Emblematica la vicenda del ponte della vergogna a Olbia
Nuova alluvione in Sardegna, tragedia colposa
Dal corrispondente dell'Organizzazione di Uras del PMLI
Sono passati meno di due anni dall'alluvione che colpì il popolo sardo e che fece quasi venti vittime: da allora la schiera di esperti di regime e di personaggi istituzionali borghesi hanno bombardato l'isola di promesse mai concretizzate, di invenzioni e illusioni secondo le quali un'alluvione di tale portata si sarebbe verificata solo fra altri mille anni. Ma ciò che resta è una nuova alluvione, stavolta non mortale, ma a breve distanza dalla precedente.
La nuova alluvione che ha colpito la Sardegna il 1° ottobre è l'ennesima prova, semmai ci fosse ancora bisogno di prove, che le istituzioni borghesi “di base” come comuni e province sono ormai prive di senso in tale forma perché nulla hanno potuto di fronte a questa presa in giro alle masse sarde che il governo ha messo in atto dal 18 novembre 2013 in poi.
Il “ponte della vergogna” sul Rio Saligheddu a Olbia è il monumento di questa barzelletta che però non fa ridere nessuno. Ha fatto piangere per l'ennesima volta diverse famiglie che speravano eventi di questa portata non potessero più verificarsi: invece di nuovo l'acqua in casa. Costruito 95 anni fa, danneggiato dall'acqua due anni fa, ricostruito con fondi di emergenza ha fatto da “tappo” al fiume che scorre nel centro di Olbia velocizzandone l'esondazione. E, magia: abbattuto in poche ore grazie a un'ordinanza dell'inetto sindaco Giovannelli, per evitare nuove alluvioni.
C'è poi la Saras che, nel pieno rispetto della legge borghese, sversa in mare idrocarburi per gestire l'emergenza causata dalle piogge abbattutesi nel sud dell'isola la scorsa settimana. Un danno di portata enorme per i piccoli pescatori della zona che si vedranno costretti a sospendere la pesca (cioè il loro lavoro di sussistenza) per mesi a causa della chiazza oleosa sversata in mare. Insomma, la Saras è autorizzata a inquinare il mare legalmente, non è mai stata obbligata a redigere un piano di emergenza compatibile con la pesca. A pagare le conseguenze sono sempre i piccoli lavoratori della zona che nemmeno hanno ricevuto in questi due anni i rimborsi derivanti dai danni subiti nella scorsa alluvione.
Il pagliaccio Enrico Letta (PD), allora premier, era venuto in Sardegna immediatamente quel famoso 18 novembre, promettendo soldi per la ricostruzione che però non si sono mai visti. Tutti i politicanti borghesi locali hanno chiesto con letterine simili a quelle per Babbo Natale un intervento del governo: ha in pratica regnato la solita politica dell'accondiscendenza. Il solito nauseante atteggiamento rinunciatario e troppo rispettoso delle autorità nazionali ha ancora una volta prevalso sulla necessità concreta di un grande piano per l'annullamento del rischio idrogeologico: una necessità che avrebbe meritato severi moniti di sindaci e presidente di regione, una presa di posizione forte e un boicottaggio delle istituzioni nazionali. Invece ci si piange addosso invocando la sfortuna, e ancora le masse popolari sarde subiscono le ingiustizie causate da questi personaggi inutili. Se non si comprende che è necessario un piano veloce e preciso, che sicuramente necessiterà di miliardi di euro per potere essere attuato, allora si dovrà subire a intervalli regolari una nuova tragedia. Il governo di Renzi, il nuovo duce in camicia bianca che sulla questione alluvione non si è espresso, non ha nemmeno abbozzato una frase di scuse quantomeno doverose, va mandato a casa e insieme a lui tutti i caporioni borghesi della politica sarda che all'impegno per le masse deboli della società preferiscono la comodità della poltrona istituzionale, tradendo i loro stessi conterranei.
Questi insulsi quaquaraquà uomini ormai noti a tutti gli operai, studenti e pensionati sono ancora seduti sulla poltrona del potere borghese indisturbati e quando sono incalzati in questioni come quelle dell'alluvione fanno spallucce. Allora chiediamoci che utilità possano avere dei “rappresentanti dei cittadini” del genere. Cacciarli è la strada migliore e più urgente, anche per difendersi da eventuali appalti che finiranno nelle mani dei soliti noti.
7 ottobre 2015