La Sicilia non merita di essere governata dagli imbroglioni politici sostenitori del capitalismo e del potere della borghesia
Crocetta fa la vittima e non si dimette. Ma è pur sempre un falso antimafioso e affamatore delle masse siciliane
Il governatore blinda la discussione parlamentare. Nessun partito del regime presenta una mozione di sfiducia né rivela l'intenzione di farlo. Il PD lo critica, ma lo sostiene
Il disgustoso dibattito all'Ars conferma che alle elezioni bisogna astenersi per sfiduciare i partiti del regime e il capitalismo per il socialismo
Dal nostro corrispondente della Sicilia
L'ha chiamata “opera di ricerca della verità” nell'incipit del suo discorso al parlamento siciliano il governatore Rosario Crocetta, PD. Ma già i toni personalistici e vittimisti, lo scientifico aggiramento di ogni problema sollevato in questi giorni, accompagnato dalla volontà di negare ogni valore politico alla vicenda di cui è l'infame protagonista, il rifiuto di replicare alle pur deboli richieste del parlamento siciliano, hanno caratterizzato in senso arrogante, antipopolare, ducesco l'annuncio: “Io non mi dimetto”.
Meno di settimana è passata tra la pubblicazione delle intercettazioni, il 17 luglio, e il passaggio parlamentare del 23 luglio, ma tanto è bastato a un governatore “capace di tutto nel bene e nel male” – come ha rilevato il gelese Salvatore Morinello, ex-assessore regionale dei Comunisti italiani dal 1998 al 2000, che lo scoprì e lo lanciò in politica - a rimangiarsi tutte le sue dichiarazioni e a mettere in atto la strategia del ribaltone.
Il governatore liquida frettolosamente il caso Borsellino. L'intercettazione non si trova, secondo la magistratura, quindi non esiste un caso Borsellino, ma un caso Crocetta, vittima di una “vicenda di poteri occulti che minacciano la democrazia”, vittima di “falsi scoop” e di una “deriva populista e demagogica”.
Un'offesa all'intelligenza popolare, proprio mentre imperversano le intercettazioni sul caso del primario di Villa Sofia e sulla lottizzazioni della sanità degne dei peggiori governi di stampo democristiano, con l'aggravante però della strumentalizzazione della lotta alla mafia.
Il discorso di Crocetta in parlamento è politicamente omertoso. Non esisterebbe neanche il problema della nomina dei manager, in quanto questi sarebbero stati selezionati in base a “criteri molto rigidi e di un'istruttoria della segreteria tecnica dell'assessorato, che aggiungevano ulteriori limitazioni alla nostra possibilità discrezionale consentita dalla legge”. E di quella lista di manager, molti dei quali poi nominati proprio sulle poltrone di cui parlano il 23 marzo del 2014 Matteo Tutino e l’allora commissario di Villa Sofia, Giacomo Sampieri, non ha nulla da dire Crocetta? E non ha niente da dire neanche sull'impegno profuso in prima persona a trovare u pusticieddu all’indagato Sampieri, quando questi dopo l'avviso di garanzia è costretto dalla Borsellino a lasciare? Non trova il governatore indecente il suo comportamento politico quando, come scritto nella lettera di Lucia Borsellino alla Procura di Palermo (8 luglio 2014), invia il deputato trapanese Camillo Oddo, PD poi passato alla Lista Megafono con Crocetta e il presidente del gruppo parlamentare Lista Megafono, Giovanni Di Giacinto, dall'assessore per sollecitare la nomina di Sampieri quale direttore sanitario dell’Asp di Trapani?
E perché Crocetta non dice nulla del colloquio telefonico in cui egli stesso promette a Tutino di togliergli di torno il direttore amministrativo di Villa Sofia, Daniela Faraoni, che aveva sollevato dubbi sul curriculum dell'amico medico di Crocetta?
E come mai la dirigente viene “sbagnata” a Caltanissetta nel luglio del 2014? Ed è possibile che Crocetta non abbia nulla da dire sulla vicenda della banca dei tessuti di Villa Sofia, che Tutino - secondo gli inquirenti - voleva affidare, senza concorso, alla moglie di un poliziotto che gli passava informazioni riservate?
Il “dibattito” in parlamento
Insomma, dopo l'intervento del governatore rimangono più aperte che mai tutte le domande che le masse popolari gli pongono e rimane confermata la certezza che la natura politica dello scambio clientelare tra lui e il suo medico nasconde un giro di affari milionario, scorrettezze amministrative, insabbiamenti e protezioni d'alto livello.
Il blindatissimo “dibattito” parlamentare, condizionato dal terrore dei deputati di andare a casa e abbandonare una poltrona che vale almeno 20mila euro al mese, non è andato a fondo. Non ha messo in evidenza l'atteggiamento ducesco di Crocetta, che si rifiutava al confronto in aula e alla replica, né ha analizzato la natura della sua ascesa politica e del suo giro clientelare. Deboli gli accenni “critici” dell'opposizione, si va da qualche timida richiesta di tirare le somme (Gruppo misto), alla richiesta di stabilire “insieme una exit strategy", NCD, a una richiesta di dimissioni (M5S), non seguita da alcuna presentazione di mozione di sfiducia né da alcun annuncio circa un possibile dibattito politico sulla questione, alla richiesta del presidente dell'opposizione e gruppo Lista Musumeci di "andare a casa sua con i suoi cortigiani” rimessa nelle mani del governatore “questo è il tempo delle scelte responsabili che solo lei può compiere", all'incredibile uscita del capogruppo dell'UDC Mimmo Turano, che “preoccupato” dalle dichiarazioni della Borsellino si accorge che qualcosa non torna nella sanità, da sempre gestita dal suo partito in Sicilia. Per arrivare alla conclusione del “dibattito” con l'intervento di appoggio del capogruppo del PD, Antonello Cracolici che, sulla stessa linea di Crocetta, insabbiando l'intera vicenda sanità, sposta il problema: l'intercettazione in cui Tutino si rivolge al governatore volendo morta la Borsellino non ci sarebbe, e i suoi “dubbi sono finiti quando il procuratore di Palermo ha smentito”, dunque sono da considerare “poco valutate politicamente” le dimissioni dell'assessore.
Cracolici finge di non sapere che Lucia Borsellino si è dimessa ben prima della notizia dell'intercettazione cui si riferisce l'Espresso
e si è dimessa in forte rottura con i metodi gestionali del gruppo di potere legato a Crocetta. In ogni caso, come ormai è dato acquisito dalle masse popolari e persino da una parte della politica borghese, il problema vero va ben oltre la questione dell'intercettazione che non si trova e coinvolge l'intero apparato e metodo di governo. “Dietro al vessillo dell'antimafia – come ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – Crocetta nasconde un sistema di potere che crea una situazione di ricatto nei confronti degli interlocutori ". E' questo l'elemento fondamentale del problema, checché ne voglia dire o tacere un parlamento succube, che ha partorito un “dibattito” omertoso, preparato a tavolino per servire su un piatto d'argento al delegittimato Crocetta un'occasione per rifarsi il trucco.
E non si può nascondere che il parlamento regionale si è piegato al diktat di Renzi che ha imposto alla Sicilia la permanenza di Crocetta. E' troppo interessato il nuovo duce alle concrete promesse di partecipare alla spartizione della torta Sicilia che il governatore sta facendo baluginare davanti agli occhi dei suoi voraci picciotti. Dall'assessorato alla sanità, ormai in mano ai renziani, alla possibile prossima nomina alla guida delle attività produttive, dopo l'abbandono dell'assessore dimissionario n. 37, Linda Vancheri, funzionario di Confindustria. E l'ipoteca su quel posto messa dai renziani è notevole: 500 milioni di euro arrivano da Roma per coprire il disavanzo finanziario e consentire al corrotto gruppo di potere di Crocetta dai metodi mafiosi e rapaci di rimanere in sella e continuare a far scempio.
Ma non c'è lifting
politico che tenga. Sono tre anni che Crocetta governa con il suo gruppo di compari e non da ieri la sua “rivoluzione” insieme alle sua antimafia da operetta si sono rivelate come la copertura ideologica per la più grossa operazione di manciunigghia e scalata politica dell'era presidenzialista in Sicilia.
Crocetta manovrando soltanto negli interessi dell'alta borghesia ha contribuito a concentrare in poche mani miliardi di euro, ingigantendo e scaricando interamente sulle masse popolari siciliane l'effetto domino negativo della crisi del capitalismo internazionale. E' Crocetta il responsabile della chiusura di migliaia di attività produttive, del crollo dell'agricoltura e del PIL, - 24% nel 2014, che ha ingigantito il problema della disoccupazione, 22,3% nel 2014 (+3,7 punti in più rispetto al 2013), l’emorragia di posti di lavoro, -2,3% (Istat gennaio 2015), dell'emigrazione, della povertà galoppante, con il 25,2% delle famiglie in situazione di indigenza (Istat luglio 2015).
Un governo che verrà ricordato per la sanità ridotta a terreno di battaglia tra bande, il flop della formazione professionale, le migliaia di lavoratori senza stipendio da anni, la svendita ai privati dell'energia e delle estrazioni petrolifere, lo sfascio del trasporto pubblico, della viabilità, il crollo della Palermo-Catania, le città sommerse dai rifiuti, il ciclo dello smaltimento consegnato ai privati e alle ecomafie.
Sul piano istituzionale verrà ricordato per il “capolavoro” neofascista dell'abolizione delle province, annunciata come la madre di tutte le “riforme” crocettiane, conclusasi nell’eliminazione di uno spazio di democrazia rappresentativa borghese sostituito con commissari decretati dal governatore duce. Sul piano internazionale verrà ricordato per aver svenduto la Sicilia agli interessi guerrafondai degli imperialisti Usa e Ue, imponendo la costruzione del MUOS.
Crocetta, ha miseramente fallito agli occhi delle masse popolari rivelandosi come un ipocrita imbroglione a capo di un governo di affamatori e ladri di fondi pubblici e, checché ne dica Renzi che ce lo vuole imporre, se ne deve andare!
Che le masse lavoratrici, i pensionati, i disoccupati, i precari, gli studenti, i sindacati e i movimenti, le forze politiche, sociali, culturali e religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e progressiste facciano propria la battaglia per cacciare via Crocetta, falso antimafioso e affamatore delle masse siciliane.
Alle prossime elezioni regionali bisogna sfiduciare e delegittimare con una valanga di voti astensionisti i partiti e le istituzioni del regime capitalista, neofascista e mafioso, che hanno ridotto la Sicilia alla miseria e a terra di ruberie e malaffari, adottando la proposta del PMLI di costituire le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo fondate sulla democrazia diretta, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari.
29 luglio 2015