Gli astenuti raggiungono la quota record del 51,7%
Il nuovo governatore della Campania De Luca votato solo dal 19,9% dell'elettorato
Migliaia di lavoratori, precari e disoccupati cingono d’assedio la Regione e chiedono le sue dimissioni. De Luca sospeso da Renzi. Il M5S punta a nuove elezioni nonostante abbia perso quasi 300mila voti dal 2013
Al sistema capitalista va contrapposto e scelto il socialismo per dare il potere politico al proletariato

Redazione di Napoli
La destra e la “sinistra” del regime neofascista hanno avuto una durissima batosta dalle masse popolari in Campania che alle elezioni regionali tenutesi lo scorso 31 maggio hanno punito severamente con l’astensionismo i candidati e i loro programmi presentati durante la campagna elettorale. È questo il responso che condanna anche l’“impresentabile”, secondo la Commissione antimafia, Vincenzo De Luca (PD), sponsorizzato dal nuovo duce Renzi, che è stato votato appena dal 19,9% degli aventi diritto: neppure un campano su cinque ha voluto dargli fiducia. Una debacle che ha travolto anche il governatore uscente Caldoro e la sua giunta antipopolare, nonché il Movimento 5 Stelle che esce fortemente ridimensionato nonostante che, per la prima volta nella sua breve storia politica, porti diversi consiglieri in giunta. Praticamente tramontate fin dal nascere le velleità di Vozza (Sel) e dell’ex assessore alla giunta De Magistris, Esposito (con la lista ‘Mo’), che non sono riusciti ad attirare gli astensionisti di sinistra, anticapitalisti e antifascisti nella trappola elettoralistica.

L’astensionismo
Le masse popolari campane non solo non hanno ascoltato le solite sirene antiastensioniste, i consueti proclami vacui, le promesse fumose e i programmi lontani anni luce dai loro bisogni immediati, pronunciati dai diversi candidati a governatore, ma più volte hanno espresso chiaramente, tramite i Comitati territoriali
per l’ambiente e i movimenti dei senzalavoro organizzati, la voglia di astenersi. Lo si è visto anche nei ballottaggi di domenica 14 giugno in diversi comuni della provincia di Napoli, come ad esempio, Giugliano, al centro di aspre polemiche per l’annosa questione ambientale relativa alla “Terra dei Fuochi”.
Non sono mancati gli episodi di malaffare e corruzione, come le schede prestampate con il simbolo marcato sia ad Eboli che a Battipaglia, in provincia di Salerno; pacchetti di sigarette pieni di soldi a Giugliano per comprare voti; a Varcaturo e a Cardito alcuni elettori sono stati denunciati perché hanno fotografato il proprio voto per compiacere i candidati di zona; due galoppini sono stati arrestati al seggio di via Cuparella, ad Ercolano, mentre cercavano di acquistare il consenso di due elettori pagando 20 euro a testa. Per non parlare della convocazione di 170 presidenti di seggio da parte della Corte di Appello di Napoli per scorrettezze nella compilazione dei verbali di registrazione dell’andamento della giornata del 31 maggio, a conferma della scarsa genuinità dell’elezione regionale. Una vergogna senza fine che ha indignato ancora di più le masse che hanno eretto un vero e proprio muro tra i loro bisogni immediati e gli interessi egoistici e personali dei vari candidati di regime e dei loro galoppini pronti a qualsiasi nefandezza pur di accaparrarsi una maggior fetta di voti. Un muro di ben 2.565.749 elettori che hanno scelto di disertare le urne, lasciare la scheda in bianco o annullarla, pari al 51,7%, record storico dal dopoguerra, con un aumento del 10,8% (+544.728) rispetto alle elezioni regionali del 2010 (dove gli astensionisti furono 2.021.021). Dalle elezioni politiche del 2013 ad oggi il balzo è stato del 16,7% con quasi un milione di nuovi astensionisti (+957.215) che in quell’anno arrivarono a quota 1.808.533.

Travolti tutti i partiti di regime
L’ondata astensionista ha letteralmente travolto tutti i partiti del regime neofascista, nessuno escluso. Una babele per il regime neofascista e i suoi addentellati. A farne le spese sono stati sicuramente l’accozzaglia di fascisti, inquisiti, borghesi e provocatori che sostenevano l’ex PSI Stefano Caldoro, fortemente sponsorizzato dal neoduce Berlusconi, al punto da sacrificare anche l’apporto dei cosentiniani, che alla fine decidevano di salire sul carro di De Luca. Basti pensare che Forza Italia perde quasi mezzo milione di voti passando da 872.628 delle regionali del 2010 a 405.550 pari a -9,4%; raffrontato alle elezioni politiche del 2013 la forbice aumenta con un -10,6% pari a 459.573 voti in meno.
Un disastro che non si attenua neanche con i voti intercettati dalle liste civiche che appoggiavano Caldoro, né dai fascisti di Fratelli d’Italia che, nonostante un piccolo aumento di voti, si attestano a un misero 2,5%. Una punizione durissima per le smanie di rielezione di Caldoro che sconta il fallimento nel campo del lavoro, dell’ambiente e dei trasporti dove ha fatto orecchie da mercante per cinque anni.
Non può cantare vittoria nemmeno il PD che perde 209.451 voti (-5,3%) rispetto alle politiche 2013 e 146.870 voti (-3%) rispetto alle regionali 2010, scendendo per la prima volta sotto la soglia dei 10 punti percentuali (8,9%). Un calo che ha ringalluzzito il neoliberale Bassolino, dichiaratosi pronto a soccorrere i “naufraghi” del PD campano, pur di rimettere le mani sulla direzione regionale del partito di Renzi.
Quello del M5S è un vero e proprio tifone in miniatura, nonostante i pomposi proclami dei responsabili campani del movimento di Grillo e Casaleggio, primi fra tutti il vicepresidente della Camera Di Maio: sono 387.327 i voti presi il 31 maggio, con un aumento rispetto alle elezioni regionali del 2010 (dove però il movimento aveva emesso da poco i suoi primi vagiti) e una consistenza perdita rispetto alle politiche del 2013 che fecero registrare il “boom” del M5S. Al raffronto i pentastellati perdono addirittura 274.121 voti passando dal 14,4% al 7,8% (-6,6%), pagando l’abbandono delle lotte di massa territoriali, prima fra tutte l’ambiente, un programma poco convincente fondato sulla cantilena del reddito di cittadinanza e, soprattutto, la campagna razzista anti “clandestini” portata avanti da Grillo con dichiarazioni degne dei topi di fogna nazifascisti.
Concludono mestamente la loro avventura elettorale i patetici e ridicoli falsi comunisti raccolti nell’ennesimo tentativo di arrestare il fiume astensionista che a sua volta li travolgeva: neanche un consigliere regionale ed erosione del fantomatico “zoccolo duro” che per anni aveva rappresentato quei sinceri comunisti che votavano i partiti di Bertinotti, Rizzo, Diliberto, Ferrero, Procaccini.

Bisogna lottare contro il capitalismo e per il socialismo
L’astensionismo è oggettivamente un voto anticapitalista, antigovernativo e antistituzionale, al punto che ha determinato addirittura il default di un consiglio regionale appena eletto e che si trova nel caos più totale; ma non lo è ancora soggettivamente. Nella stragrande maggioranza dei casi infatti l’elettorato di sinistra anche se astensionista non ha maturato ancora una coscienza anticapitalista e non lotta per il socialismo. È necessario, dunque, lavorare affinché l’elettorato di sinistra maturi la coscienza di concepire l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo e che solo lottando contro il capitalismo per il socialismo è possibile cambiare davvero l’Italia e dare il potere politico al proletariato.

La sospensione di De Luca
A quasi un mese dall'elezione a governatore della Campania di Vincenzo De Luca, sembrava ormai scontata l’applicazione della legge Severino che spingeva l’ex neopodestà di Salerno verso la sospensione perché condannato in primo grado per abuso di ufficio.
Venerdì 5 giugno la Procura di Salerno annunciava il deposito dell’appello contro De Luca e chiedeva alla Corte la riqualificazione del reato di abuso di ufficio in quello più grave di peculato. Il 27 giugno De Luca veniva sospeso con un decreto firmato da Renzi, saltava il Consiglio regionale con il conseguente caos che spingeva migliaia di operai, precari e disoccupati a scendere in piazza cingere d’assedio il palazzo del Consiglio regionale sito al Centro Direzionale e chiedere le immediate dimissioni di De Luca.
I legali dell’“impresentabile” depositavano presso il Tribunale di Napoli un ricorso per chiedere l'annullamento del decreto. Renzi le ha tentate tutte per spingere comunque l’amico De Luca ad insediarsi e nominare, frattanto, un governatore ad interim – come suggerito maliziosamente dall’Avvocatura dello Stato - in attesa di un riscontro alla soluzione della legge Severino che verrà sottoposta al vaglio di legittimità dalla Corte Costituzionale in ottobre. Un rischio altissimo quello del diniego di De Luca di formare la giunta al punto che lo stesso non partecipava nemmeno alla cerimonia del passaggio di consegne con Caldoro: la legge indica, ora, il termine perentorio del 12 luglio prossimo entro il quale il Consiglio dovrà insediarsi, pena la decadenza e il ritorno alle urne. Diversamente e in maniera testarda e tracotante, il neogovernatore auspica e spinge per una rapida decisione il Tribunale civile affinché si pronunci sulla sospensione del provvedimento di sospensione; non tenendo conto che la stessa potrebbe non arrivare per quel termine ultimo del 12 luglio. Il mancato passaggio di consegne, il mancato ingresso a Palazzo Santa Lucia, la scelta di non nominare subito il vice e la giunta pone la Campania in una situazione di stallo gravissimo e senza precedenti.

1 luglio 2015