Lo rivela WikiLeaks
Piano segreto di guerra della UE in Libia
Non si escludono azioni di terra
Lo aveva anticipato sotto forma di rivelazioni il quotidiano britannico Guardia
n, tra l'imbarazzo delle autorità europee che avevano smentito, ma ora lo conferma anche WikiLeaks: esiste un piano segreto dell'Unione europea per un intervento militare della UE nel Mediterraneo e in Libia, e l'organizzazione di Julian Assange lo svela pubblicandone in rete due documenti integrali con l'intestazione “restricted” che erano stati approvati nel vertice dei ministri degli Esteri e della Difesa lo scorso 18 maggio a Bruxelles.
In quell'occasione era stata approvata anche la missione aero-navale Eunavfor Med per “distruggere la rete dei trafficanti di migranti” nel Mediterraneo e davanti alle coste libiche, accettando altresì la proposta dell'Italia di guidare la missione militare e ospitarne il quartier generale a Roma; ma ufficialmente la missione non prevedeva, come rivelato dal Guardian
, un intervento di truppe di terra sul suolo libico, ma “solo” un'attività di sorveglianza in mare e di intelligence per raccogliere informazioni sulla rete degli scafisti e dei trafficanti di migranti. Invece i documenti segreti adottati dal vertice e pubblicati da WikiLeaks dimostrano che la raccolta di informazioni è solo la prima delle tre fasi previste, che comprendono anche azioni di guerra in mare e sul suolo libico; che la missione durerà almeno un anno, e comunque fino al conseguimento dell'obiettivo di ridurre drasticamente il flusso di migranti in partenza dalle coste nor-africane; e che la perdita di vite umane è messa nel conto, tanto che si sollecita una strategia mediatica per prevenirne l'impatto negativo sull'opinione pubblica europea.
Azioni di guerra anche sul suolo libico
Particolarmente significativo tra i due pubblicati è il documento segreto del Comitato militare dell'Unione europea (EUMC), datato 12 maggio 2015, e contenente “consigli militari per una bozza di concetto di gestione della crisi per una possibile operazione di Politica di difesa e di sicurezza comune (CSDP), finalizzata a distruggere la rete di trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo centro-meridionale”. Documento che è stato poi adottato in via riservata dai capi della Difesa della UE come “Piano per un intervento militare contro le navi dei rifugiati in Libia e nel Mediterraneo”.
Attacchi alle coste libiche e interventi con truppe di terra sono dati per scontati nel piano, dal momento che si afferma la necessità di “calibrare l'attività militare con gran cura, particolarmente dentro le acque territoriali e le coste libiche, in modo di evitare di destabilizzare il processo politico provocando danni collaterali, distruggendo le attività economiche legittime o creando la percezione di parteggiare per qualcuno”.
Anche in altre parti del documento traspare chiaramente che il piano prevede anche azioni di guerra e scontri nelle acque territoriali, sulle coste e nell'entroterra libico, come quando si dice che “la protezione della forza di intervento è preminente in tutte le fasi, ma ha un significato particolare nei confronti di trafficanti ostili e per ogni ingaggio dentro il territorio sovrano della Libia”. O come quando si ammette, nel capitolo “rischio operativo”, con un esplicito riferimento alla guerra contro lo Stato islamico, che “la minaccia alla forza di intervento deve essere messa in conto, specialmente durante attività come gli abbordaggi e le operazioni a terra o in prossimità di coste insicure, o durante manovre con barconi inadatti a tenere il mare. Anche la potenziale presenza di forze ostili, estremisti o terroristi come quelli del Daesh dovrebbe essere presa in considerazione. Da considerare anche la minaccia proveniente dal gestire grandi flussi di migranti misti”.
Scontata la “perdita di vite umane”
Quali dovrebbero essere gli scopi della missione e quanto dovrebbe durare? Il Comitato militare della UE prevede che la durata dovrebbe essere almeno di un anno, prima di essere ridefinita in base ai “progressi” conseguiti, ma osserva che il suo stato politico finale “non è chiaramente definito”. Quello militare – suggerisce a questo proposito - “potrebbe essere quando i flussi di migranti e trafficanti siano stati significativamente ridotti”. Intanto si può già avviare la fase uno, la cui fine “dovrebbe coincidere con una sufficiente conoscenza dei modelli di affari, finanziamenti, vie di comunicazione, luoghi di imbarco, capacità e identità dei trafficanti di migranti, e queste operazioni di interdizione possono iniziare con la massima probabilità di successo e col minimo rischio”.
Ma che le fasi successive della “guerra ai trafficanti” comportino scontri cruenti e perdite di vite umane, anche tra i migranti, non sembrano esserci dubbi per i militari che infatti, nel capitolo “uso della forza”, si preoccupano di sollecitare un “valido e robusto sistema di regole di ingaggio, in particolare per il sequestro dei barconi in situazioni non conformi, per la neutralizzazione delle barche e delle attrezzature dei trafficanti, per specifiche situazioni come il salvataggio di ostaggi e per la detenzione temporanea di chi minaccia la forza o è sospettato di crimini. Oltre a ciò, l'operazione richiede anche appropriate regole di ingaggio per la gestione dei migranti e dei trafficanti”.
Assicurare il controllo dell'informazione
Molto significativi a questo riguardo i capitoli dedicati alla “strategia dell'informazione” e ai “requisiti legali”, in cui i militari raccomandano ai capi europei di dotarsi di convenienti strategie mediatiche e pezze d'appoggio legali per giustificare la missione sul piano del diritto internazionale e per convincere l'opinione pubblica europea circa i suoi fini “umanitari” e prepararla a digerire senza reagire i “danni collaterali” dovuti a stragi e distruzioni che questa inevitabilmente porterà con sé.
“L'EUMC – dice infatti il documento - identifica un rischio alla reputazione della UE collegato a ogni percepita trasgressione da parte della forza UE a causa di ogni incomprensione dei suoi compiti e obiettivi, o al potenziale impatto negativo di perdite di vite umane che possa essere attribuito, giustamente o ingiustamente, all'azione o alla non azione della forza UE. Perciò l'EUMC considera essenziale fin dall'inizio una strategia di informazione europea per esaltare gli scopi dell'operazione e per facilitare la gestione delle aspettative. L'informazione militare dovrebbe essere parte integrante di questa strategia UE”.
Tale strategia di informazione, suggeriscono inoltre i militari, “dovrebbe evitare di mettere l'accento sul soccorso ai migranti in mare ma enfatizzare che lo scopo dell'operazione è di distruggere il modello di affari dei trafficanti di migranti”, e che semmai proprio “attraverso questa azione di contrasto l'operazione contribuirà indirettamente a ridurre le perdite di vite in mare”. Il “target audience” (l'oggetto di questa strategia di informazione, ndr) “dovrebbe includere la Libia e le regioni confinanti del Nord-Africa”
Lamentando infine che vanno risolti i problemi dell'incertezza del quadro legale entro cui dovrebbe svolgersi l'operazione, e al fine di proteggere la “reputazione” di se stessi e della stessa UE, i comandi militari sottolineano “la necessità di avere chiare cornici e protocolli legali prima di lanciare operazioni militari, idealmente con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU in base all'art. 7 (quello che autorizza l'uso della forza per “difendere la pace” e per “motivi umanitari”, ndr), e un complementare invito da parte di un legittimo governo libico”. L'EUMC raccomanda anche di stabilire “meccanismi di interazione, incluso scambio di informazioni e coordinazione degli strumenti militari dove opportuno”, con altri Paesi “partners”, inclusi Nazioni Unite, Nato, Unione Africana, Lega Araba, Egitto, Tunisia, e finanche Niger e Mali.
Dietro il pretesto “umanitario” della lotta al traffico di vite umane, la UE imperialista nasconde dunque ben altri interessi, che sono quelli di bloccare e respingere indietro i migranti che cercano di sfuggire a fame, malattie e guerre prima che tentino di attraversare il mare; e soprattutto quello inconfessabili di imporre con la forza la propria egemonia sulla Libia per depredarne le ricchezze petrolifere, completando il “lavoro” iniziato con l'aggressione del 2011 e sfuggitole poi di mano creando l'attuale situazione di caos politico-militare.
Lo rileva anche WikiLeaks, denunciando che, come dimostra questo piano segreto, “l'Unione europea schiererà la forza militare contro infrastrutture civili in Libia per fermare il flusso dei rifugiati. Dati i passati attacchi in Libia da parte di vari Paesi europei appartenenti alla NATO e date le provate riserve di petrolio della Libia, il piano può portare ad altro impegno militare”.
4 giugno 2015