Istituiti nel 2003
Voucher: lavoro nero legalizzato
Il Jobs Act ingrossa l'esercito dei super-sfruttati
Tra le tante forme di lavoro precario dobbiamo annoverare anche quella del “lavoro occasionale accessorio”, chiamato anche sistema a “voucher” ovvero lavoro pagato attraverso dei buoni o assegni che dir si voglia. È un rapporto di lavoro tra i meno conosciuti ma in netta espansione e che il Jobs Act ha ulteriormente esteso, anche se le norme che lo riguardano non sono state ancora approvate in maniera definitiva. I voucher furono introdotti nel 2003 attraverso la legge 30, la controriforma Biagi con cui l'allora governo Berlusconi liberalizzò ulteriormente il “mercato del lavoro” già pesantemente aggredito attraverso il “Pacchetto Treu” del 1997 con in carica il governo Dini.
Inizialmente era un fenomeno marginale, limitato ad alcune attività occasionali e ristretto a particolari soggetti come pensionati, studenti, casalinghe, pensato per lavoretti di giardinaggio, di pulizie domestiche e similari. Quello che poi si dimostrerà come una vera e propria legalizzazione del lavoro nero fu addirittura presentato come l'esatto opposto. I ministri dei vari governi hanno sempre parlato di “lavoro occasionale accessorio” pagato tramite voucher come un mezzo per far emergere il lavoro nero in settori dove questo era la norma, invece in questo modo il lavoratore occasionale avrebbe avuto anche i contributi versati.
Con il passare del tempo le limitazioni sono via via sparite e per i voucher abbiamo assistito a quello che era già accaduto ad altre forme di lavoro precario. Prima si fa una legge che permette maggiori flessibilità e minori vincoli per le aziende, però condizionata e regolata, per poi in seguito eliminare restrizioni e limiti ed estenderla a ogni tipo di attività, settore produttivo e soggetto. Ovvero l'eccezione diventa la regola: è stato fatto con i contratti a termine, l'apprendistato, l'orario di lavoro, le aperture festive dei negozi, l'articolo 18 e tanto altro.
Questo tipo di rapporto prevede che il lavoratore sia pagato con degli “assegni” da 10 euro (ma ne esistono pure di multipli) dal padrone di turno, che può essere anche un soggetto pubblico. Ogni assegno è così ripartito: il 75% nelle tasche del lavoratore, il 20% di contributi Inps e Inail, il 5% al gestore del servizio (Poste, Tabacchi, Banche, la stessa Inps). Il reddito guadagnato in questo modo prima del Jobs Act non doveva superare i 5.000 euro annui, non è soggetto a imposizione fiscale ed è cumulabile con altri redditi purché il soggetto interessato non usufruisca di “ammortizzatori sociali” superiori a 3mila euro netti. Questi sarebbero i presunti vantaggi per il lavoratore.
Vediamo invece quali sono quelli reali, e sono tanti, in favore dei padroni. Con questo tipo di rapporto l'imprenditore evita tutta una serie di obblighi: la stipula di contratti in forma scritta, eventuali visite mediche preventive, predisposizione di misure per la sicurezza, comunicazioni ai centri per l'impiego e ad altri servizi pubblici, registrazione delle presenze, scritturazione del libro unico del lavoro, predisposizione dei cedolini paga, aggiornamento delle retribuzioni in base alle evoluzioni del CCNL di settore, comunicazioni di cessazione, ecc. Ma come dice il sito dell'Inps “il committente può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa Inail per eventuali incidenti sul lavoro, senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto”.
Tradotto significa che il padrone può sfruttare il lavoratore evadendo una lunga serie di obblighi pur rimanendo nella legalità. Dall'altra parte il lavoratore non ha diritto a ferie, malattie, maternità, tredicesima, quattordicesima e a indennità di disoccupazione e inoltre i costi di servizio ricadono in qualche modo sul lavoratore che si trova a dover pagare un 5% come compenso al concessionario per la gestione del servizio. Non solo, se l’accredito dei voucher viene effettuato tramite la postepay Inps-Card, l’attivazione costa 5 euro.
Questo tipo di contratto assomiglia molto ai mini-Jobs tedeschi che prevedono lavori a orari ridotti e salari sotto i 400 euro mensili, con una normativa ancor peggiore. Il padrone li può usare per fare il lavoro straordinario che altrimenti dovrebbe far svolgere agli assunti regolarmente, o usarlo al posto del lavoro a chiamata a condizioni ancora più vantaggiose. Agevolazioni che hanno innescato un vero e proprio boom dei voucher: nel 2013 erano arrivati a una soglia di 41 milioni, per un controvalore di 410 milioni di euro. Nel 2014 sono cresciuti quasi del 70% fino a sfiorare quota 700 milioni di euro.
Ma l'aspetto forse peggiore è che i voucher non sono altro che la foglia di fico dietro cui nascondere e legalizzare il lavoro nero. Ogni assegno da 10 euro (7,5 al lavoratore) corrisponde a un'ora di lavoro, salvo per il settore agricolo per cui fa riferimento il contratto nazionale. Ma in ogni caso il committente è tenuto solo a una comunicazione preventiva alla Direzione Territoriale del Lavoro con riferimento a 30 giorni di attività, e paga il lavoratore a fine prestazione, generalmente a fine settimana o fine mese. È del tutto evidente che non essendoci un contratto scritto e un registro il padrone può tranquillamente usarne uno di 10 euro per due, tre o quattro ore di lavoro. Basta che esibisca dei buoni già acquistati e può farla franca. Di fronte a una ispezione è veramente difficile provare l'esistenza di prestazioni lavorative ulteriori rispetto a quelle effettivamente remunerate con la cessione di un voucher. Difatti i sindacati già da tempo ne denunciano un uso irregolare e truffaldino.
Il nuovo Mussolini Renzi ne ha esteso l'utilizzo fino a 7000 euro l'anno allargandolo alla totalità dei settori produttivi e dei servizi, salvo rare eccezioni. Poche ma sostanziose modifiche che renderanno il sistema dei voucher ancora più appetibili per i padroni. Questa forma di rapporto di lavoro va combattuta con ogni mezzo. È la legalizzazione del lavoro nero, rende il lavoratore schiavo del capitale e in totale balia dei suoi tempi, metodi e necessità. Prevede un lavoratore povero, isolato e senza alcuna possibilità di contrattazione con la controparte.
27 maggio 2015