Renzi incontra Marchionne a Melfi
Uniti contro il sindacato e il contratto nazionale
Altro che “happy”, i lavoratori della Sata contestano i 20 turni settimanali
Che il capo del governo si rechi in una delle più importanti fabbriche del Paese dove sono impiegati migliaia di lavoratori, apparentemente non rappresenta niente di eclatante e di per sé potrebbe essere catalogata come una visita “istituzionale”, che può tranquillamente rientrare nel ruolo rivestito da Renzi. Invece la visita fatta il 28 di maggio agli stabilimenti della Fiat Crysler di Melfi (PT) assume importanti e multiformi significati e anzitutto rafforza il “patto d'acciaio” tra il nuovo duce Matteo Renzi e il nuovo Valletta della FCA Sergio Marchionne che agiscono in perfetta intesa, senza lasciare nulla al caso e con interventi concordati.
E' stata una visita veloce, ma con una strategia e obiettivi ben precisi. Renzi è arrivato a Bari in aereo in mattinata, ma non ha incontrato quasi nessuno, neppure il segretario e candidato del PD a governatore della Puglia (poi eletto) Michele Emiliano. La sua colpa è stata quella di aver espresso, seppure per meri scopi elettoralistici, giudizi negativi sulla controriforma reazionaria della “Buona Scuola”. L'unico a poter parlare con lui il sindaco del capoluogo Antonio Decaro, ma solo sulla pista dell'aeroporto. Poi via in elicottero verso Melfi.
Quindi é arrivato alla fabbrica su una Jeep guidata da Marchionne, dietro di loro era seduto il presidente di FCA John Elkann. Seguiti da uno stuolo di giornalisti, è stato tutto un susseguirsi di foto ricordo con i padroni di casa, manager e rampolli di famiglia Agnelli, e con alcuni operai. Mancava solo la voce cadenzata e la marcetta musicale dell'istituto Luce, per il resto i servizi apparsi sulle televisioni,sia pubbliche che private, sembravano in tutto e per tutto ai Cinegiornali di propaganda fascista che durante il Ventennio mussoliniano accompagnavano il duce. Allora Mussolini incontrava Valletta al Lingotto, oggi Renzi incontra Marchionne a Melfi. Dopo la scenografia la sostanza: attacchi alla Cgil, alla Fiom, al contratto nazionale, esaltazione del modello Pomigliano e del Jobs Act.
“Per difendere il lavoro non si va ai talk show il martedì sera a fare grandi slogan ideologici, per difendere il lavoro si creano le fabbriche”, è il primo attacco di Renzi portato a Landini, ma per colpire più in generale la Fiom e la Cgil, tutti quei sindacati, quei lavoratori che non si piegano ai diktat della FCA, a rapporti di lavoro di stampo mussoliniano comunemente chiamati “modello Pomigliano” o “modello Marchionne”. Per altro detto da uno che appare in televisione a tutte le ore e ai talk show è di casa, più del suo maestro e possessore di tre canali TV, Silvio Berlusconi
“Hanno detto tutto il male possibile di noi, di Marchionne, del Jobs Act. Qui ci sono persone che hanno un posto di lavoro. Che si crea così, non a chiacchiere”, ha continuato Renzi. Quindi si creerebbero posti di lavoro spremendo i lavoratori con il modello Pomigliano, con i 20 turni di lavoro che si effettuano a Melfi e togliendo i diritti ai lavoratori? Oltre ad essere inaccettabile è anche del tutto falso perché in questi anni di crisi si sono persi un milione e trecentomila posti di lavoro e l'imposizione di un clima da caserma nelle fabbriche, la deregolamentazione del mercato del lavoro, l'attacco ai diritti e lo stesso Jobs Act hanno solo aumentato lo sfruttamento e il precariato e non l'occupazione.
“Quelle di Renzi sono riforme giuste, era necessario sbloccare il sistema”, sono gli elogi con cui Marchionne ha contraccambiato Renzi. L'ad di Fiat Crysler si spinge fino ad appoggiare Renzi sul sindacato unico che secondo lui esiste ”in tutti i sistemi del mondo, lo vedi in Germania, lo vedi in Usa, e non mi pare che siano regimi”, affermando tra l'altro il falso. Il tandem Renzi-Marchionne la vede allo stesso modo e auspica un sindacato corporativo di tipo fascista, dove i lavoratori non sono autonomi ma concorrono, ovviamente in posizione subalterna alla borghesia, a tenere alta la competitività del capitalismo italiano. “Abbiamo bisogno di flessibilità e non possiamo contrattare ogni variazione”, afferma Marchionne, quindi il sindacato non deve porre nessun ostacolo, ma solo convincere i lavoratori ad accettare le decisioni aziendali.
Infine l'attacco al contratto nazionale. Il gruppo FCA per ora non rientra in Confindustria perché ogni azienda deve avere un proprio contratto e non ci deve essere un quadro generale di regole (il contratto nazionale appunto). Ma non si pensi ad attriti tra governo Renzi, Squinzi, gruppo Fiat-Crysler come insinuato da qualcuno perché Renzi era a Melfi anziché all'assemblea di confindustria che si teneva contemporaneamente. Dal palco dell'assemblea degli industriali il presidente Squinzi ha mostrato piena sintonia con il governo: "oggi non ho richieste ne intendo lamentarmi con il Governo di alcunché" mentre sui contratti a detto: “le aziende non possono sostenere due livelli di contrattazione”, che tradotto significa che vogliono eliminare il contratto nazionale o quantomeno ridurlo a un ruolo insignificante.
L'incontro di Melfi é stato molto di più di uno spot elettorale, come ha titolato il manifesto
trotzkista, ma l'ennesimo attacco ai sindacati e alla Fiom in particolare, che nonostante la sentenza della Consulta per il rientro in Fiat è tenuta ancora fuori dai cancelli delle fabbriche del gruppo FCA. Si vuol far credere che per i lavoratori collaborare con i padroni sia più conveniente del conflitto sociale, che sia più conveniente il solo contratto aziendale al posto del contratto nazionale di categoria. In più è stato un maldestro tentativo di mostrare una fabbrica “modello Marchionne” dove i lavoratori sono felici e “orgogliosi” di partecipare allo sviluppo “dell'industria italiana dell'auto” come ha detto Renzi, ma dove in realtà si effettuano 20 massacranti turni settimanali che lasciano liberi dal lavoro solo la domenica pomeriggio.
Chi si ricorda il filmato “happy” (felice)? Il video di propaganda della Fiat che, sulle note di una canzone del momento, mostrava gli operai giulivi e saltellanti tra la catena di montaggio della Sata di Melfi? Tutto falso perché gli operai stanno protestando con forza contro l'accordo sui turni firmato dai sindacati, Fiom esclusa, a febbraio 2015. Tanto che sul web, diffuso dal Fatto Quotidiano
, gira un video di tutt'altro tenore. Si vedono gli operai che durante un assemblea subissano di urla, fischi e insulti un rappresentante della Fismic (sindacato “giallo” e filopadronale) che stava illustrando l'accordo con Fiat sui 20 turni settimanali, osteggiato dai lavoratori che però non hanno avuto la possibilità di esprimere il loro parere attraverso il voto.
4 giugno 2015