Lo Stato islamico conquista Ramadi in Iraq
Gli Usa violano la sovranità della Siria per uccidere un leader dell'Is

 
Lo Stato islamico (Is) annunciava il 17 maggio la conquista della città irachena di Ramadi, capoluogo della provincia di Anbar, circa 100 chilometri a ovest della capitale Baghdad, dopo diversi giorni di combattimento. Sullo slancio della presa della città, le formazioni dell'Is conquistavano anche le vicine cittadine di Baghdadi e Karmah.
La conquista della città era confermata in un video dal titolo, "Lo Stato islamico ha liberato Ramadi", diffuso in rete il 18 maggio dall'agenzia di informazione dell'Is Aamaq nel quale è contenuto un audio messaggio del leader Abu Bakr al-Baghdadi che annunciava "dopo Ramadi, libereremo Baghdad e Kerbala", la capitale irachena e la città santa degli sciiti.
La perdita di Ramadi rappresenta la peggiore sconfitta militare del governo fantoccio iracheno di Haider al-Abadi dall'inizio dell'offensiva dei miliziani dello Stato islamico nella scorsa estate. Di recente, grazie al contributo delle milizie sciite, l'esercito governativo aveva ripreso la città di Tikrit, sempre nella regione di Anbar, che avrebbe dovuto essere il trampolino di lancio verso la riconquista di Mosul. Con la sconfitta di Ramadi non solo si azzerano i recenti successi del governo di Baghdad ma per le forze dell'Is si potrebbe aprire la strada per attaccare la capitale Baghdad.
Il Pentagono ammetteva la caduta di Ramadi ma non se ne preoccupava più di tanto. La Casa Bianca era impegnata a sbandierare il successo del raid nella Siria orientale da parte di forze speciali Usa elitrasportate del 15 maggio che aveva portato all'uccisione di uno dei capi dello Stato Islamico, Abu Sayyaf, responsabile dell'Is per gli affari collegati al petrolio.
L'operazione era stata condotta sulla base di un ordine impartito direttamente dal presidente Barack Obama e, secondo il portavoce della Casa Bianca, era stata condotta nel quadro delle leggi internazionali: il via libera era arrivato dopo l'unanime consenso del team per la sicurezza nazionale del presidente e col consenso del governo di Baghdad. Quelle osservate da Washington sono delle leggi internazionali alquanto singolari, sono leggi imperialiste che hanno violato la sovranità della Siria.
Un atto deliberato che la portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale istituito presso la Casa Bianca, Bernadette Meehan, ha confermato sottolineando anzi che "abbiamo avvertito il regime di Bashar al-Assad di non interferire con le iniziative in atto da parte nostra contro lo Stato Islamico all'interno del territorio siriano, poichè quel regime non può essere nostro alleato nella lotta" contro l'Is. Di fatto l'esercito governativo siriano e le forze americane lo sono, uno dei paradossi della crisi regionale, e l'imperialismo americano si comporta in Siria da padrone di casa contro le postazioni dell'Is, come se il regime di Assad non esistesse più.

20 maggio 2015