Decisa dalla Commissione dell'UE imperialista
Una guerra da mare, cielo e terra alla Libia per “distruggere i barconi”
Non c'è accordo sulle quote
L'Italia di Renzi guiderà l'armata
Tutti d'accordo per un'operazione militare congiunta e guidata dall'Italia, nelle acque e sul suolo della Libia, per “distruggere i barconi” che trasportano i migranti; così come sulla decisione di sigillare le frontiere a sud della Libia e dei Paesi limitrofi e su interventi nei Paesi africani per “scoraggiare” la partenza e il transito dei migranti. Ancora in alto mare invece l'accordo sul quarto punto all'ordine del giorno, quello delle quote di migranti da ripartire tra i vari Paesi dell'Unione: questa la scontata conclusione del vertice dei ministri degli Esteri e della Difesa dei 28 Paesi della UE, presieduto da Federica Mogherini, che si è tenuto il 18 maggio a Bruxelles, per approvare l'Agenda sull'immigrazione messa a punto e approvata dalla Commissione europea presieduta da Juncker. Dopo 23 mila morti in mare dall'inizio degli sbarchi, che l'anno scorso sono stati 300 mila e nei primi mesi di quest'anno già 200 mila, la UE imperialista risponde quindi da par suo, pianificando cioè un'altra guerra in Libia e con altre misure criminali per respingere o impedire la partenza dei migranti in fuga dalle guerre e dalla fame, mentre si mostra completamente sorda e cieca di fronte al problema dell'accoglienza dei rifugiati già arrivati sul suo suolo e divisa sulla loro distribuzione tra tutti i Paesi aderenti, perfino nella misura ridicola delle poche migliaia che si dice disposta ad accettare.
Le decisioni militari
“La decisione di stabilire una missione navale UE per distruggere il modello di business dei contrabbandieri e delle reti di trafficanti nel Mediterraneo è stata appena presa”, ha twittato trionfante la Mogherini durante il vertice annunciando il via libera alla missione “Eunavfor Med”. L'alto rappresentante per la politica estera dell'Unione ha poi dichiarato di sperare che “possa essere lanciata ufficialmente e formalmente già a giugno”. Gli obiettivi militari e le regole di ingaggio della missione sono per ora volutamente vaghi, in attesa anche dell'approvazione da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu della risoluzione elaborata dall'Italia e presentata dalla Gran Bretagna a nome anche di Francia, Germania e Lituania, che dovrebbe permettere l'uso della forza in base all'art. 7 della Carta delle Nazioni Unite, così da dare via libera all'operazione militare europea di “ricerca e distruzione dei barconi degli scafisti”, con forze navali, aeree e terrestri, che prevede tre gradi di intervento: nelle acque internazionali davanti alla Libia, nelle acque territoriali libiche e nei porti libici.
Per adesso, in attesa delle decisioni del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo che si terrà il 25 e 26 giugno, la missione sarà solo navale e limitata alla prima fase, quella del dispiegamento di mezzi navali ed aerei nelle acque internazionali davanti alla Libia e della “raccolta di informazioni” sulla rete dei trafficanti attraverso l'intelligence dei vari Paesi partecipanti: hanno già dato la loro adesione Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, oltre naturalmente l'Italia, da cui è partita l'iniziativa, e che avrà la direzione delle operazioni, affidata all'ammiraglio Enrico Credentino, già comandante dell'operazione europea di anti pirateria davanti alle coste somale, e il cui quartier generale sarà basato a Roma.
Interrogata se la missione “Eunavfor” preveda o no la caccia ai barconi e la loro distruzione come aveva annunciato più volte nei giorni precedenti, la Mogherini ha risposto evasivamente: “Il punto non è distruggere le barche, ma distruggere le organizzazioni di trafficanti e organizzazioni terroristiche. Abbiamo analizzato il legame tra organizzazioni di trafficanti e organizzazioni terroristiche. Non posso confermare alcun tipo di collegamento a noi noto, ma è ovvio (sic) che il sistema di business dei trafficanti potrebbe andare a finanziare attività che potrebbero avvicinarsi ad attività terroristiche”.
L'ipocrisia della Mogherini copre i preparativi militari
La Mogherini continua a giocare con le parole per non destare troppo allarme e lasciare aperte tutte le porte, come quando nei giorni scorsi aveva smentito che siano previste operazioni direttamente sul suolo libico. Anche perché il governo di Tripoli aveva avvertito che le avrebbe considerate una violazione della propria sovranità nazionale. Lo stesso aveva fatto ufficialmente il governo di Tobruk, il solo riconosciuto dalla “comunità internazionale”, ma solo perché non vuole che i governi europei trattino anche con il governo rivale di Tripoli perché ciò equivarrebbe ad un suo riconoscimento. In realtà aveva implicitamente incoraggiato l'intervento diffondendo notizie allarmanti su un piano dello Stato islamico per infiltrare terroristi sui barconi dei migranti. Anche il presidente Mattarella, in visita ufficiale a Tunisi, si era detto convinto che non esista una soluzione militare alla crisi, e che in Libia vada perseguita la strada della mediazione tentata dal rappresentante dell'Onu, Bernardino Leon, “per un compromesso politico che consenta la nascita di un governo di unità nazionale”. Ma sono tutte posizioni ipocrite e tattiche, che nascondono ben altre intenzioni da parte del governo Renzi e degli altri governi europei, che marciano sempre più verso l'uso della forza militare in Libia.
Lo confermano anche le rivelazioni del Guardian
, che ha fatto trapelare nei giorni scorsi alcuni punti delle 19 pagine di un documento a corredo della bozza di risoluzione europea all'esame del Consiglio di sicurezza dell'ONU, in cui vengono riassunti i termini della missione senza escludere un intervento sul suolo libico: “Una presenza a terra può essere presa in considerazione se viene raggiunto un accordo con le autorità competenti” (quali?), è scritto nel documento, in cui si dice anche che la missione “dovrebbe richiedere una vasta gamma di capacità aeree, marittime e terrestri”. E che queste potrebbero includere “intelligence, sorveglianza e ricognizione, squadre di imbarco, unità di pattuglia (aeree e marittime), interventi con forze speciali”. Anche con “azioni lungo la costa, in porto o in rada”, che potrebbero anche comportare “danni collaterali”, come vittime innocenti: “L'abbordaggio delle navi dei trafficanti in presenza di migranti – si legge infatti nel documento rivelato dal quotidiano britannico – presenta un alto rischio di effetti collaterali, inclusa la perdita di vite”.
Le rivelazioni hanno creato imbarazzo negli uffici della UE e la Mogherini si è affrettata a smentirle, ma sta di fatto che i preparativi militari che si stanno facendo in Italia vanno esattamente in quella direzione. Secondo il quotidiano la Repubblica
del 14 maggio, che si rifa a fonti della Difesa, il governo Renzi sta accelerando tali preparativi. Si parla infatti dell'impiego delle navi anfibie della classe San Giusto e della portaerei Cavour, per l'impiego dei caccia Harrier a decollo verticale. Ci saranno poi anche le truppe speciali degli incursori subacquei del Comsubin e i lagunari del battaglione San Marco, un equivalente dei marines americani. A cui si affiancherebbero gli incursori paracadutisti del Col Moschin, mentre a loro protezione in funzione di ricognitori sarebbero impiegati aerei Tornado Ecr e i droni Predator Mq-1. Tutte truppe e mezzi non a caso altamente specializzati per incursioni sulle coste e nei porti, non certo per stazionare in alto mare. Anche per questa fregola interventista il nuovo duce Renzi va cacciato.
La caccia agli scafisti la pagheranno i migranti
Il governo del nuovo duce Renzi, insomma, scalpita per seguire le orme di Mussolini e mettere gli stivali sul suolo libico, considerandolo evidentemente come un “cortile di casa” alla maniera americana, o più propriamente come la “quarta sponda” di mussoliniana memoria. É folle e criminale il pretesto accampato per questa nuova avventura neocolonialista, quello cioè di cacciare e distruggere i barconi degli scafisti. Intanto perché è praticamente impossibile distinguerli da quelli dei pescatori, a meno di non distruggerli in massa e indiscriminatamente. Inoltre gli scafisti senza scrupoli si stanno già regolando in previsione della nuova situazione, caricando a forza i migranti sui barconi e mandandoli in mare da soli verso l'Italia, il che aumenta enormemente i rischi per i poveri passeggeri, che saranno i soli a fare le spese delle esibizioni muscolari dei governi guerrafondai europei, mentre gli scafisti se ne staranno ben nascosti a terra.
E in ogni caso, anche ammesso che i militari riescano a distruggere un po' di barconi, niente potrà impedire alle masse di disperati fuggiaschi arrivati fino in Libia di partire con qualunque mezzo di fortuna possibile. L'unica differenza rispetto ad ora è che lo faranno in condizioni ancor più precarie e rischiose, e che quindi ci saranno ancora più morti di adesso. E per quelli che non riusciranno a partire, grazie all'azione “umanitaria” italiana-europea, l'alternativa saranno le carceri e i campi di concentramento libici, dove già patiscono torture, stupri e morte per malattie e per fame. Oppure la deportazione nei Paesi d'origine, da dove si presume siano scappati per le stesse ragioni.
Persino un ex militare come il generale Fabio Mini ha osservato che con questa operazione “si pensa di punire chi si occupa dell'ultimo tratto del viaggio e non i governanti degli Stati che alimentano la violenza, la corruzione e la guerra creando le condizioni dalle quali vogliono fuggire i migranti”. Anche un report di Amnesty International ha avvertito che le azioni militari potrebbero lasciare i migranti intrappolati nelle carceri libiche in condizioni disperate, dove sono soggetti a torture, abusi e coercizioni orrende, e che comunque “non risolveranno la piaga degli sbarchi di profughi”.
La vergogna delle quote che nessuno vuole
L'unica alternativa, sempre più reclamata ormai anche dalle organizzazioni umanitarie ufficiali, è creare dei corridoi di migrazione legalizzata e protetta, e che l'Europa se ne faccia carico accogliendo e distribuendo equamente i profughi e i migranti nei suoi vari Paesi. Alleggerendo tra l'altro la situazione critica dei tre Paesi del Sud del Mediterraneo – Italia, Grecia e Malta - su cui gravano tutti gli sbarchi dal Nord-Africa e dal Medio Oriente. Attualmente sei Paesi europei si fanno carico dell'80% delle domande d'asilo nella UE: Germania, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Italia e Belgio. Nella bozza approvata dalla Commissione Juncker era prevista una redistribuzione di quote tra i 28 Paesi dell'Unione in proporzione ai rispettivi Pil, tassi di disoccupazione e asili già concessi, anche se per un numero assolutamente irrisorio di nuovi migranti, compreso tra le 5 e le 20 mila unità, quando gli sbarchi sono dell'ordine delle centinaia di migliaia l'anno e stanno aumentando esponenzialmente.
Ciononostante una buona metà dei Paesi UE è ferocemente contraria a far entrare nuovi migranti sul proprio territorio: tra questi tutti i Paesi dell'Est europeo (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) e i Paesi baltici. Contrari anche la Gran Bretagna, la Danimarca e l'Irlanda, che comunque avrebbero goduto della facoltà di sottrarsi all'obbligo. Incerta la Svezia, mentre Francia, Spagna e Germania si erano affiancate in un primo tempo all'Italia tra i Paesi favorevoli alle quote. Il che aveva permesso l'approvazione della bozza Juncker da sottoporre al vertice del 18 maggio anche riguardo al punto delle quote obbligatorie, consentendo al governo italiano – e in particolare a Renzi, Alfano e Gentiloni – di cantare vittoria per l'accoglimento delle richieste italiane.
Ma alla vigilia del vertice Francia e Spagna si erano già defilate, dichiarandosi contrarie alle quote obbligatorie e lasciando sola l'Italia col cerino in mano. Vertice che poi si è concluso vergognosamente – come abbiamo già detto – lasciando del tutto nel vago la questione delle pur irrisorie quote di rifugiati da accogliere, mentre l'accordo è stato trovato subito e all'unanimità per la nuova avventura militare imperialista in Libia.
20 maggio 2015