La corruzione avrà libero corso
Un pannicello caldo sul falso in bilancio
A giudicare dalle ultime vicende che hanno caratterizzato la discussione dell'emendamento del governo al cosiddetto disegno di legge anticorruzione, depositato due anni fa da Piero Grasso e insabbiato in Commissione giustizia della Camera, pare proprio che i ladri, corrotti e corruttori che affollano le istituzioni parlamentari borghesi a tutti i livelli, possono continuare industurbati a svolgere la loro “professione di mariuoli” con la certezza di non essere quasi mai scoperti e tantomeno condannati per le loro ruberie.
Sull'onda dell'indignazione popolare suscitata dalle recenti vicende corruttive: Mose, Expo, Mafia Capitale, tanto per citare i casi più clamorosi, il Berlusconi democristiano Renzi ha ripetutamente promesso l'approvazione in tempi celeri del cosiddetto disegno di legge anticorruzione che invece, a giudicare dagli ultimi sviluppi che ha subito l'iter parlamentare, rischia di essere rimandato alle calende greche e di favorire addirittura le società che falsificano i bilanci.
Annunciato dal Guardasigilli Andrea Orlando e dal vice ministro Enrico Costa come frutto di un faticoso accordo interno alla maggioranza l’emendamento governativo al ddl anticorruzione ha finito invece per spaccare la maggioranza ed è stato approvato il 3 marzo dalla Commissione con il voto favorevole di Pd, Sel e Scelta Civica, contrari FI e NCD, astenuto il M5S. La spaccatura in seno alla maggioranza di governo ha prodotto l'immediato slittamento dell'approdo in Aula del disegno di legge. Tempi che, nonostante le promesse della ministra Maria Elena Boschi, sono destinati ad allungarsi ulteriormente in quanto, secondo quanto ha riferito il Guardasigilli Orlando l’emendamento governativo “ha ancora bisogno di limature e passaggi istituzionali tra i ministeri di Sviluppo economico, il Mef e quello di Giustizia” e perciò chissà quando vedrà la luce.
Il testo base era stato firmato dai due relatori di maggioranza del provvedimento, Sofia Amoddio (Pd) e Stefano Dambruoso (Sc). L'esecutivo è poi intervenuto sull'art. 161 del codice penale, per innalzare da un quarto alla metà il tempo da calcolare, in aggiunta al massimo della pena, per arrivare alla prescrizione del reato. Modifica che innalza fino a 18 anni il tempo in cui si prescrive il reato di corruzione. In sostanza, se prima della legge Severino il reato di corruzione si prescriveva in 7 anni e mezzo e dopo la Severino in 10, con il nuovo dispositivo ce ne vorrebbero fino a 18.
Per quanto riguarda invece il falso in bilancio, al vaglio della Commissione Giustizia del Senato, siamo di fronte ai classici pannicelli caldi in quanto il nuovo testo, sottoscritto dal Guardasigilli Orlando riduce sia i termini di prescrizione del reato che le pene per le società non quotate in borsa che passano dagli attuali 2-6 anni a 1-5 anni. Un anno in meno che però ha conseguenze devastanti per le indagini in quanto impedisce agli inquirenti di fare uso delle intercettazioni che si possono attivare solo per reati per i quali la pena prevista supera appunto i 5 anni.
Non a caso lo stesso Felice Casson, ex giudice istruttore a Venezia e oggi senatore del Pd, in una intervista a La Repubblica del 4 marzo ha confessato che: “Quando si parla di anti-corruzione, di prescrizione e di falso in bilancio, il Nuovo centrodestra si ritrova automaticamente con Forza Italia. Il governo va in difficoltà e quindi cerca un compromesso” che tra l'altro, ha chiosato ancora Casson “Non mi pare molto onorevole”.
La foglia di fico dietro cui si nasconde la maggioranza per giustificare questo ennesimo regalo di Renzi a Berlusconi sarebbe che il falso è un reato documentale e le intercettazioni non servono. In realtà le statistiche confermano esattamente il contrario e cioè che nella stragrande maggioranza dei casi al falso in bilancio sono spesso collegati molti altri reati ben più gravi che vanno dalla corruzione, alla concussione, dalla turbativa d’asta, alla truffa aggravata ai danni di enti pubblici.
Dunque, se un lato è vero che il falso in bilancio da contravvenzione, com’è per effetto della legge Berlusconi, tornerà ad essere un reato perseguibile d'ufficio con fattispecie perimetrata sul “pericolo” e non sul “danno”, senza più soglie di non punibilità, dall'altro lato è altrettanto vero che il nuovo provvedimento prevede forti attenuanti per le condotte di particolare tenuità e pene differenziate a seconda che si tratti di società quotate in borsa (da 3 a 8 anni di carcere) o non quotate (da 1 a 5). Una beffa se si pensa che le società non quotate in borsa sono la stragrande maggioranza e non sempre si tratta di piccole imprese di tipo familiare. Contro di loro non solo non sarà possibile utilizzare lo strumento delle intercettazioni per comprovare la malafede dell’atto, ma è anche previsto che, nel “malaugurato” caso in cui il reato dovesse essere scoperto e comprovato dai giudici esso si prescriverà in dieci anni per le Spa e in poco più di sei anni (meno della diffamazione a mezzo stampa, tanto per fare un esempio) per le società non quotate in borsa.
Berlusconi e Confindustria che avrebbero preferito anche il mantenimento di una soglia di non punibilità, ringraziano lo stesso!
25 marzo 2015