In 7 anni di crisi del capitalismo la povertà in Italia è aumentata del 130%
8 milioni di poveri. 4,1 milioni poverissimi. Ma per Renzi “l'Italia ha svoltato”
I poverissimi si rivolgono agli enti assistenziali per pasti gratuiti e pacchi alimentari
Quasi la metà dei poveri vivono nel Mezzogiorno
Ancora dati drammatici che confermano che sono state anzitutto le masse popolari e lavoratrici ad aver subito sulle loro spalle in questi anni il peso della crisi capitalistica. Lo rileva l'Istat nell'indagine sulla spesa delle famiglie che evidenzia una fascia molto ampia di popolazione che vive in povertà relativa. Nel 2014 sono 2 milioni 654 mila le famiglie in tale condizione (il 10,3% di quelle residenti), quasi 8 milioni d' individui (il 13% della popolazione), stabile rispetto al 2013.
Non bisogna farsi ingannare dalla parola “relativa”, difatti non si tratta di chi guadagna meno della media nazionale, bensì di un coefficiente che per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona nel Paese (ossia alla spesa pro capite che si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti). Nel 2014 questa spesa è risultata pari a 1.041,91 euro mensili, non per il singolo, ma per l'intera famiglia.
Nonostante il 2014 non registri un aumento bisogna però puntualizzare che questi dati riconfermano una situazione già gravissima, che dall'inizio della crisi nel 2008 in sette anni ha visto in Italia il balzo in avanti della povertà del 130%. Nel 2007 i poveri assoluti erano quasi un milione e 800mila mentre al 2014 sono oltre 4 milioni. Un effetto devastante delle politiche di austerità (per le masse), dei tagli alla spesa sociale e della deregolamentazione del mercato del lavoro che per salvare il capitalismo hanno creato milioni di nuovi poveri.
Per poveri “assoluti” s'intendono quelle persone che non hanno la possibilità di sostenere una spesa considerata essenziale per una determinata famiglia per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.
La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza, ma per tutti equivale ad essere poverissimi.
Le cifre, nude e crude, parlano chiaro: nel 2014 1 milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) era in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni 102 mila persone (6,8% della popolazione residente). E Coldiretti rileva: a dover far ricorso agli aiuti alimentari per poter semplicemente bere il latte o mangiare sono stati in Italia 428.587 bambini con meno di 5 anni, secondo il rapporto dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Alla Caritas crescono gli indigenti alla ricerca di un un pasto da consumare, circa la metà sono italiani.
Come hanno giustamente sottolineato i portavoce di alcune associazioni di consumatori, è una situazione vergognosa, da Terzo mondo, in apparente contrasto con un Paese che si definisce democratico, avanzato, sviluppato e persino ricco. Critica anche la Cgil. Vera Lamonica, segretario confederale afferma: “Sulla povertà la notizia è che in Italia rimane una fascia molto estesa di persone in grande sofferenza....i numeri dicono che i poveri sono il doppio di quanti erano all’inizio della crisi: il Governo non gioisca, ma intervenga”.
Anche questi dati confermano il divario del Mezzogiorno con il resto del Paese, con percentuali che salgono al Sud (8,6%) e sono più basse al Nord (4,2%) e al Centro (4,8%). Tra gli oltre 4 milioni di poveri, quasi la metà, 1 milione 866 mila risiedono nel Mezzogiorno (l’incidenza è del 9%). Invece 2 milioni 44mila sono donne (il 6,6%), 1 milione 45 mila minori (il 10%), 857 mila hanno un'età compresa tra 18 e 34 anni (8,1%) e 590 mila sono anziani (pari al 4,5%).
Un'altra tipologia di famiglie particolarmente colpite sono quelle formate da immigrati, dove la povertà è superiore rispetto a quelle composte solamente da italiani: dal 4,3% di queste ultime al 12,9% per le famiglie miste fino al 23,4% per quelle composte da soli stranieri. Al Nord e al Centro la povertà tra le famiglie di stranieri è di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani, nel Mezzogiorno è circa tripla.
Significative anche le differenze tra le classi. La povertà assoluta riguarda in misura marginale le famiglie con a capo piccoli imprenditori, liberi professionisti o dirigenti (incidenza inferiore al 2%), si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (4,4%), sale al 9,7% tra le famiglie di operai per raggiungere il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (16,2%). L'incidenza di povertà assoluta scende anche in base all'aumentare del titolo di studio: se la persona di riferimento è almeno diplomata, l'incidenza (3,2%) è quasi un terzo di quella rilevata per chi ha la licenza elementare (8,4%).
“L'Italia ha oggettivamente svoltato.... se manteniamo il ritmo sulle riforme avremo dati di crescita significativi”, sono state le prime dichiarazioni a caldo del nuovo duce Renzi. Ma il mondo reale è ben diverso da quello di twitter dove costui ama lanciare i suoi slogan. Un commento surreale e quasi comico se non stessimo parlando di persone che non sanno come tirare avanti e non hanno i soldi neppure per mangiare.
Un atteggiamento arrogante che giudica come una buona notizia il fatto che in Italia vi siano 4,1 milioni di poveri solo perché non sono aumentati rispetto all'anno precedente. Infine proprio quelle controriforme piduiste e neofasciste (Jobs Act tra tutte) che hanno contribuito non poco a far crescere la povertà, anche tra chi lavora, che colloca il suo governo antioperaio e neofascista tra i peggiori della storia repubblicana italiana. Un governo che va cacciato con la lotta di piazza al più presto, prima che faccia ulteriori danni.
22 luglio 2015