100 mila abitanti inquinati per decenni nonostante le autorità conoscessero la pericolosità della centrale a carbone
Protetta dal sottosegretario PD De Vincenzi la centrale dei veleni di Vado Ligure
Suggerì azioni disciplinari contro il Pm che indagava
Esattamente com'è accaduto a Taranto per l’Ilva dei Riva, anche contro il sequestro della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure (Savona) di proprietà per il 50% della società francese Gaz de France e per il 39% dell’italiana Sorgenia controllata dalla Cir di Carlo De Benedetti, governo e PD hanno scatenato una vera e propria crociata contro il Pubblico ministero Maria Chiara Paolucci e il procuratore capo di Savona Francantonio Granero che nel marzo 2014 hanno apposto i sigilli alla centrale dei veleni in seguito agli oltre 442 morti accertati causati dai fumi originati dlla combustione di carbone tra il 2000 e il 2007.
L’ordinanza con cui il gip savonese ha disposto il sequestro parla con assoluta certezza di nesso di causalità tra le emissioni della centrale e numerose patologie riscontrate nell’area.
Due inchieste
Sull’attività di Tirreno Power sono aperte da tempo due inchieste giudiziarie: una per disastro ambientale e l'altra per omicidio colposo da cui è emerso che i vertici dell’impianto avrebbero truccato deliberatamente i dati sulle emissioni pur di mantenere in funzione la centrale a carbone di Vado Ligure, e questo è potuto accadere grazie alla oggettiva complicità di tutte le amministrazioni pubbliche, regione, comuni e provincia governate sia dal “centro-sinistra” che dal “centro-destra” che con la complicità dei padroni e dei sindacati si sono schierati tutti contro il fermo della centrale. “Comportamenti omissivi da parte delle istituzioni, sui mancati controlli” sono da imputare anche ai massimi vertici dei ministeri dell'Ambiente, della Salute e dello Sviluppo eronomico che hanno cercato in tutti i modi di "ammorbidire" la situazione.
“Cerchiamo di fare una porcata - dice in un'intercettazione ambientale Giuseppe Lo Presti, dirigente del ministero dell'Ambiente - almeno che sia leggibile”. E Antonio Milillo, suo collega, precisa: “Un porcellum”. Ancora Lo Presti: “Fra un'ora il ministro andrà a parlare con l'altro ministro e devono mettersi d'accordo... hanno scritto questa, che però va sistemata”.
Non a caso il procuratore Granero ha ribadito più volte: “La vera controparte sono diventati la Regione, i Comuni, la Provincia. Io non mi meraviglio che l’ad di Tirreno Power ce la metta tutta per dimostrare la sua innocenza. Se, invece, questo lo fanno le istituzioni, mi crea un certo imbarazzo”.
È proprio l’assenza di controlli pubblici chiama in causa il grande burattinaio e generoso finanziatore dei partiti di “centro-sinistra”, Carlo De Benedetti, che omettendo controlli e misure di sicurezza si è accaparrato insieme ai padroni francesi profitti da capogiro e distribuito dividendi per oltre 700 milioni di euro.
Ecco perché il Pm e i carabinieri del Noe che hanno svolto le indagini giudiziarie sono costantemente sotto “pressione” e nel mirino del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il PD Claudio De Vincenzi che difende a spada tratta la centrale dei veleni e suggerisce ai vertici di Tirreno Power la stada per aggirare le prescrizioni dell'Autorizzazione Integrata Ambientale e l'intenzione di scippare l'inchiesta alla procura di Savona promuovendo un'azione disciplinare presso il CSM contro il procuratore e il Pm titolare delle indagini. A confermarlo è sempre Lo Presti che in una intercettazione chiede al direttore di Tirreno Power, Massimiliano Salvi: “La Severino che vuole fare?”. E Salvi risponde: “La Severino dice... allora... in teoria, in sto Paese i procuratori possono fare quello che vogliono. In teoria... in pratica... è un gesto molto forte... per cui dico... pure De Vincenti ieri mi dice, ma non si può fare un esposto al Csm... non si può fare aprire un'indagine da parte del ministero della Giustizia?”.
Manovre che il procuratore Granero aveva già denunciato davanti alla Commissione Rifiuti del rarlamento affermando fra l'altro: “Io sono stato soggetto a pressioni di tutti i tipi, come ricatti e pedinamenti. Se si vanno a toccare determinati interessi, succede questo”. Per non parlare del siluramento di Vincenzo Paticchio al vertice del Noe con Sergio Pascali “molto apprezzato” dal ministro Roberta Pinotti; la possibile revoca della delega di polizia giudiziaria al vice-comandante Sergio De Caprio, il capitano “Ultimo” che arrestò Totò Riina e il commissariamento di tutto il reparto operativo che ha indagato nei palazzi della politica.
Il lavoro di De Vincenzi
Emblematica in tal senso è l'intercettazione di un'altra telefonata fra De Vincenti e Andrea Mangoni, all’epoca amministratore delegato di Sorgenia (e oggi in Fincantieri): “Ciao Claudio - esordisce con la massima confidenza il manager - a noi ci viene da lì, a livello istituzionale, ma anche di rappresentanza parlamentare, di collegi… intendo dire nostre… cioè PD… una richiesta molto forte di un segnale da parte del governo… del tipo che si stanno muovendo sulla strada giusta”. E il braccio destro di Renzi risponde: “Fammi sentire Burlando… però devo evitare di dare l’impressione di ingerenza”. E poi c'è anche l’ex guardasigilli Paola Severino (attuale legale di Tirreno Power) che incontra il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, per parlare della questione. E ci sono i colloqui dei dirigenti del ministero dell’Ambiente che sono talmente schifati delle loro stesse nefandezze da arrivare a dire: “Siamo dei farisei”, “Mi sputerei in faccia da solo”, “C’hai le mani lorde di sangue”. Mentre un alto dirigente di via Cristoforo Colombo rivolto a un manager della Tirreno Power aggiunge: “È inutile che lui – un manager Tirreno Power, ndr – dice che non dorme la notte... rappresenta un’azienda che è stata scorretta e opaca”. Fino al colloquio tra Mangoni e un dirigente Mediobanca. Che dice: “Se questa cosa va nella merda... diventa un danno ambientale enorme... su cui c’è una responsabilità vostra... che avete portato via 700 milioni di dividendo... che sarebbero stati lì per rifare la centrale d’oro” ossia ammodernare l’impianto e mettere in sicurezza la popolazione come giustamente hanno chiesto i Comitati e gli abitanti che hanno raccolto diecimila firme su 60mila residenti.
Governo centrale e locali dalla parte degli inquinatori
Ma invece di legiferare a favore della salute pubblica, il governo si schiera al fianco dei padroni tanto che, annotano gli inquirenti: “A un certo punto sembra che il tentativo delle istituzioni di 'dare una mano' a Tirreno Power con una norma ad hoc diventi concreto”. Le intercettazioni del Noe rivelano come “Burlando e il suo dirigente Gabriella Minervini si lamentano addirittura che i pareri (dei tecnici, ndr) rinforzano la posizione dei pm” con Minervini che “esercitava una rilevante pressione nei confronti dell’Istituto tumori”, già destinatario di finanziamenti della Regione, chiedendo “l’elaborazione di un documento di critica alla consulenza dei pm”. Inoltre Minervini e un funzionario della provincia, scrivono i Pm, “concordavano di predisporre le bozze delle rispettive giunte… ‘lasciando in bianco i numeri’ per consentire all’azienda di dire l’ultima parola”.
In base a tutto ciò, il 18 giugno la Procura savonese ha notificato agli imputati 86 avvisi di conclusione indagini. Tra i destinatari spicca Mariano Grillo, direttore del ministero dell'Ambiente dove è responsabile della Divisione Valutazioni Ambientali più otto membri della Commissione ministeriale Ippc (Integrated Pollution Prevention and Control) e tre della commissione Via (Valutazione impatto ambientale del ministero). Seguono l'ex presidente della regione, il boss del PD Claudio Burlando, e tutti gli assessori della sua giunta fra cui la renziana doc Raffaella Paita alle Infrastrutture, Claudio Montaldo alla Sanità, Renzo Guccinellie al Commercio e Renata Briano all'Ambiente, insieme al direttore regionale Gabriella Minervini.
Indagata anche tutta la giunta provinciale di “centro-destra” di Savona compreso l'ex presidente Angelo Vaccarezza e il dirigente dell'ufficio ambiente Vincenzo Gareri. Più tutti gli attuali e gli ex sindaci di Quiliano, Alberto Ferrando, e il predecessore Nicola Isetta (e quattro assessori) e di Vado Ligure, Monica Giuliano, e gli ex Carlo Giacobbe, Attilio Caviglia più quattro assessori a cui si aggiungono una quarantina tra direttori, capi centrale e consiglieri dei cda di Tirreno Power che si sono succeduti nel tempo tutti fra cui Massimiliano Salvi, Pasquale D'Elia, Emilio Macci, Stefano La Malfa, Giovanni Gosio, tutti accusati a vario titolo di reati gravi e infamanti che vanno dal disastro ambientale all'omicidio colposo, dall'abuso d'ufficio al falso ideologico.
Ma Sergio Rossetti (ex assessore di Burlando) e Angelo Vaccarezza, nonostante l'avviso di garanzia, continuano fare carriera e sono stati nominati rispettivamente vicepresidente del Consiglio regionale e capogruppo di Forza Italia nonostante siano tra i massimi responsabili di quella che gli inquirenti definiscono “una vera e propria catena di decessi (427 tra il 2000 e il 2007), ricoveri di bambini (433 nel 2005-10) e di adulti (2.161 nello stesso quinquennio) per patologie respiratorie o cardiovascolari”.
22 luglio 2015