Prima scortati dalla polizia poi bloccati dalla Digos per impedir loro di raggiungere il Quirinale
Protestano a Roma i licenziati Fiat di Pomigliano
E' arrivata fin sotto il Quirinale la protesta dei lavoratori di Pomigliano licenziati dalla Fiat. Una protesta che viene da lontano perché la Fiat, ora FCA, sono anni che in questo stabilimento sta mettendo in atto una repressione degna degli anni '50, quando sotto la presidenza di Valletta si licenziavano gli operai comunisti e si mettevano in appositi reparti confino i lavoratori più sindacalizzati e meno docili di fronte ai diktat dell'azienda.
Stiamo parlando dell'iniziativa dei 5 lavoratori licenziati perché nel giugno 2014 avevano messo in atto davanti allo stabilimento della Fiat di Nola e alla sede Rai di Napoli, una protesta a seguito del suicidio di un' operaia. Davanti ai cancelli era stato appeso un manichino con la faccia di Marchionne che simulava una impiccagione con la scritta "Mi ammazzo. Perdonatemi per tutti quegli operai che si sono suicidati", seguita da tanto di veglia funebre. Una denuncia delle condizioni di lavoro ed economiche, delle pressioni psicologiche che sono costretti a subire gli oltre 300 dipendenti del polo logistico di Nola dove sono confinati gli operai più sindacalizzati e/o con ridotte capacità lavorative, dove si sono verificati 4 suicidi, quelli si veri, e numerosi altri tentati.
Per questa manifestazione simbolica sono stati licenziati in tronco per rappresaglia dalla Fiat. Gli operai hanno fatto ricorso al tribunale di Nola ma l'udienza è stata fissata dopo un anno nonostante la legge Fornero preveda un tempo massimo di 40 giorni. I lavoratori giunti a Roma denunciano: “dal mese prossimo saremo senza sussidio di disoccupazione, 650 euro al mese. Marchionne può permettersi di aspettare, noi no....vorremmo che il presidente Mattarella si facesse sentire”.
Proprio in concomitanza con il giuramento a Montecitorio del nuovo presidente della Repubblica, il democristiano doc Sergio Mattarella, Marco Cusano, uno dei 5 operai licenziati, si “autocrocifiggeva” davanti ai cancelli dello stabilimento FCA di Pomigliano d'Arco. Una denuncia del Jobs Act che sacrifica e uccide i lavoratori per favorire i padroni nello sfruttamento della mano d'opera. Sulla croce, al posto della scritta INRI, era appeso un cartello con la scritta “Jobs act é la fine dei diritti”. “Noi non ci stiamo a restare su questa croce – ha detto prima di scendere – e domani andremo davanti al Quirinale per chiedere al neopresidente della Repubblica di essere ricevuti e chiedergli di difendere davvero i più deboli”.
Così il 4 febbraio i 5 lavoratori, tutti aderenti al “Comitato di Lotta Cassintegrati e Licenziati Fiat”, uno dei quali esponente dei Cobas, sono partiti prestissimo da Napoli alla volta di Roma, un viaggio che non hanno potuto fare da soli ma scortati dalla polizia. Arrivati nel Lazio agli agenti napoletani sono subentrati quelli romani, come se dovessero tenere a bada dei “pericolosissimi delinquenti”. Fino a che, a 300 metri dal Quirinale sono stati bloccati dalla Digos, e solo dopo un lungo tira e molla hanno potuto consegnare la loro lettera all'ufficio di Mattarella.
Una vera e propria provocazione, un episodio che rappresenta efficacemente il distacco delle istituzioni borghesi dai bisogni dei lavoratori e delle masse popolari e l'atteggiamento repressivo usato dal governo, già sperimentato con le manganellate ai lavoratori delle acciaierie di Terni. In questo caso l'arroganza governativa è stata più simbolica che fisica, ma soltanto perché la situazione (una piccola delegazione composta da alcuni operai) non lo richiedeva. Una chiara rappresentazione della natura di classe dello Stato borghese: con il suo governo sta dalla parte di Marchionne e dei padroni e legifera in loro favore, mentre dall'altra tratta i lavoratori che difendono i loro diritti alla stregua di criminali.
Alla fine solo uno dei cinque operai ha potuto varcare la soglia del Quirinale per consegnare la lettera a un funzionario, mentre gli altri 4 sono stati bloccati. Nella missiva, firmata da vari sindacati “di base” e associazioni, si chiede a Mattarella di sostenere i 5 lavoratori, ossia la loro richiesta di udienza immediata per poter essere reintegrati al lavoro ma anche quella di tutti coloro si trovano nella stessa posizione. Il Comitato disoccupati e licenziati Fiat chiede anche la chiusura del reparto confino di Nola e la riassunzione di tutti gli attuali 316 dipendenti nello stabilimento di Pomigliano.
Mentre a Roma veniva consegnata la lettera a Mattarella in Campania proseguiva la mobilitazione e la lotta, con volantinaggi e sit-in davanti ai cancelli degli stabilimenti FCA in provincia di Napoli.
11 febbraio 2015