Grande manifestazione a Milano contro Expo delle multinazionali del cibo
50 mila manifestanti, tra cui il PMLI, denunciano la nuova macelleria sociale aperta dal governo col varo del Jobs Act. Gruppi oscuri e avventuristi scatenano una “guerriglia urbana” facendo il gioco del nuovo Mussolini Renzi
No al divieto di manifestazione
Come annunciato l'11 aprile scorso in occasione dell'Assemblea nazionale che ha deciso le “cinque giornate di lotta” contro “il modello di vita e di sviluppo che in Expo si rappresenta”, il 1° Maggio tutto il movimento No Expo si è unito al tradizionale corteo Internazionale del Mayday e ha dato vita a Milano a una grande manifestazione di popolo per ribadire il proprio no al modello economico globalizzato imposto dall'imperialismo e in particolare dalle multinazionali dell'agroindustria e del cibo che esercitano un controllo totale su tutta la filiera produttiva supersfruttando i lavoratori a partire dai campi, dal piccolo produttore e salariato agricolo, agli operai della produzione fino agli addetti alla distrubuzione, affamano intere popolazioni, devastano le loro colture e saccheggiano i loro territori in nome del massimo profitto capitalista.
50 mila lavoratori, precari e non, cassintegrati, giovani, studenti, contadini, “sindacati di base”, collettivi, centri sociali e movimenti ecologisti, prime vittime sacrificali della devastante crisi economica e finanziaria capitalistica e della nuova macelleria sociale aperta dal governo col varo del Jobs Act, hanno preso parte alla manifestazione intitolata “Mayday parade” per lottare contro l’esposizione universale e “in difesa dei diritti per il lavoro e la lotta al precariato” e sono sfilati in corteo da piazza XXIV Maggio, via De Amicis, via Carducci, piazzale Cadorna e conclusosi a piazza Castello-Largo Cairoli.
In risposta al nuovo duce Renzi che ha sfregiato il 1° Maggio, Giornata internazionale dei lavoratori, inaugurando in quella data Expo 2015, i No Expo denunciano tutta la loro: “indignazione per la disoccupazione dilagante, il massacro sociale, il sistematico saccheggio di ricchezza e beni comuni, il consumo di suolo e la formula della città vetrina, in cui il brand territoriale è tutto e i bisogni degli abitanti nulla: dalla distruzione del territorio e la militarizzazione della vita dei suoi abitanti, come succede in Val Susa, fino all’attacco ai quartieri popolari delle nostre città”.
Perciò “Il nostro No Expo è un percorso di senso che non si esaurirà con le giornate dal 29 aprile al 3 maggio, e che certamente non finirà il 1 novembre – ribadiscono i No Expo - È, e sarà sempre, complice e solidale con le lotte No Tav che dalla Val di Susa a Brescia, passando per l’alessandrino e il territorio ligure, mostrano la dignità delle popolazioni locali contro un’opera inutile, così come è vicina a tutti i piccoli e grandi movimenti di resistenza alle grandi opere inutili ed imposte. È, e sarà sempre, dalla parte degli antifascisti che difendono la memoria ed il territorio dall’ignobile ideologia fascista, che in tempi di crisi lucra sulle difficoltà quotidiane per farsi spazio”.
Ad aprire il corteo una delegazione internazionale di bande musicali arrivate a Milano per esprimere il loro dissenso nei confronti dell'Expo e per celebrare il trentennale della “Banda degli ottoni”. Seguono alcuni camion addobbati con striscioni e cartelli anti Expo, mentre dagli altoparlanti si lanciano cori contro il governo e le amministrazioni locali e slogan antifascisti, contro il precariato e la Lega Nord; spicca anche una bandiera francese con la scritta “Non à la précarité” in onore alla coraggiosa lotta delle masse lavoratrici francesi che dopo giorni e giorni di scioperi e proteste hanno ottenuto il ritiro della odiosa legge sul precariato. Lungo il corteo tantissime bandiere rosse, tra cui quella del PMLI, cartelli e striscioni con slogan per rivendicare fra l'altro l'abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu, sostegno e integrazione al reddito dei precari, dei lavoratori in cassa integrazione o in mobilità e dei pensionati al minimo, la gratuità dei servizi pubblici.
Insomma un corteo molto combattivo, coloratissimo e animato da trampolieri, giocolieri, musicisti e piccole orchestrine che ballano e intonano “Bella Ciao” e tutto il repertorio dei canti partigiani e dei lavoratori insieme a folte delegazioni di immigrati, attivisti del movimento No Tav, l'alta velocità ferroviaria, lavoratori della new economy e anche chain workers, cioe' i lavoratori delle grandi catene di distribuzione e delle multinazionali, “Le mamme antifasciste del Leoncavallo”, i movimenti e i comitati che si “oppongono alla politica di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico e alla predazione del territorio”; i lavoratori e le lavoratrici della Rimaflow, la rete di produttori di Genuino Clandestino, i movimenti di lotta per la casa, gli studenti e le studentesse, i precari e le precarie che non hanno rappresentanza, uno spezzone ampio del movimento dei lavoratori, la rete No Expo Pride, i “sindacati di base”, le opposizioni di sinistra all’ interno delle organizzazioni sindacali confederali.
Al corteo hanno preso parte militanti e simpatizzanti della Cellula “Mao” di Milano con indosso la maglietta rossa col simbolo del Partito che al concentramento in Piazza XXIV Maggio hanno diffuso alcune centinaia di copie del volantino con estratti del Documento dell’Ufficio Politico del PMLI dal titolo “Lottiamo e formiamo un grande fronte unito per abolire il precariato” (con annesso invito a leggere dal Sito del Partito l’intiero Documento) e sul retro estratti dell’Editoriale della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI: “Viva il 1° Maggio! Proletari, lottate per la conquista del socialismo e del potere politico!”.
Insomma una bella giornata di lotta combattiva, allegra, colorata ma anche molto critica nei confronti del governo e dell'Expo.
L'azione provocatoria di gruppi avventuristi
Tutto il contrario di ciò che avevano preannunciato il nuovo duce Renzi e il suo mastino Alfano che nelle settimane e nei giorni precedenti la manifestazione hanno scatenato una odiosa campagna stampa tesa a criminalizzare il movimento anti Expo e culminata con decine di denunce, perquisizioni e sequestri preventivi contro diversi attivisti per scoraggiarne la partecipazione.
Un'operazione scientifica che aveva come obiettivo l’oscuramento delle ragioni della protesta. In questo contesto rientra la provocatoria azione messa a segno da qualche centinaio di appartenenti a gruppi oscuri e avventuristi che hanno scatenato una “guerriglia urbana” facendo il gioco del nuovo Mussolini Renzi che così ha avuto modo di criminalizzare il movimento No Expo e di spostare l'attenzione dalle motivazioni di quest'ultimo contro le multinazionali del cibo alla “devastazione di Milano”. E ora il governo è già al lavoro per varare un nuovo giro di vite contro chi osa manifestare in piazza il proprio pensiero vietando “manifestazioni anche pacifiche che però sono a rischio infiltrazioni”, applicando l'arresto differito di 48 ore come avviene già nelle partite di calcio e inasprendo le pene per chi osa scendere in piazza.
Un “capolavoro politico” che si compie quando si ricorre alla violenza per la violenza, come uno sfogo personale, senza un chiaro e pubblico obiettivo politico e senza una strategia fondata sugli interessi delle masse e sul coinvolgimento di esse. Una violenza cieca, senza capo né coda, che ricompatta le masse con le istituzioni borghesi, come si è visto con la manifestazione “Mastrolindo” organizzata dal volpone e imbroglione politico Pisapia per “ripulire Milano”.
Gli avventuristi sono apparsi all'improvviso alla coda del corteo vestendosi di tuta nera e maschere antigas dietro una coltre di fumogeni colorati. Hanno approfittato del fatto che proprio la coda del corteo, al contrario della testa, era insolitamente sguarnita del consueto cordone di polizia in tenuta antisommossa e che la zona di Piazza Cadorna – Via Carducci, a differenza del tragitto precedente, era quasi sgombra di contingenti di polizia laterali. Ben attrezzati hanno avuto campo libero per agire dando alle fiamme una banca una agenzia immobiliare, negozi, un bar e vari automezzi parcheggiati. Altri lanciavano oggetti, petardi e bengala verso i cordoni di polizia in tenuta antisommossa. Dopo mezz’ora si sono dileguati svestendosi del loro lugubre abbigliamento e sbarazzandosi, sotto una coltre di fumogeni colorati, dalle maschere antigas abbandonate a terra con tutti gli attrezzi (martelli, sprange, ecc…). Solo a questo punto i poliziotti hanno occupato l’area acchiappando alla cieca i manifestanti che gli capitavano a tiro.
A farne le spese sono stati 5 manifestanti, due donne e tre uomini tutti italiani tra i 27 e i 42 anni, nessuno dei quali è aderente a quei gruppi, arrestati con l'accusa gravissima di “devastazione” e ora rischiano fino a 15 anni di carcere. Un'altra decina di persone sono state fermate e tradotte in questura per l'identificazione: tra loro anche un ragazzo di 15 anni. Altri 14 no Expo (campani, romani, cremonesi e trentini) sono stati denunciati a piede libero dopo essere stati fermati dai carabinieri nel corso di alcuni controlli effettuati in diverse stazioni della metropolitana, dei treni, e dei pullman al termine del corteo.
“I sette anni che hanno caratterizzato la storia della Rete – sostengono i No Expo in un comunicato stampa - non possono essere ridotti alla strumentalizzazione mediatica e politica di alcuni momenti del corteo, che ne hanno sovradeterminato l’impostazione collettiva e che poco hanno a che vedere sia con un’espressione di rabbia spontanea, sia con lo stesso percorso No Expo. Come abbiamo sempre fatto, ripartiremo dai nostri contenuti: lo abbiamo dimostrato con la pedalata di ieri, 2 maggio, che ha portato gli attivisti a girare attorno al sito Expo, nella penuria dei suoi visitatori, e con il pranzo popolare davanti a Eataly, che ha riempito Piazza XXV Aprile con il cibo di piccoli produttori agricoli, il suono delle bande musicali e la clown army”.
La verità è che Milano non è stata “sfregiata e devastata dai manifestanti” come hanno scritto i mass media del regime neofascista; Milano è stata sfregiata, devastata e saccheggiata dal cemento di Expo, dalla mafia che si è accaparrata gli appalti, dalle grandi speculazioni immobiliari, dal riciclaggio di denaro sporco, dalle tangenti e dalla corruzione che dal capoluogo lombardo fino al Mose di Venezia, dal “sistema” Penati di Sesto San Giovanni a Ischia vede coinvolte tutte le cosche parlamentari con alla testa proprio il PD del premier Renzi e tutto il “sistema” delle cosidette Coop “rosse”.E' stata regalata alle multinazionali del cibo che non conoscono altro interesse che quello del massimo profitto capitalistico.
6 maggio 2015