Mattarella si piega a Renzi e firma l'Italicum fascistissimum
Il 6 maggio, a solo due giorni dalla sua approvazione alla Camera e immediatamente dopo averla ricevuta da Renzi, Mattarella ha firmato la legge elettorale fascista Italicum, facendo sapere con una nota del Quirinale che la legge è stata promulgata “senza note e osservazioni”. Cioè l'ha promulgata avendola già ritenuta costituzionalmente corretta, senza neanche prendersi come sua facoltà qualche giorno di riflessione, di fronte a una legge che stravolge invece di fatto la Costituzione del '48 cambiando la forma di governo e della Repubblica da parlamentare a presidenziale, nella forma di un “premierato forte” retto da un primo ministro eletto direttamente “dal popolo”. Segno evidente che aveva già concordato prima tutto con Renzi e gli aveva dato via libera prima ancora che la legge passasse l'esame definitivo del parlamento nero, e che neanche il modo fascista e a colpi di voti di fiducia con cui il nuovo duce l'ha imposta in aula l'aveva indotto ad un ripensamento, quantomeno per salvare le apparenze.
Persino Ciampi aveva aspettato otto giorni prima di firmare il porcellum, che poi è stato abolito dalla Corte costituzionale per manifesta incostituzionalità. E dire che l'Italicum fascistissimum ha tutti i vizi ed è per certi aspetti ancor peggiore del porcellum, dato che non solo mantiene le liste bloccate di candidati nominati e al ballottaggio riassegna il premio di maggioranza senza soglia di sbarramento, ma lo assegna addirittura ad un solo partito (o meglio “lista”, ma di fatto egemonizzata da un solo partito), mentre il porcellum lo assegnava ad una coalizione di partiti. E questo Mattarella non può di certo ignorarlo, dal momento che era uno dei giudici della Consulta che il porcellum l'aveva bocciato proprio per i suddetti vizi di incostituzionalità, che l'Italicum ripresenta aggravati.
Non gli ha fatto né caldo né freddo nemmeno il fatto clamoroso che alla fine questa legge se la sia fatta e approvata il PD di Renzi da solo, senza neanche la foglia di fico dei voti di Forza Italia, che sia pure per motivi puramente elettoralistici si è sfilata all'ultimo miglio, dopo averla scritta insieme al premier e votata nelle prime due letture: eppure era stato proprio Mattarella, allora deputato della Margherita, quando nel 2005 il “centro-destra” di Berlusconi, Fini e Casini si fece la sua “riforma” della Costituzione a maggioranza (poi bocciata dal referendum popolare), a stigmatizzare il golpe bianco del governo con queste gravi parole: “Oggi voi del governo della maggioranza vi state facendo la vostra Costituzione, avete escluso di discutere con l'opposizione, siete andati avanti solo per non far cadere il governo, ma le istituzioni sono di tutti, della maggioranza e dell'opposizione”.
Anche la legge elettorale è di tutto il parlamento e non solo del governo e della maggioranza, e anche Renzi ha minacciato che il non approvarla avrebbe comportato la caduta del governo e lo scioglimento del parlamento, eppure Mattarella ha fatto lo smemorato e ha finto di non rilevare l'evidente analogia e la stridente contraddizione che da più parti gli erano state fatte notare, anche in diversi interventi in parlamento conclusi con l'appello a non firmare il provvedimento.
Mattarella firma anche il suo esautoramento
La cosa ancor più grave e stupefacente è che il presidente della Repubblica abbia firmato senza neanche battere ciglio una legge che – combinata con la “riforma” (abolizione) del Senato - non solo esautora il parlamento a vantaggio del potere esecutivo, ma che di fatto cancella di colpo anche alcuni fondamentali poteri che la Costituzione gli assegna, per trasferirli surrettiziamente al presidente del Consiglio, che non sarà più nominato da lui, così come i suoi ministri, ma sarà eletto direttamente con la scheda elettorale, e a sua volta nominerà di sua mano i ministri e formerà il suo governo, di cui egli sarà appunto il primo ministro: ovvero il premier, e non più solo un primus inter pares
. Potrà quindi anche revocarli e sciogliere di fatto le Camere, mentre fino ad ora anche questi poteri spettavano solo al capo dello Stato.
Un'anticipazione significativa di questo stravolgimento istituzionale è stata la firma che Renzi ha voluto apporre in calce alla legge prima
di inviarla a Mattarella, mentre la prassi costituzionale stabilisce che il presidente del Consiglio controfirma le leggi dopo
che sono state promulgate dal capo dello Stato (art. 89). E il nuovo duce ha voluto proprio dare la massima enfasi a questa “novità” golpista, diffondendo via twitter la foto mentre firma la legge con tanto di dedica “a tutti quelli che ci hanno creduto, quando eravamo in pochi a farlo”. Come a dire che d'ora in avanti sarà il capo del governo a promulgare le leggi, e che al presidente della Repubblica spetterà solo di aggiungere un controfirma tanto formale quanto dovuta: che se ne sia reso conto o no, è a questo che Mattarella ha dato l'avallo con la sua firma praticamente automatica alla legge già firmata da Renzi. E comunque è questo il senso del messaggio che Renzi ha fatto passare nel Paese.
Non è un caso che il rinnegato e presidenzialista Napolitano sia intervenuto immediatamente per mettere il suo pesante sigillo piduista alla firma di Mattarella, rivendicando la primogenitura della legge: “E' un raggiungimento importante – ha dichiarato infatti l'ex inquilino del Quirinale - lo avevo detto quando fui rieletto che consideravo imperdonabile non aver fatto una nuova legge elettorale. Per fortuna questa volta non c'è bisogno di chiedere perdono”. E quanto a coloro che hanno accusato il suo pupillo Renzi di aver voluto imporre la legge con metodi autoritari e antidemocratici (vedi la sinistra PD), li ha bacchettati replicando che l'Italicum fascistissimum “non è nato in un mese, ha impiegato più di un anno, c'è stata una commissione di studiosi per la ricerca di soluzioni, ci sono stati tanti confronti”.
Avallata l'incostituzionalità dell'Italicum
Comunque, tanto per non smentirsi, la sinistra PD, pur presa a calci e umiliata da Renzi e Napolitano, ha accolto con rassegnato silenzio la firma di Mattarella, al quale del resto aveva già accordato l'assoluzione preventiva non avendo nemmeno osato appellarsi per non “tirargli la giacchetta”. Non così invece il M5S, che lo aveva fatto ufficialmente con l'intervento alla Camera di Toninelli, e che ha espresso tutta la sua sdegnata delusione con le parole del Senatore Giarrusso: “Si avvia – ha detto a Radio 24
– una presidenza oscura, non di garanzia per il Paese. Mattarella non ha spina dorsale, ha rinnegato le stesse cose che aveva deciso come giudice della Corte costituzionale. É supino a Renzi, non ha difeso la Carta come suo dovere. L'Italicum è una legge infame. Mattarella si è reso complice della violenza contro la Costituzione, la firma non era un atto dovuto”.
Anche molti autorevoli costituzionalisti si erano espressi con solidi argomenti giuridici contro l'avallo del Quirinale all'Italicum. Tra questi l'ex senatore Massimo Villone, docente della Federico II di Napoli, secondo il quale l'Italicum “è un'emerita porcheria” ed è “palesemente incostituzionale”, soprattutto sotto il profilo della rappresentatività, sacrificata alla governabilità: “Con un iperpremio di maggioranza e in aggiunta anche un ballottaggio, sono sicurissimo di avere la maggioranza. E allora le soglie a che servono?”, osserva il costituzionalista sottolineando come con ciò si sia voluto aggirare la sentenza della Consulta.
Stesse osservazioni le aveva fatte anche il costituzionalista de La sapienza Gaetano Azzariti, sottolineando che la Corte aveva “operato un bilanciamento tra legittimi strumenti di stabilizzazione dei governi, la “mitica” governabilità, e le necessarie garanzie della rappresentanza. La legge assicura solo la prima annullando il necessario principio costituzionale della rappresentanza democratica”. Per Azzariti sono quattro “i pilastri d'argilla della legge: il premio attribuito anche a una lista dalla scarsissima rappresentanza reale; i capilista che per i partiti piccoli e medi riguarderà il 100% degli eletti; le pluricandidature (lo stesso candidato può presentarsi fino in 10 collegi, ndr) che rimetteranno nelle mani del partito la scelta dell'eletto; la irrazionale diversità delle norme tra Camera e Senato”.
Anche per la professoressa dell'Università di Padova, Lorenza Carlassare, la soglia del 40% per il superpremio di maggioranza, che secondo Renzi e Mattarella soddisferebbe la sentenza della Consulta, “è fumo negli occhi, perché si può diventare maggioranza con il 20, magari con il 15 per cento dopo il ballottaggio”. E proprio il ballottaggio – suggerisce la costituzionalista - potrebbe essere uno degli elementi da abrogare per chi volesse formulare un referendum, “anche perché la Corte ha stabilito che ci vuole un bilanciamento tra governabilità e diritto alla rappresentanza, ma in questo caso la rappresentanza è totalmente sacrificata alla governabilità”.
Il “trionfo” internazionale di Renzi
Al contrario, i grandi media della finanza internazionale approvano senza riserve la firma dell'Italicum e celebrano il “trionfo” dell'erede di Mussolini, Craxi e Berlusconi: per l'agenzia di rating Fitch la nuova legge elettorale “è un passo avanti nel percorso delle riforme istituzionali e strutturali intraprese dall'Italia”. Per il britannico Financial Times
“Renzi scuote la scricchiolante governance italiana” e mette fine “all'ossessivo sistema di pesi e contrappesi che ha regolarmente prodotto coalizioni di governo instabili”.
“Forza Renzi”, titola il tedesco Handelsblatt
, per il quale è giunta “l'ora del riformatore, Renzi trionfa sulla legge elettorale”. Stessi toni trionfalistici da parte del francese Le Monde
e dello spagnolo El Pais
, mentre la tedesca Sueddeutsche Zeitung
chiosa che “nessuno può più frenare Renzi”, ed elenca: “Riforma del lavoro, riforma della pa, riforma della Costituzione, abolizione di fatto del Senato e di 140 province, e ora anche la riforma elettorale: Renzi ha fatto negli ultimi 14 mesi più riforme di tutti i suoi predecessori insieme”.
Ma non era esattamente questo il programma, che in un rapporto del 2013, la banca d'affari americana JP Morgan suggeriva per i paesi del Sud Europa per “riformare” le loro Costituzioni, nate dopo la caduta dei fascismi europei, e giudicate ancora troppo influenzate dalle “idee socialiste”?
13 maggio 2015