Intervenendo alla conferenza per il rilancio economico dell'Egitto
Renzi preme per intervenire subito in Libia
Il nuovo Berlusconi è innamorato e in combutta col golpista al Sisi per combattere lo Stato islamico
Il 13 marzo, unico tra i leader europei, Renzi è volato a Sharm el Sheikh per intervenire alla Conferenza per lo sviluppo economico dell'Egitto, allo scopo di stringere ancora di più il rapporto esclusivo che coltiva da tempo col dittatore egiziano Abdel Fattah al Sisi, sia per favorire gli interessi del capitalismo italiano in quel paese, ma anche per cercare il suo appoggio ad un intervento diretto dell'Italia nella crisi libica con l'autorizzazione dell'Onu.
Alla conferenza, organizzata da al Sisi per trovare almeno 12 miliardi di dollari di finanziamenti per la stremata economia egiziana, partecipavano 1.800 delegazioni di oltre 70 paesi, tra cui anche quella dell'Eni che – ha annunciato Renzi – era in procinto di firmare un accordo “da un miliardo di euro”. Renzi era l'unico leader europeo - invitato o autoinvitato che fosse - a partecipare all'evento accanto agli invitati mondiali più di peso alleati dell'Egitto e/o interessati alla crisi libica, come il segretario di Stato Usa John Kerry, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e i rappresentanti di Arabia saudita, Emirati arabi e Turchia. Questo era il suo terzo incontro col nuovo rais egiziano, dopo quello dello scorso agosto al Cairo e quello di Roma a novembre, nei quali i due avevano gettato le basi di un “feeling” del tutto speciale.
Nel suo intervento Renzi, alla maniera di Berlusconi con Gheddafi, non si è vergognato di sfoggiare ed esaltare pubblicamente questo suo vero e proprio innamoramento per il generale golpista, confermandogli il pieno ed incondizionato appoggio del governo italiano alla sua ferrea e violenta dittatura militare, persino più di quanto lo stesso Kerry si sia sentito di fare ufficialmente, dichiarando che “il popolo americano condivide i problemi della sicurezza e dello sviluppo economico dell'Egitto”.
“Sosteniamo – ha detto infatti senza pudore il Berlusconi democristiano rivolto al padrone di casa - la sua visione, la sua lotta alla corruzione e il suo lavoro per la stabilità. L'Egitto può andare avanti in un processo di consolidamento istituzionale. L'Egitto affronta le crescenti minacce del terrorismo, rimanendo attaccato al rispetto della libertà. La stabilità dell'Egitto è la nostra stabilità, non soltanto per questa area del mondo. Apprezziamo la leadership e la saggezza di al Sisi, soprattutto per quanto riguarda la Libia. Rinnovo l'impegno dell'Italia a lavorare con lei per portare avanti una soluzione alla crisi siriana e alla crisi libica”. Uno sfacciato appoggio, quello di Renzi, al golpe militare e al governo fascista imposti da al Sisi al popolo egiziano, che aveva invece versato il sangue in nome della libertà e della democrazia. E una patente democratica offerta al successore ed emulo di Mubarak, oltreché un incoraggiamento alla sua politica espansionista regionale in Libia.
Ma anche in vista dei lauti affari che si prospettano per il capitalismo italiano col nuovo regime che promette il ritorno alla “stabilità” in Egitto. Non a caso Renzi ha voluto sottolineare che era lì in rappresentanza di “un Paese che ha un rapporto storico con l'Egitto”, che i due paesi “sono custodi di uno spazio unico” e che “nessun uomo d'affari, nessuna impresa italiana ha lasciato l'Egitto” dopo la crisi del 2011: “La nostra amicizia è diventata la nostra partnership anche per l'economia, l'Italia svolge un ruolo importante per l'Egitto nell'energia, nei trasporti, nel petrolchimico, nel sistema bancario. Ora è giunto il momento che la nostra presenza aumenti sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi. Per questo dobbiamo combattere insieme contro i rischi dell'instabilità”, ha aggiunto Renzi, che in questo quadro ha anche invitato al Sisi in Italia per l'Expo 2015.
Ma è soprattutto sulla Libia che il Berlusconi democristiano ha insistito nel suo discorso, cercando l'asse con al Sisi e il suo appoggio per un intervento coordinato contro il comune nemico, lo Stato islamico: “La priorità in Libia è intervenire prima che l'IS occupi in maniera sistematica non luoghi piccoli e sporadici, ma una parte più vasta del paese”, ha detto infatti ribadendo che “è normale che ci siano diverse sensibilità a tutti i livelli, ci sono anche all’interno delle istituzioni Onu. Ma con Sisi siamo d’accordo sul fatto che la lotta al terrorismo è la priorità”. E ha aggiunto significativamente che col rais egiziano “c’è condivisione ampia sulla necessità di un intervento rilevante in Libia, da realizzare a partire dagli sforzi diplomatici dell’Onu”.
“Quello in corso non è uno scontro di civiltà”- ha concluso il premier italiano – ma la lotta del mondo civilizzato contro pochi estremisti che nulla hanno a che fare con la religione. Il messaggio è che siamo forti, siamo più forti di loro, risoluti nel varare un luogo di pace, di libertà e prosperità per tutti. Questo è il messaggio di Sharm el-Sheikh”.
Renzi insomma smania per intervenire militarmente in Libia, ed è alla ricerca di chi lo appoggi sia in sede Onu sia nella regione, come dimostrano ultimamente il blocco navale attuato davanti alle coste libiche travestito da “esercitazione”, ma in evidente preparazione di un attacco, e la visita a Putin, anch'egli in ottimi rapporti con i generali egiziani e interessato a giocare un ruolo nella crisi libica. Nonché l'incontro che Renzi avrà a breve con Obama, sempre in ordine alla situazione in Libia. L'Egitto rappresenta per lui l'alleato principale nella regione su cui puntare, perché non solo al Sisi è da tempo il suo interlocutore privilegiato in Nord Africa, come lo era Gheddafi per Berlusconi, ma perché l'Egitto è già presente militarmente in Libia con i suoi bombardamenti contro l'IS, ed entrambi – Italia ed Egitto - appoggiano il governo filo occidentale di Tobruk. Anche se Roma, a differenza del Cairo, tratta contemporaneamente col governo di Tripoli, ostile a quello di Tobruk e inviso ad al Sisi, ma considerato essenziale avere dalla propria parte perché governa la regione proprio di fronte alle coste italiane.
18 marzo 2015