Parole vuote sulla Resistenza in parlamento
Quella che si è svolta il 16 aprile davanti alle due Camere riunite nell'aula di Montecitorio, alla presenza dei presidenti Boldrini e Grasso, del presidente della Repubblica Mattarella e di uno stuolo di ministri, e che avrebbe dovuto essere una commemorazione solenne del 70° Anniversario della Liberazione, è stata in realtà una cerimonia vuota e formale, in cui salvo pochi momenti isolati, ha prevalso la retorica e la strumentalizzazione della Resistenza in chiave nazionalistica ed istituzionale, nonostante l'unica nota positiva della partecipazione per la prima volta di una delegazione di partigiani.
A imprimere subito questo carattere nazionalista e istituzionale alla manifestazione erano la profusione di tricolori con cui era stato addobbato Montecitorio e l'inno nazionale, eseguito in apertura da una banda composta da elementi di tutte le forze armate e cantato in piedi da tutta l'aula. Hanno preso la parola nell'ordine la presidente della Camera, Laura Boldrini, la storica Michela Ponzani, il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia, Marisa Cinciari Rodano, esponente della Resistenza romana e prima ad essere eletta vicepresidente della Camera, Michele Montàgano, presidente vicario dell'Associazione reduci dalla prigionia e il presidente del Senato, Pietro Grasso.
Laura Boldrini si è rivolta ai partigiani sottolineando che era “la prima volta che in un'aula parlamentare la Liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo viene ricordata con la partecipazione diretta sui banchi di coloro che vissero sulla loro pelle quella esperienza, mettendo in gioco la loro vita, affetti e speranze della gioventù”. E ha aggiunto tra gli applausi che “oggi, voi partigiani, siete qui non come ospiti, ma come padroni di casa”. La presidente della Camera ha anche ammonito che “la democrazia non è un bene acquisito una volta per tutte dopo il 25 Aprile”, e che oggi, anzi, “la democrazia è continuamente minacciata e anche messa in discussione”.
Peccato però che ad applaudire queste parole, proprio a fianco del capo dello Stato (scelta evidentemente non casuale), ci fosse proprio quella Maria Elena Boschi, il perennemente sorridente ministro delle Riforme del governo Renzi, alla quale il Berlusconi democristiano ha affidato il compito di far ingoiare al parlamento l'olio di ricino delle controriforme costituzionali, istituzionali ed elettorale, che completando il piano della P2 mirano proprio ad affossare definitivamente la già sbrindellata Costituzione del '48 e la democrazia borghese, nonché a cancellare lo spirito dell'antifascismo e della Resistenza.
Peccato anche che a fianco della Boschi (altra scelta non casuale) ci fosse il guerrafondaio ministro degli Esteri Gentiloni, e poco più in là la ministra della Difesa Pinotti, che non stanno più nella pelle nell'invocare e progettare interventi armati in Libia e contro lo Stato islamico, risuscitando quella stessa politica del fascismo mussoliniano che i partigiani avevano combattuto e sconfitto pagando un enorme prezzo di sacrifici e di sangue.
Anche Grasso, che ha chiuso gli interventi, ha fatto come la Boldrini un discorso pieno di retorica nazionalistica e istituzionale che ben riassume il carattere e gli scopi sospetti della manifestazione, e che nemmeno il canto finale spontaneo di “Bella Ciao” può servire a dissipare: cioè strumentalizzare la Resistenza e i partigiani per incitare i giovani e le masse popolari a stringersi attorno alle screditate e marce istituzioni borghesi. “La cronaca di questi anni, come gli scandali della corruzione, la crisi economica che ha attanagliato il Paese e che ancora morde le fasce più deboli della nostra società, hanno innegabilmente alimentato e diffuso una sensazione di scoramento e rinuncia, di allontanamento da quelle Istituzioni repubblicane nate sul sangue e sul sacrificio di tante e tanti partigiani”, ha ammesso infatti il presidente del Senato, che però ha subito aggiunto: “Se vogliamo poter guardare negli occhi i partigiani senza dover abbassare lo sguardo, queste stesse istituzioni le dobbiamo amare e difendere, dobbiamo unirci, farci forza a vicenda, recuperare quel sentimento di solidarietà e speranza che ha animato i partigiani, e, 'col sorriso sulle labbra e una fede nel cuore' lavorare, ciascuno per il proprio ruolo e con le proprie responsabilità, a migliorare questo nostro grande Paese".
Del resto la stessa impostazione retorica e opportunista si ritrova anche nel messaggio che Mattarella aveva inviato alla rivista “Micromega” per il numero speciale sulla Resistenza, dove a fronte di un pur apprezzabile, anche se fugace, passaggio in cui sostiene che “la ricerca storica deve continuamente svilupparsi” ma “senza pericolose equiparazioni” fra i due campi in conflitto, il capo dello Stato centra il discorso sulla “Costituzione, nata dalla Resistenza”, che “ha rappresentato il capovolgimento della concezione autoritaria, illiberale, esaltatrice della guerra, imperialista e razzista che il fascismo aveva affermato in Italia”. Fingendo però di non vedere che oggi è proprio questa concezione che sta per essere sancita nella nuova Costituzione neofascista e piduista che Renzi sta imponendo al Parlamento, facendosi beffe della memoria e dell'eredità della Resistenza.
22 aprile 2015