La Corte europea condanna l'Italia che non riconosce le coppie gay e lesbiche
Vescovi e Ncd contro il ddl che verrà discusso in parlamento
Continuando a non riconoscere legalmente le unioni delle coppie gay e lesbiche l'Italia si sta rendendo responsabile di una violazione dei diritti umani: lo ha stabilito il 21 luglio una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, accogliendo il ricorso di tre coppie gay di Trento, Milano e Lissone (Milano) che si erano viste negare le pubblicazioni di matrimonio dai rispettivi municipi, e condannando lo Stato italiano a risarcirle con 5 mila euro ciascuna per i danni non patrimoniali ingiustamente subìti.
In particolare la quarta sezione della Corte di Strasburgo (un organismo del Consiglio d'Europa) ha stabilito con questa sentenza adottata all'unanimità che il nostro Paese è colpevole di non garantire a tutti i suoi cittadini il “diritto al rispetto della vita privata e familiare” sancito dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, e pertanto il parlamento italiano deve provvedere al più presto a garantire questo diritto anche alle coppie omosessuali attraverso il riconoscimento giuridico delle unioni civili, o il matrimonio vero e proprio come per le coppie eterosessuali. L'alternativa tra le due soluzioni è dovuta al fatto che non tutti gli Stati aderenti al Consiglio d'Europa, ma solo 11 su 47, riconoscono i matrimoni omosessuali, mentre altri 13 riconoscono le unioni civili. In ogni caso la maggioranza di essi riconosce una di queste due forme di tutela, una parziale e una piena, ed è quindi ad una di queste due che il nostro Paese si deve adeguare, uscendo dal gruppo di Stati che violano i diritti umani con legislazioni palesemente omofobe, come ad esempio Turchia, Cipro, Russia, Lituania, Lettonia e altri Paesi dell'Est, con cui l'Italia si trova tutt'ora in degna compagnia.
Questa nuova macchia sul nostro Paese è solo l'ultima che si va ad aggiungere ad altre non meno vergognose come quella del non recepimento del reato di tortura nel nostro codice penale, per il quale siamo stati recentemente sanzionati dalla stessa Corte europea. Per stigmatizzare l'inammissibile ritardo legislativo dell'Italia, nelle 69 pagine della sentenza si fa riferimento anche alle ripetute “raccomandazioni” del Consiglio d'Europa in materia, alle numerose direttive dell'Unione europea e alla recente sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, e perfino ai “sentimenti della maggioranza della popolazione italiana”, che nei sondaggi risultano largamente favorevoli al riconoscimento dei diritti di gay e lesbiche.
Del resto già la nostra Corte costituzionale aveva dato ragione alle tre coppie, con due sentenze, la 138 del 2010 e la 170 del 2014, che sollecitavano il parlamento a legiferare per mettere fine alla discriminazione, sia pure senza avere il coraggio, per le coppie gay e lesbiche, di fare esplicito riferimento alla “famiglia”, che per la Consulta resta evidentemente ancora quella fondata sulla coppia eterosessuale, ma annoverandole tra le “formazioni sociali” a cui si riferisce l'articolo 2 della Costituzione. E anche il parlamento di Strasburgo un mese fa ha chiesto a tutti gli Stati di riconoscere le unioni gay. Persino la cattolicissima Irlanda ha riconosciuto il diritto ai matrimoni gay con un recente referendum popolare: tutti avvertimenti e sollecitazioni regolarmente ignorati dal parlamento e dal governo Renzi, in ossequio ai vescovi e ai clericali che lo sostengono e condizionano, annidati sia nel PD che nel Nuovo centro destra dei vari Alfano, Giovanardi, Sacconi, Lupi e Quagliariello.
Le bugie e la melina di Renzi sulle unioni civili
Sono trent'anni che in Italia si parla inutilmente di unioni civili, di famiglie di fatto, Pacs, Dico e chi più ne ha più ne metta, ma ogni volta i vescovi della Conferenza episcopale italiana (Cei) e i clericali presenti in tutti i partiti parlamentari, sono riusciti a bloccare o rimandare alle calende greche qualsiasi anche minimo provvedimento favorevole al riconoscimento e all'equiparazione delle famiglie di fatto, a maggior ragione se omosessuali. E' intollerabile che il governo Renzi corra ad approvare una legge piduista come quella sulla responsabilità civile dei giudici con la scusa che lo impone la Corte europea per tutelare i diritti degli imputati, mentre non si vergogna di praticare un'infinita melina su altre sentenze della stessa Corte quando urtano contro poteri extralegali come quelli dei poliziotti e dei vescovi.
Solo pochi giorni prima della sentenza europea, dopo più di un anno di melina dalle promesse fatte all'assemblea PD del giugno 2014, e solo per cercare di riacquistare un po' dei consensi persi con la forzatura sulla “buona scuola”, Renzi si era deciso ad annunciare un'accelerazione in parlamento sul disegno di legge (ddl) della PD Cirinnà sulle unioni civili per arrivare alla sua approvazione “entro l'estate”; ddl che comunque non prevede i matrimoni gay equiparati a quelli “normali”, ma solo il riconoscimento di alcuni diritti per le unioni civili di coppie gay e lesbiche: una sorta di matrimonio di serie B che difatti è considerato un “male minore” perfino dall'organo ufficiale della Cei, Avvenire
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Renzi si era perfino sbilanciato, parlando dall'Etiopia dove era in visita di Stato, a dichiarare che il provvedimento “si fa con chi ci sta”, alludendo al M5S e a SEL che si sono sempre dichiarati pronti a votare subito insieme al PD una legge in materia rendendo così ininfluente l'opposizione dell'NCD. Tanto che per qualche giorno questa posizione “battagliera” e “di sinistra” del nuovo duce era stata strombazzata e rivenduta al pubblico dal suo organo di stampa ufficioso, la Repubblica
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“Renzi pronto al blitz sulle unioni civili: 'la legge entro l'estate, non si può stare fermi'”, titolava infatti trionfante il quotidiano di De Benedetti. Sennonché, siccome le bugie hanno le gambe corte, e quelle di Renzi addirittura cortissime, prima ancora che arrivasse la censura della Corte europea, il ddl Cirinnà si era già arenato nelle commissioni in Senato, gravato da ben 1.700 emendamenti e sempre oggetto di una vergognosa e interminabile trattativa al ribasso tra PD e NCD, che non ne vuole nemmeno sentir parlare.
Gioco delle parti tra PD e NCD
E così, mentre la ministra Boschi informava seraficamente il parlamento e la stampa che il provvedimento “sarà approvato a settembre, dopo le riforme costituzionali al Senato, per l'ok finale alla Camera, senza modifiche, entro l'anno”, e mentre il sottosegretario alle Riforme Ivan Scalfarotto interrompeva il suo sciopero della fame soddisfatto perché la promessa di Renzi di portare il ddl in aula “nella finestra tra riforme e legge di Stabilità a settembre-ottobre” equivaleva al “riconoscimento che questa è un'urgenza”, il capogruppo ciellino dell'NCD, Maurizio Lupi, riconfortato dalla vergognosa retromarcia del partito di Renzi, poteva dichiarare soddisfatto: “Smettiamola con le strumentalizzazioni delle sentenze della Corte europea che non ha assolutamente, né intende farlo, il potere di sostituirsi alla sovranità del parlamento e del popolo italiano”.
L'NCD, insomma, sprizza soddisfazione e ostenta sicumera perché sa di che pasta sono fatti i suoi alleati baciapile del PD, partito che a sua volta finge di avere le mani legate dal partito di Alfano. E perché intanto il provvedimento slitta all'autunno, poi se sarà veramente approvato entro l'anno è tutto da vedere, e comunque bisognerà vedere che cosa ne resterà alla fine, dopo mesi di trattative all'interno della maggioranza e i veti della Cei, considerando che già ora è giudicato largamente insoddisfacente dalle associazioni Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender): “Una specie di co.co.co. Dei diritti civili”, lo ha definito il presidente onorario di Arcigay Franco Grillini. “Un progetto meno avanzato di quello che è stato approvato in Danimarca ventisei anni fa! Stiamo parlando del minimo sindacale. Per noi è assolutamente insoddisfacente perché non rispetta il principio di uguaglianza dei cittadini”.
7 ottobre 2015