Ne discutono gli intellettuali
Uno Stato unico tra palestinesi ed ebrei

 
Il 15 maggio è per il popolo palestinese e per tutti i suoi sostenitori nel mondo il giorno della Nakba, la catastrofe; il ricordo del 15 maggio del 1948 quando l’esercito sionista cacciò dalle loro case e dalle loro terre, costringendoli a vivere nei campi profughi, più di 800 mila palestinesi, del milione e 400 mila che vivevano in Palestina.
Lo storico israeliano Ilan Pappe in merito ha scritto: “(...) Tra febbraio e dicembre del 1948 l’esercito israeliano ha occupato sistematicamente i villaggi e le città palestinesi, facendo fuggire con la forza la popolazione e nella maggior parte dei casi anche distruggendo le case, devastando le proprietà e portando via loro averi e i loro ricordi. Una vera e propria pulizia etnica. Durante questa pulizia etnica ogni volta che vi è stata resistenza da parte della popolazione questa è stata sempre massacrata (...)”.
Lo scorso 15 maggio la ricorrenza è stata celebrata con manifestazioni di vario tipo dai palestinesi, tra le quali la presentazione a Gerusalemme di un libro della studiosa Shirin Hussein dal titolo "The Re-emergence of the Single State Solution in Palestine/Israel" nel quale si rilancia l'ipotesi della soluzione di un unico Stato in Palestina. opposta alla soluzione dei due Stati sostenuta dall'imperialismo. Nell'occasione Pappe ha rilasciato un'intervista pubblicata su il Manifesto nella quale ribadiva che "l’unica soluzione ragionevole per la questione palestinese, lo Stato unico" è viva.
Lo è certamente "almeno se parliamo del mondo accademico e degli attivisti. In numerose università degli Stati Uniti, in Europa e in altre parti del mondo, tra docenti e studenti che si occupano di Israele e della Palestina, il dibattito sullo Stato unico per ebrei e palestinesi cresce di pari passo con lo scetticismo verso la soluzione dei Due Stati, che è stata il perno degli Accordi di Oslo (del 1993, ndr) ma che oggi appare sempre più irrealizzabile, di fronte alla colonizzazione israeliana dei Territori occupati, alle confische di terre e a tutte le politiche di oppressione e privazione di diritti che attuano i governi israeliani".
"In realtà - precisava Pappe - sono tre le idee di Stato unico che si stanno discutendo. La prima è quella di uno Stato laico e democratico, la seconda di uno Stato islamico e la terza di uno Stato binazionale". In ogni caso sono gli abitanti della Palestina che con pari diritti dovranno deciderlo.
"Molti dicono che lo Stato unico è solo una ipotesi accademica - concludeva Pappe - ma sul lungo periodo, di fronte alla gravità della situazione e al quadro demografico di israeliani e palestinesi, lo Stato unico non potrà che conquistare consensi crescenti".
Le proposte per una soluzione della questione palestinese riportate negli accordi di Oslo del 1993, o le varianti riportate in tutti i piani successivi, si sono dimostrate inconcludenti e comunque funzionali agli interessi degli imperialisti sionisti israeliani e dei loro protettori imperialisti. L'ipotesi dei "due popoli, due stati" non è altro che la continuazione di questa politica che nega i diritti dei palestinesi. Una diversa ipotesi per una soluzione che prevede un solo Stato in Palestina, discussa e sostenuta anche tra i progressisti ebrei, ha contro la macchina propagandistica imperialista e fatica anche solo a farsi conoscere.
Non è comunque solo una ipotesi accademica, come confermava un articolo dello scorso anno di un quotidiano italiano che riferiva della situazione nel villaggio di Nabi Saleh, una roccaforte di Al Fatah a metà strada fra El Bireh e Ramallah, dove il locale "Comitato di coordinamento della lotta popolare" organizzava la resistenza all'occupazione e propagandava la soluzione dello "Stato unico, una nazione con arabi ed ebrei titolari di pari diritti", anche perché la soluzione dei due Stati "comporterebbe comunque di vivere fra barriere, posti di blocco e soldati".

10 giugno 2015