata la sua conversione, seppur giudicata tardiva, sulle sue posizioni. Addirittura arriva a dire che se non fosse stato per la Cisl la Fiat avrebbe chiuso tutti gli stabilimenti italiani, assegnandosi pure il merito delle assunzioni a Melfi. "L' assunzioni di 1500 lavoratori non è certo un fatto casuale. E' stata la nostra capacità di comprendere i necessari cambiamenti con la contrattazione che ha salvato la Fiat e consentito all'azienda di continuare ad investire in Italia e di diventare un colosso internazionale dell'auto. Purtroppo Landini se ne è accorto tardi".
Per il consigliere della Furlan, Bruno Manghi, era ora che Landini si ravvedesse e al giornalista che gli ricorda che il segretario della Fiom ha lottato per anni contro la politica di Marchionne e descritto Cisl e Uil loro complici gli risponde che “molti giornalisti non sanno cos'è una fabbrica moderna e hanno lasciato passare la favola dello schiavismo”. Rilanciando quindi un sindacato aziendalista, ed evocando l'esperienza americana, dove i maggiori sindacati sono al servizio della produttività del capitalismo del proprio Paese, in stile corporativo fascista. Lui si che racconta favole, però svela anche aspetti interessanti. Ad esempio quando dice che, se si esclude la Fiat e i dibattiti televisivi "nella maggioranza delle aziende i rapporti fra Fiom Fim e Uilm sono ottimi e in questi anni non c'è stata alcuna contrapposizione nel firmare intese anche molto impegnative che rendevano più flessibile il lavoro”

Landini cerca di correggersi
L'intervista a "La Repubblica" è del 12 gennaio e dopo pochi giorni Landini ha cercato di correggere il tiro poiché tutti i commenti andavano nella stessa direzione, ovvero la Fiom aveva sposato la linea di Cisl e Uil e si riavvicinava alla Fiat. Già in tv, a Ballarò, in uno scontro con la Serracchiani (PD), aveva ricordato che Marchionne adesso può assumere ma anche licenziare quando vuole grazie al Jobs Act e ai provvedimenti del governo Renzi, è sembrato però quasi assolvere l'AD del gruppo FCA.
In seguito tramite un comunicato della Fiom che porta le firme di Landini e dal coordinatore Fiom-Cgil per il gruppo FCA De Palma. Vi si legge che le uniche buone notizie sono la fine della cig a Melfi e la possibilità di nuove assunzioni seppur precarie. Per il resto un giudizio fortemente critico a cominciare dall'accordo su Melfi tra i vecchi firmatari e FCA con l'esclusione della Fiom, che prevede numeri molto più ridotti: 300 assunzioni a tempo determinato e 100 lavoratori trasferiti da Cassino. L'accordo firmato il 13 gennaio elimina anche la mezz'ora della pausa pranzo (8 ore senza mangiare) che sarà a paga ordinaria e i prossimi tre sabati lavorativi con turni aggiuntivi.
Nel comunicato si ricorda che negli ultimi 5 anni i posti di lavoro nelle fabbriche italiane sono diminuiti di oltre 5000 unità e che per il 2015 in molti siti produttivi permangono la cig e altri ammortizzatori sociali. Quindi quei sindacati che vogliono il merito delle assunzioni a Melfi si dovrebbero assumere anche tutti quei licenziamenti avvenuti nelle altri stabilimenti del gruppo FCA. Certo è stata una parziale marcia indietro rispetto ai toni sbracati dell'intervista a "La Repubblica" ma i dubbi rimangono.

La Fiom lotta ancora contro il modello Marchionne?
Ma la questione principale è questa. La Fiom, e in particolare il suo segretario, ritengono quello che lo stesso Landini definì in senso dispregiativo “modello Marchionne” un tipo di relazioni industriali da combattere con determinazione e nella sua totalità, o no? Oppure si pensa ad offrire collaborazione al gruppo FCA? A noi sembra che Landini cerchi una normalizzazione, una riavvicinamento (in parte già avvenuto) alle posizioni della Camusso, che prende caso per caso e cerca con insistenza un accordo con l'azienda automobilistica italo-americana, magari ricucendo anche la frattura con Cisl e Uil.
Il modello Marchionne vuole instaurare un modello di relazioni industriali di tipo mussoliniano. Cioè la fine del contratto collettivo nazionale in favore di una contrattazione aziendale di stampo corporativo e filopadronale, condizioni di lavoro di supersfruttamento, limitazione del diritto di sciopero, cancellazione del diritto di voto alle assemblee dei lavoratori e delle RSU, sanzioni sia a lavoratori che a sindacati dissenzienti. Un modello che si sposa perfettamente con la legge sulla rappresentanza firmata a giugno 2014 che limita fortemente la democrazia nelle fabbriche e con il Jobs Act che dà la possibilità ai padroni di licenziare come e quando vogliono. Di stampo mussoliniano perché come nel fascismo i diritti dei lavoratori sono calpestati in nome degli interessi supremi del capitalismo nazionale.
Alla fine le relazioni imposte da Marchionne in Fiat cosa sono se non un anticipazione del Jobs Act e della legge sulla rappresentanza sindacale? Sicuramente adesso nella fabbrica di Melfi serviva forza-lavoro e quindi le assunzioni ci sarebbero state comunque, ma non crediamo che questa coincidenza con l'approvazione dei decreti attuativi del Jobs Act sia casuale come dice Landini. Del resto è nota la piena sintonia tra Renzi e Marchionne.
Sicuramente non è una coincidenza l'invio, proprio in questi giorni, di lettere di minaccia ai lavoratori da parte delle direzioni aziendali della Sevel di Atessa (gruppo FCA) e alla Piaggio di Pontedera. Praticamente con una lettera personale s'“invita” chi ha avuto delle assenze sopra la media, seppur legittime, (sono costrette ad ammettere in entrambe le lettere che sembrano scritte dalla stessa mano) a fare meno assenze pena gravi conseguenze “in merito alla prosecuzione del suo rapporto di lavoro con la nostra società” minaccia la Sevel. Mentre la Piaggio chiama in causa la crisi economica capitalistica: “il difficile contesto economico che caratterizza i mercati in cui opera la nostra azienda impone l’adozione di adeguate misure di correzione degli abusi”. Cosa sono questi se non anticipi di Jobs Act?
Vedremo se Landini, magari aspirando alla segreteria della Cgil o a diventare il capo di una formazione politica a sinistra del PD, ammorbidirà il suo atteggiamento verso il modello Marchionne e il Jobs Act, che sono due facce della stessa medaglia, oppure tornerà ad essere tra i maggiori oppositori delle nuove relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano e dell'affossamento da destra del diritto del lavoro borghese.
 

21 gennaio 2015