Alla mercé dei caporali e del lavoro nero
Sfruttati nei campi ragazzini tra i 10 e 14 anni in Sicilia
12 ore al giorno per 20 euro
Lo sfruttamento capitalistico non conosce limiti
Nell'Italia di Renzi ci sono ragazzini figli di immigrati tra i 10 e i 14 anni, che anziché frequentare la scuola dell'obbligo, vengono costretti al lavoro nei campi siciliani come raccoglitori insieme ai loro genitori, vittime a loro volta dello sfruttamento del caporalato.
Questo scandalo accade in Sicilia ed è stato documentato dalla Flai Cgil, la Federazione Italiana Lavoratori Agroindustria, che ha prodotto insieme alla Cgil un documentario di 23 minuti intitolato Terranera presentato in anteprima lo scorso 12 marzo a Catania.
Il film, che tratta in generale del fenomeno dello sfruttamento del lavoro e del fenomeno del caporalato, mostra sequenze nelle quali si vedono radunarsi nelle piazzole di raccolta della manodopera destinata ai campi anche ragazzini dai 10 ai 14 anni che poi salgono insieme ai lavoratori adulti nei furgoni dei caporali.
Il filmato è stato realizzato nelle campagne del catanese, in modo particolare gli autori hanno registrato immagini e testimonianze nelle piazzole di raccolta degli immigrati, dove avviene la selezione da parte dei caporali, dei paesi di Paternò, Adrano, Acireale e Aci Catena.
Le modalità di sfruttamento cui sono sottoposti i migranti, in buona parte irregolari, che vivono in Sicilia sono più o meno simili a quelle che si registrano in altri territori ad alta intensità agricola, dalla Calabria alla Puglia, e si sostanziano in 12 ore al giorno pagate per un adulto al massimo 30 euro giornalieri, che tuttavia, nonostante il lavoro sia in nero, sono lordi in quanto un minimo di 5 euro va al caporale che pretende tale somma per far salire sul furgone il lavoratore.
I ragazzi, con il pretesto che producono di meno, ricevono una paga giornaliera non superiore ai 20 euro e sono costretti a lavorare anche loro 12 ore in quanto i caporali fanno solo due viaggi con il loro furgone, uno la mattina presto per portare al lavoro gli operai e l'altro la sera per riportarli nella piazza da cui erano partiti la mattina.
Oltre ai danni psicofisici che questi ragazzini figli di migranti riportano a causa dello svolgimento di attività prolungate, faticose e assolutamente inadatte alla loro età, subiscono l'ulteriore, e alla lunga più deleterio, svantaggio dato dalla mancata frequenza scolastica e dai conseguenti problemi di integrazione sociale e culturale con il resto della società.
Senza la lotta di classe il proletariato regredisce nei suoi diritti di decenni e anche di secoli, e anche i suoi figli vengono stritolati dallo sfruttamento capitalistico e dell'ignoranza, come spiegava bene Engels che nel 1845, 170 anni fa esatti e tre anni prima della stesura del Manifesto del Partito Comunista insieme a Marx, conduceva una lucida e spietata analisi scientifica sulle condizioni della classe operaia in Inghilterra a partire dal 1760 circa e, tra l'altro, fu testimone oculare anche del più brutale sfruttamento del lavoro minorile, tanto da concludere che il capitalista che utilizza il lavoro operaio "non s'arresta fino a che rimane un muscolo, un nervo, una goccia di sangue da sfruttare"
(Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, Editori Riuniti, 1978).
25 marzo 2015