Approvata dal Senato dopo una vergognosa trattativa tra PD e NCD
La legge anticorruzione di Renzi è una farsa
Ripristinato solo in parte e con molte scappatoie il reato di falso in bilancio abolito da Berlusconi. Aumentate le pene ma respinte tutte le richieste dei magistrati per agevolare le inchieste e i processi per corruzione. Accelerazione del governo per la legge sulle intercettazioni
Il 1° aprile il Senato ha approvato con 165 voti a favore, 74 contrari e 16 astenuti il cosiddetto disegno di legge (ddl) anticorruzione, presentato ad inizio legislatura dal presidente Grasso e fatto proprio dal governo, che aumenta le pene per i reati di corruzione e ripristina il reato di falso in bilancio. Ci sono voluti dunque ben 748 giorni per approvare, e solo in prima lettura, un provvedimento che era nel programma elettorale del PD per le politiche del 2013, mentre in soli pochi mesi è stata presentata dal governo Renzi e approvata in via definitiva la legge sulla responsabilità civile dei magistrati, che non era nemmeno nel programma del PD ma era una rivendicazione storica inseguita per vent'anni dal partito di Berlusconi.
Il ddl anticorruzione, infatti, non era stato presentato dal PD, e nemmeno dal governo Letta, né tanto meno dal governo Renzi, ma dal presidente del Senato Grasso ad inizio legislatura, e solo dopo era stato fatto proprio dall'attuale governo. Che comunque, nella logica del patto del Nazareno, l'aveva tirato per le lunghe il più possibile, rimaneggiandolo fra l'altro al ribasso più e più volte con un'esasperante quanto sconcia trattativa tra il ministro della Giustizia Orlando e il leader NCD Alfano, trattativa in cui entravano anche l'allungamento della prescrizione, il ripristino del falso in bilancio e la legge bavaglio sulle intercettazioni. Ed è solo per causa di forza maggiore, cioè dopo gli ultimi scandali di corruzione in cui sono rimasti invischiati lo stesso governo, con Lupi, e il PD con le cooperative, che per motivi di immagine Renzi si è finalmente rassegnato a sbloccarlo e portarlo in aula per la prima votazione.
Date queste premesse, perciò, la legge appena approvata, oltre che pesantemente depotenziata e rallentata, non poteva che risultare più un provvedimento di facciata che una vera inversione di tendenza nei confronti della corruzione dilagante. Anche perché questa è solo la prima lettura, e non è detto che non venga ulteriormente svuotata nei passaggi successivi in parlamento.
Il vergognoso balletto sul falso in bilancio
É esemplare di quanto detto sopra la vergognosa vicenda dell'articolo che ripristina il reato di falso in bilancio, reato che fu sostanzialmente abolito da Berlusconi nel 2002, depenalizzandolo da penale ad amministrativo, e per di più a querela di parte, e che gli permise non a caso di uscire indenne dal processo Sme in cui fu condannato Previti. Il suo ripristino era da anni nel programma elettorale del PD, eppure è stato presentato solo ora, dopo due anni che il PD è al governo. Per di più l'articolo che avrebbe dovuto ripristinarlo era stato stralciato dal ddl anticorruzione in omaggio ad Alfano (e a Berlusconi finché c'era il patto del Nazareno). Infine è stato più volte annunciato e rimandato per settimane, con il conseguente blocco dell'intero ddl in Senato, perché il governo e il relatore si rimpallavano a vicenda il compito di scriverlo, ed è dovuta scoppiare la bomba dell'inchiesta di Firenze sulle “grandi opere” per costringere Renzi a cessare lo sconcio tira e molla con Alfano e presentare finalmente il testo. Ciononostante, quando si è arrivati al voto in aula, l'articolo è passato per soli tre voti di scarto, e il governo ha rischiato una clamorosa bocciatura anche grazie alle numerose assenze nelle file dello stesso PD. Tanto che a un certo punto la senatrice PD Laura Puppato aveva così commentato: “La maggioranza sta tenendo, ma ad ogni voto segreto si riducono di molto i margini, 40-50 voti spariscono e in alcuni casi la differenza è minima, siamo sul filo di lana”.
E poi, il modo stesso con cui l'articolo è stato formulato, fa capire quanto si tratti di un provvedimento privo di una reale efficacia deterrente nei confronti di chi falsifica i bilanci, e come siano state predisposte tutte le possibili scappatoie giuridiche per far sì che poco o nulla cambi rispetto a quanto aveva fatto Berlusconi: per essere considerata reato perseguibile d'ufficio, infatti, la falsificazione dei bilanci deve essere fatta “consapevolmente”, i fatti materiali non rispondenti al vero od omessi devono essere “rilevanti” e la loro comunicazione deve essere effettuata “in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore”. Materia in abbondanza, dunque, per gli staff legali delle grandi società quotate in Borsa, che anche se ora rischiano fino a otto anni per le false comunicazioni, hanno a disposizione diversi pretesti legali per farla franca. Inoltre le società non quotate in Borsa rischiano solo fino a cinque anni, e questo limite non è stato scelto a caso, perché per reati punibili fino a cinque anni la magistratura non può chiedere le intercettazioni. Se poi le società sono piccole e i fatti sono di “lieve entità”, per i quali le condanne vanno dai sei mesi ai tre anni, niente cambia rispetto alla depenalizzazione berlusconiana.
Sono state aumentate tutte le pene per l'associazione mafiosa e per il reato di corruzione (peculato, corruzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari, corruzione di magistrato e corruzione per induzione), ciò che fa aumentare di conseguenza anche i tempi della prescrizione. E nel reato di concussione, oltre al pubblico ufficiale, viene fatto rientrare anche l'incaricato di pubblico servizio, figura che era stata abolita dalla legge Severino. Inoltre, secondo la proposta Grasso, per la corruzione è stata istituita la nuova figura del “pentito”, che se collabora con la giustizia ottiene uno sconto da un terzo alla metà della pena. Invece sono state respinte due proposte del M5S, che prevedevano il Daspo ai corrotti (interdizione perpetua dai pubblici uffici e dai rapporti con la pubblica amministrazione), e la figura – come esiste negli Usa - dell'”agente infiltrato” per mettere alla prova i politici e funzionari pubblici offrendo loro finte mazzette.
Le critiche dei magistrati
Altre novità, tipicamente dell'armamentario propagandistico di Renzi, riguardano la restituzione obbligatoria delle tangenti per ottenere il patteggiamento e la restituzione dell'intera somma ricevuta indebitamente nel caso di condanna. Inoltre i pubblici ministeri che indagano per reati di corruzione, prima del rinvio a giudizio avranno l'obbligo di inviare gli atti all'autorità Anticorruzione, nella fattispecie al commissario di governo Cantone. Una misura apparentemente tesa a rafforzare la vigilanza sulle opere pubbliche, ma che suscita anche il sospetto che in questo modo il governo miri a conoscere in anticipo le carte in mano ai magistrati.
Ma, a parte la vera e propria beffa del falso in bilancio, il cui ripristino è più che altro fumo negli occhi, questa legge si limita sostanzialmente ad aumentare le pene sulla carta per la corruzione spaventosa che costa alla collettività ben 60 miliardi l'anno, ma ha ignorato, o respinto, o depotenziato sistematicamente gli strumenti veramente efficaci per indagare, scoprire e punire i corrotti. Lo hanno ben chiaro i magistrati, che pure hanno prudenzialmente considerato la legge “un passo avanti”, che però, come ha dichiarato Rodolfo Sabelli a La Repubblica
, “non può far considerare chiuso l'intervento sulla corruzione”: “Per la corruzione – ha sottolineato infatti il presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Anm) – non sarà possibile utilizzare gli strumenti di indagine della mafia, a partire da intercettazioni, ritardato sequestro, attività sotto copertura. Poi la riforma del traffico di influenze e della corruzione privata, puniti con una pena massima di tre anni è palesemente inefficace. Non c'è neppure la riforma del reato di induzione indebita”. E quanto all'aumento delle pene, Sabelli ha sottolineato che “sarebbe più utile rafforzare gli strumenti di indagine, semplificare il processo, riformare la prescrizione, piuttosto che limitarsi ad un aumento delle pene”.
Anche per il segretario dell'Anm, Maurizio Carbone, intercettazioni come per i reati di mafia e abolizione della legge ex Cirielli - quella voluta da Berlusconi per aggiustare i suoi processi che ha dimezzato i tempi della prescrizione - sono strumenti indispensabili per combattere la corruzione: “Occorre equiparare le intercettazioni dei casi di corruzione a quelle per i reati di mafia. Chiediamo inoltre a gran voce la rivisitazione dell'ex Cirielli per i limiti della prescrizione. Non ha senso che quest'ultima decorra dal momento in cui avviene il fatto, dovrebbe essere interrotta fino ad almeno il termine del primo grado di giudizio”, ha dichiarato il magistrato a La Repubblica
.
Verso la stretta alle intercettazioni
E invece il governo Renzi sta lavorando esattamente in direzione opposta. Per quanto riguarda la prescrizione, è vero che il 24 marzo era stata approvato alla Camera, con l'astensione fra l'altro dell'NCD, il ddl sulla cosiddetta “prescrizione lunga”, sollecitata da anni dalla stessa Corte europea per rendere più efficace la lotta alla corruzione. Ma si tratta di una legge truffaldina, che non abolisce affatto la ex Cirielli, bensì si limita a sospenderla per due anni dopo la condanna di primo grado e per un anno dopo quella di appello. Anzi il governo si era fermamente opposto perfino alla proposta minimalista della commissione Giustizia di elevare di un quarto i termini della prescrizione per tutti i reati, e ha accettato solo l'allungamento della metà dei tempi per la corruzione propria, impropria e in atti giudiziari: tanto per permettere a Renzi di vantarsi via twitter di aver fatto approvare una “prescrizione raddoppiata”.
Per giunta, per tenersi buono Alfano e ottenere la sua benevola astensione, Orlando gli ha promesso che al Senato si cancellerà anche quest'ultima piccola aggiunta al testo originario di governo, che prevedeva solo la sospensione senza allungamento dei tempi per la corruzione, dal momento che l'allungamento sarebbe già previsto con l'aumento delle pene contenuto nel ddl anticorruzione. Quanto alle intercettazioni, qui Alfano sfonda proprio una porta aperta, perché dopo il caso Lupi il premier vuole accelerare egli stesso la legge per vietare ai magistrati l'uso delle intercettazioni “non essenziali” per i processi e vietare ai giornali la loro pubblicazione, così come previsto nella delega al governo inserita nella “riforma” del processo penale. Col che, per esempio, non avremmo saputo nulla né dello scandalo di Lupi né di quello in cui è coinvolto D'Alema: “Abbiamo fatto la prescrizione. Abbiamo fatto l'anticorruzione. Il prossimo appuntamento è quello delle intercettazioni”, ha twittato infatti il Berlusconi democristiano, assicurando ad Alfano che il provvedimento si farà “subito dopo le regionali”, e comunque entro l'estate. Una fretta comprensibile la sua: non sia mai che dalle intercettazioni possano emergere anche il suo nome e altri della sua stretta cerchia, come pare stia avvenendo in margine all'inchiesta sulla Cpl Concordia.
9 aprile 2015