Effetto del patto del Nazareno
Mediaset all'assalto delle torri della Rai
Se Mondadori si impossessa di Rizzoli, Berlusconi monopolizzerebbe il 40% del mercato dei libri
“Non bisogna dimenticare che 'il dissolvimento della Rai in nome della libertà di antenna' è uno dei punti principali del 'Piano di rinascita democratica' della P2 di Gelli, portato avanti da Craxi e da Berlusconi, e ora evidentemente da Renzi, che intende realizzarlo definitivamente. Cedere le torri di trasmissione sarebbe per la Rai pubblica come per le ferrovie vendere i binari (…). Una volta che la rete dei trasmettitori fosse in mano ai privati, e in particolare a Mediaset, che già sta facendo incetta di ripetitori sul mercato, sarebbe materialmente impossibile assicurare la sopravvivenza di una Rai pubblica, e a quel punto si aprirebbe la strada al suo smembramento per essere svenduta a pezzi sul mercato”.
Così scrivevamo su “Il Bolscevico”, commentando lo sciopero dell'11 giugno 2014 dei lavoratori della Rai contro la decisione di Renzi di tagliare 150 milioni di finanziamenti alla radiotelevisione pubblica e di obbligarla a vendere sul mercato Ray Way, la sua rete nazionale di trasmettitori e ripetitori. Non ci voleva certo la palla di cristallo per capire che a questo mirasse il piano del Berlusconi democristiano, chiaramente previsto nelle clausole segrete del patto del Nazareno stretto pochi mesi prima col delinquente di Arcore. Dopo la quotazione in Borsa di Ray Way e la vendita sul mercato del 35% dell'azienda, avvenuta lo scorso settembre, l'assalto di Mediaset alle torri della Rai era solo questione di tempo.
E infatti si è puntualmente verificato il 25 febbraio scorso, con il lancio da parte di Ei Towers, la società di Berlusconi che gestisce la rete di torri che trasmettono i segnali delle tv del Biscione, di un'Opas (offerta pubblica di acquisto e scambio di azioni) per acquistare il 100% di Ray Way, o in subordine il 66,7%: ciò che garantirebbe comunque a Mediaset il pacchetto di maggioranza della rete pubblica e, di conseguenza, il monopolio dell'intera rete di trasmissioni in Italia, ad esclusione (per ora) solo di quella di proprietà della Telecom.
Le bugie “rassicuranti” di Renzi
Naturalmente da parte del governo, del ministero del Tesoro (a cui fa capo la Rai) e della stessa direzione della Rai, si è subito provveduto a spargere dichiarazioni “rassicuranti” sul mantenimento del controllo pubblico di Rai Way. Ma che a ben vedere rassicuranti non lo sono per nulla, e lasciano anzi molti interrogativi e presentano ampi margini di ambiguità. Un comunicato di Palazzo Chigi ricordava che il decreto della presidenza del Consiglio del 2 settembre che accompagnava la quotazione in Borsa di Rai Way prevedeva anche “l'opportunità di mantenere, allo stato (cioè in quel momento, ndr), in capo a Rai, a garanzia della continuità del servizio erogato da Rai Way e Rai medesima, una quota di partecipazione sociale nel capitale di Rai Way non inferiore al 51%”. lo stesso Renzi vi aveva fatto riferimento con i giornalisti per dimostrare che il governo è intenzionato a mantenere la maggioranza azionaria e quindi il controllo di un settore strategico come Rai Way in mano pubblica, e che l'Opa lanciata da Mediaset doveva essere considerata solo “un'operazione di mercato, e non politica”. Anzi, l'interessamento di Mediaset dimostrava proprio che il governo aveva avuto ragione a mettere sul mercato Rai Way, le cui azioni (come quelle di Mediaset, ndr) erano subito schizzate in alto dopo l'annuncio, per cui era la prova che la collocazione in Borsa era stata un successo: comunque “Il governo ha messo delle regole e non intende modificarle”, aveva tagliato corto ai dubbi e alle polemiche il premier.
Ma, come abbiamo ben imparato, il nuovo Berlusconi è un bugiardo di prima grandezza, e infatti le cose non sono così rassicuranti come vuol farci credere. Innanzi tutto il passo citato che fisserebbe la golden share
del 51% allo Stato non è scritto nel decreto, ma solo nel preambolo al decreto, e dunque è giuridicamente assai debole. Inoltre valeva “allo stato”, cioè non esclude possibili cambiamenti futuri. Inoltre nel prospetto informativo inviato alla Consob (la società che controlla la regolarità delle operazioni di Borsa) per ottenere il via libera al collocamento, si dice che previa autorizzazione del governo la Rai può avvalersi anche di società “controllate” ma anche “partecipate” per lo svolgimento del servizio pubblico. Dunque il governo aveva lasciato volutamente aperta la porta all'ingresso di “soggetti esterni”, e c'è quindi ampia materia, per il potente staff legale del Biscione, per contestare un eventuale respingimento dell'Opas. Come del resto ha spiegato dettagliatamente anche il quotidiano filoberlusconiano “Libero”, secondo il quale il Cda della Rai potrebbe essere citato per false comunicazioni sociali, omesse informazioni e ostacolo all'attività di vigilanza della Consob.
Il vero obiettivo di Berlusconi
Ma anche ammesso che il governo voglia davvero tenersi il 51% del capitale di Rai Way, cosa a cui nessuno crede veramente, ciò non vuol dire di per sé che sarebbe assicurato il controllo pubblico della società, tutt'altro. Se infatti Mediaset si “accontentasse” del 49%, lo Stato (cioè la Rai facente capo al ministero del Tesoro) avrebbe la maggioranza nelle assemblee ordinarie, ma non in quelle straordinarie, quelle cioè dove si prendono le decisioni più importanti e strategiche, per le quali è richiesta la maggioranza dei due terzi (66,7%). Anzi, siccome adesso la Rai ha solo il 65%, a Berlusconi basterebbe comprare il restante 35%, o anche solo il 33,4% per costituirsi in minoranza di blocco e impedire qualsiasi decisione a lui non gradita.
Si formerebbe così una gestione dualistica di fatto che al delinquente di Arcore basterebbe e avanzerebbe per i suoi interessi strategici imprenditoriali e politici. Anche perché non va dimenticato che nella Rai – Nazareno o no – c'è sempre anche lui, e con tutti e due i piedi. Infatti controlla direttamente almeno tre membri dell'attuale Cda: Rodolfo De Laurentiis, ex casiniano subito convertito al berlusconismo, Guglielmo Rosita e Antonio Verro (quello che nel 2011 gli aveva inviato un fax per segnalargli le 8 trasmissioni Rai “ostili” al suo governo da sabotare o normalizzare); più c'è Antonio Pilati, oggi riposizionato su Renzi, ma pur sempre l'ispiratore e l'estensore materiale della legge Gasparri. Per non parlare dei plotoni di funzionari, giornalisti e annunciatori/trici che devono a lui le loro fortune e il lauto stipendio. La ministra allo Sviluppo economico, che ha anche la delega alle telecomunicazioni, l'ex presidente dei giovani di Confindustria, Federica Guidi, è una nota berlusconiana di ferro, messa lì non a caso da Renzi. Inoltre, anche se non le controlla più direttamente come ai bei tempi dei suoi governi, gode tutt'ora di forti appoggi nelle Authority per le comunicazioni (Agcom) e i monopoli (Antitrust).
Non a caso, nel lanciare l'Opa su Rai Way, pur rivendicandone il 100% o almeno il 66,7%, Ei Towers ha specificato che “l'offerente potrà rinunciare a una o più delle condizioni di efficacia dell'offerta, ovvero modificarle, in tutto o in parte”, lasciando così la porta aperta anche all'acquisto di una quota di minoranza sufficiente ad acquisire poteri di blocco e quindi di gestione di fatto paritaria della società. Sotto questa luce l'aver lanciato in pompa magna un'Opas sul 100%, o il 66,7% di Rai Way, sapendo benissimo che il Tesoro detiene solo il 65% e non può scendere sotto il 51%, acquista un senso: fingere di puntare ad un obiettivo troppo alto e troppo allarmante per coprire e farne accettare meglio all'opinione pubblica un altro “più basso” (ammesso che mettere le mani sul 49% dei 2.300 ripetitori della Rai possa considerarsi “basso”); e al tempo stesso fornire a Renzi un alibi perfetto per fare entrare il delinquente di Arcore vantandosi in pubblico di averlo stoppato. Non a caso la direzione della Rai, pur spiegando alla Consob che l'offerta Mediaset è da considerarsi “ostile” e “non può essere presa in considerazione”, mantiene sostanzialmente un atteggiamento attendista. Mentre Renzi tace e Padoan si limita a dire, non che “non tratto con Mediaset” (come è stata titolata la sua intervista dal “Corriere della Sera”), ma che “non gli risulta ci siano trattative in corso”. Del resto perché sennò Mediaset non ha ritirato subito l'offerta e continua a tenerla aperta nonostante il profluvio di polemiche e smentite e nonostante anche le osservazioni negative e le richieste di chiarimenti dell'Antitrust?
Un piano preparato da tempo
Questo aspetto, a parte forse solo l'ex editorialista economico del CdS
, oggi senatore (non renziano) del PD e presidente della Commissione industria del Senato, Massimo Mucchetti, e il solito Marco Travaglio, è stato volutamente ignorato dagli editorialisti dei grandi quotidiani borghesi, in particolare dal megafono renziano “La Repubblica”, che ha preferito interpretarlo come un “avvertimento” a Renzi dopo la fine del patto del Nazareno, e baggianate simili. Lo scopo è nascondere invece proprio il fatto che il patto del Nazareno è sempre vivo e vegeto anche sottotraccia, e le sue decisioni ispirate al piano della P2 si vedono anche in questa vicenda di Rai Way; come anche del resto nella contemporanea vicenda del varo della legge sulla responsabilità civile dei giudici.
D'altra parte questo assalto a Rai Way non cade come un fulmine a ciel sereno, ma è stato preparato meticolosamente e da tempo. In particolare con la fusione, quasi quattro anni fa, che fu coperta scandalosamente da Agcom e Antitrust, tra Elettronica Industriale, proprietaria delle torri Mediaset, e l'operatore indipendente Dmt, ciò che portò la rete di ripetitori del Biscione quasi alla pari con Rai Way. La seconda tappa dell'operazione è stata appunto la mossa dell'anno scorso di Renzi di strangolare finanziariamente la Rai e costringerla a mettere sul mercato le sue torri. E la terza e ultima fase preparatoria è stata la recente vendita da parte della famiglia Berlusconi di una parte minoritaria delle quote di Mediaset, ciò che gli ha permesso di realizzare la necessaria liquidità per mettere sul piatto 1,2 miliardi per mangiarsi i ripetitori pubblici.
Operazione che se andasse in porto, specie se poi nell'affare entrasse anche Telecom con le sue torri telefoniche, creerebbe una situazione senza precedenti in Europa, con lo stesso soggetto che controllerebbe l'80% della pubblicità e quasi il 100% dell'offerta televisiva terrestre; più il 100% della rete nazionale di comunicazioni, che negli altri paesi è tenuta invece rigorosamente separata. Un soggetto per di più in flagrante conflitto di interessi politico e coinvolto in vari processi, che potrebbe mettere le mani su servizi delicati come le intercettazioni giudiziarie che transitano sulle torri della Rai e della Telecom.
Perfino la non certo considerata ostile Antitrust ha dovuto prendere atto di un tale pericoloso scenario, aprendo un'istruttoria tutt'ora in corso sulla vicenda ed emettendo un giudizio preliminare in cui si sottolinea il pericolo che l'operazione potrebbe “eliminare l'unico concorrente nazionale” di Mediaset, e che i due operatori insieme andrebbero a coprire oltre due terzi della quota di mercato.
Scelta sapiente del momento adatto
E poi, è solo una coincidenza temporale che l'operazione Rai Way sia venuta a cascare proprio mentre Renzi sta per mettere mano alla “riforma” della Rai? E mentre sta trattando con Telecom per stabilire insieme gli investimenti per la banda larga a fibra ottica (in ballo ci sono 6,5 miliardi di investimenti pubblici), tecnologia che vuole assolutamente far sostituire alla vecchia rete telefonica cablata in rame? Telecom, che come è ben noto è da tempo nel mirino di Berlusconi, e che a causa degli enormi debiti è anche molto scalabile. Ed è ancora solo un'altra coincidenza che il finanziere francese Bolloré, vecchio amico di Berlusconi, abbia aumentato proprio di recente la sua quota in Vivendi, la società francese che sta per entrare in forze nel più importante gruppo italiano di telecomunicazioni? Tutto è in movimento, la vecchia tv generalista su cui Rai e Mediaset ancora si basano è in declino, mentre avanzano nuove e più evolute offerte come i programmi via cavo e via Internet. Lo scenario delle comunicazioni sta cambiando rapidamente, e si sa che chi controlla le comunicazioni controlla il Paese. E un fatto è poco ma sicuro: Berlusconi vuol essere e sarà della partita, grazie ai suoi soldi, ma anche a Renzi e alla P2.
E per di più, quasi contemporaneamente all'offensiva nelle comunicazioni, il magnate della Fininvest ne ha lanciata un'altra nel campo editoriale, lanciando un'offerta d'acquisto della Mondadori per il totale dei libri della Rizzoli (Rcs Libri), per un valore nominale di 200 milioni e reale di almeno 120/150. Soldi che fanno molto gola al management e ad una parte del Cda di Rcs Libri, società attualmente indebitata fino al collo con le banche. Un'altra operazione strategica che se andasse in porto concentrerebbe nelle mani dell'impero di Arcore il 40% del mercato dei libri in Italia, cancellando tutta una serie di piccole case editrici storiche e portando anche in questo campo ad una situazione di monopolio senza precedenti in Europa. Soprattutto nel mercato dei testi scolastici, nel quale il nuovo polo editoriale assumerebbe una posizione assolutamente predominante. Per il momento l'operazione è congelata, in attesa del rinnovo del Cda di Rcs Libri ad aprile, ma comunque l'offerta della Mondadori ha già ottenuto diritto di precedenza dall'attuale Cda, nonostante che diversi azionisti – tra cui Della Valle, Pirelli, Cairo e altri - si siano dichiarati contrari alla svendita dei “gioielli di famiglia” alla Fininvest per fare cassa.
Se Renzi volesse fermare l'espansionismo vorace di quest'ultima, basterebbe semplicemente fare finalmente una seria legge sul conflitto di interessi e abolire la legge Gasparri, che consente impunemente a Berlusconi di sommare le quote di mercato della tv con quelle dell'editoria e dei giornali senza superare i tetti stabiliti da quella infame legge ad personam
. Ma si capisce benissimo, dalla sfrontatezza con cui il pregiudicato è entrato a piedi uniti nelle partite Rai, Telecom e Rizzoli, invece di tenere un profilo basso, che è più che sicuro che Renzi non ha nessuna intenzione di farlo. Perché, almeno finché avrà bisogno di lui per portare avanti le sue “riforme” liberiste, antioperaie e piduiste, il codice a cui attenersi sarà sempre quello del Nazareno.
18 marzo 2015