Per colmare il gap con l'imperialismo russo e per avere un ruolo mondiale adeguato alla sua potenza economica
L'UE imperialista comincia a pensare in concreto a un unico esercito europeo
Juncker ha lanciato l'idea, subito raccolta dalla Merkel

 
Serve un esercito comune per i 28 Paesi dell'Unione europea (Ue) anche per far capire alla Russia e a chiunque rappresenti una minaccia “che siamo seri nel sostegno dei nostri valori” ha affermato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in una intervista pubblicata l'8 Marzo dal domenicale tedesco Welt am Sonntag . La Nato da sola non è sufficiente, aggiungeva Juncker in quanto non tutti i paesi membri fanno anche parte dell’Unione. A dire il vero l'argomento militare non sarebbe direttamente di competenza della Commissione europea ma se Juncker ha voluto riaprire un dibattito fermo da tempo, per la fine della “guerra fredda” e per la crisi economica che negli ultimi anni ha limitato le risorse dei paesi destinate agli armamenti, vuol dire che l'imperialismo europeo ha deciso di ripartire e cominciare a pensare in concreto a un unico esercito europeo, strumento indispensabile per colmare il gap col vicino imperialismo russo che ha ripreso a far rullare i tamburi nella crisi ucraina e più in generale per poter avere un proprio ruolo mondiale adeguato alla sua potenza economica, non più e non solo a rimorchio dell'imperialismo americano.
“Un esercito di questo tipo - ha appunto affermato Juncker - dichiarerebbe al mondo che non ci sarà mai più una guerra tra paesi Ue, ci aiuterebbe a costruire una politica di difesa e di sicurezza comune, e ad assumere tutti insieme le responsabilità dell'Europa nel mondo”. Con il suo esercito comune l'Europa potrebbe reagire in maniera credibile ad una minaccia contro la pace nel vecchio continente, aggiungeva il presidente della Commissione, “un esercito unico europeo manderebbe un chiaro messaggio alla Russia che noi europei siamo seri nel sostegno dei nostri valori”.
Nell'ambito dei compiti che Juncker assegna alle forze armate europee è evidente che non sono sufficienti i limitati contingenti attualmente disponibili come forza di reazione rapida guidati a rotazione dai paesi membri. Questi servono al massimo per interventi “ridotti” fuori dal territorio europeo come quelli in corso in Bosnia dal 2004, in Somalia dal 2010, in Mali dal 2013 e nella Repubblica Centrafricana dal 2014.
Forse il fatto che l'intervista sia stata rilasciata a un gornale tedesco non è del tutto casuale dato che la proposta di Juncker è stata subito sostenuta dal ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen che a una trasmissione radiofonica affermava che “il nostro futuro di europei esigerà che un giorno ci dotiamo anche di un esercito comune”. E a seguire dal presidente della Commissione Affari Esteri del parlamento di Berlino Norbert Röttgen che affermava “il tempo è arrivato per mettere in pratica i piani per creare un esercito comune europeo; le nostre capacità difensive rimarranno inadeguate dal punto di vista della sicurezza fino a quando avremo eserciti di stati separati, che per lo più acquistano le stesse cose”. Fino alla cancelliera Angela Merkel, attraverso la sua portavoce Christiane Wirts, che si è detta aperta a un progetto che resta per ora nel futuro. Anche per la cancelliera "si dovrebbe approfondire la collaborazione militare". L'esercito europeo diventerebbe la via di uscita per giustificare il riarmo della Germania, ancora legata ai vincoli del dopoguerra, e per garantire a Berlino l'indubbio ruolo egemone che per il suo peso politico e economico avrebbe anche in campo militare nella superpotenza imperialista europea. Ruolo che altrimenti potrebbe conquistarsi con più difficoltà a fronte del peso militare delle potenze atomiche Francia e Gran Bretagna.
L'idea di Juncker ha trovato freddezza nell'altra sponda dell'Atlantico. L'imperialismo americano sta perdendo progressivamente il suo ruolo egemone mondiale, sempre più debole sul piano economico ma tiene duro su quello militare e un nuovo concorrente, seppur in casa come quello europeo non piace a Washington. Che non intende rinunciare al bastone del comando tramite la Nato. Gli Usa durante l’ultimo vertice dell’Alleanza a Newport in Galles hanno imposto che tutti i paesi membri sborsino un opportuno contributo economico per sostenere la realizzazione di basi militari permanenti in cinque paesi dell’Europa Orientale, il rafforzamento della forza di reazione rapida e un aumento delle spese militari; tutti impegni per la difesa nell’ambito degli “interessi comuni nella sfera della sicurezza”. L'Europa si poteva riarmare, anzi doveva, ma quale pilastro della Nato e non certo per conto proprio.
Su questa linea ha finora trovato una sponda nella Gran Bretagna, e Londra resta dalla sua parte. Al fronte pro Nato si aggiungeva al momento la Polonia che è diventata l'alleato più decisamente schierato con la Casa Bianca soprattutto in merito all'intervento nella crisi ucraina a favore del riarmo di Kiev. Il governo polacco esprimeva il 9 marzo il proprio “scetticismo” sull’ipotesi di un rafforzamento dell’esercito europeo, sottolineando per l'appunto la necessità di “rafforzare” invece l'Alleanza atlantica, definita come migliore “garante della sicurezza in Europa”. Il Presidente del Consiglio della Sicurezza Polacco, il generale Stanislaw Koziej affermava che “è una bella idea ma non ha chance di essere messa in pratica. Oggi abbiamo due obiettivi concreti: rafforzare le capacità della Nato a Est e mettere in pratica le decisioni di Newport", e aggiungeva che “in Europa, nessun paese pensa di privarsi della propria sovranità”. Tanto che l’attuale presidente di turno dell’Unione Europea, il polacco Donald Tusk, è già volato a Washington, sembra senza neppure consultarsi con i partners europei, a chiedere più armi, mezzi corazzati, artiglieria e sistemi anticarro per fronteggiare il “pericolo” Putin.

25 marzo 2015