Approvata definitivamente la controriforma Madia, grazie a Fi che ha garantito il numero legale
Il governo modella la Pubblica amministrazione al regime neofascista
Emarginati i sindacati. Ignorato il rinnovo del contratto di lavoro del pubblico impiego. Militarizzata la guardia forestale. Semplificate le pratiche per le “grandi opere”
Licenziamenti più facili
Dopo le controriforme del lavoro con il Jobs Act, della giustizia con la responsabilità civile dei magistrati, dell'istruzione pubblica con la “Buona scuola”, del sistema elettorale con l'introduzione dell'“Italicum” fascista, il depotenziamento del Senato e la sua trasformazione in una camera di nominati, la riduzione delle Provincie ad assemblee di sindaci, tutte approvate definitivamente o in dirittura d'arrivo, non poteva mancare la “riforma” della Pubblica Amministrazione (PA).
Le abbiamo messe assieme per sottolineare come il governo del nuovo duce Renzi non sia un governo immobilista, delle chiacchiere, come spesso viene accusato dai vari esponenti e partiti borghesi. Al contrario si dimostra molto attivo e il governo che più di altri sta realizzando quelle controriforme piduiste che hanno definitivamente trasformato l'Italia da repubblica democratico-borghese di tipo parlamentare in un regime neofascista, presidenzialista, federalista e interventista. Un disegno iniziato da Craxi negli anni '80 del secolo scorso, passando per Berlusconi ma anche governi di “centro-sinistra” e che ha subìto una forte accelerata con il governo Renzi.
Fedele al suo slogan, “l'Italia che decide” che tanto assomiglia al berlusconiano “il governo del fare”, a colpi di fiducia, leggi delega, “patti del Nazareno”, tassello dopo tassello, togliendo diritti ai lavoratori e impoverendo le masse popolari, Renzi si sta dimostrando il più fulgido paladino degli interessi degli industriali, della borghesia, delle banche, dell'Unione Europea, della Bce e dell'imperialismo italiano ed europeo.
Come dicevamo quest'ennesima riforma rientra e va inquadrata in un disegno più generale che sta rimodellando le istituzioni, le leggi, i rapporti di lavoro, al regime neofascista, anche se sono ancora in molti a non vedere queste connessioni nonostante il PMLI lo abbia denunciato più di 30 anni fa. Il 3 agosto l'aula del Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge delega della “riforma” Madia-Renzi. Lo stesso premier rivendica per il suo governo il merito di aver portato ancora più avanti questo nero disegno e con un twitter
ha subito sentenziato “un altro tassello: approvata la riforma PA”.
Un risultato ottenuto con il decisivo sostegno di Forza Italia, a conferma che l'asse Renzi-Berlusconi esiste ancora, ma anche grazie a Lega e M5S. L'“opposizione” è stata decisiva perché se i contrari non avessero votato non si sarebbe raggiunto il numero legale di 150 voti necessario come stabilito dalle regole del Senato, visto che i favorevoli sono stati solo 145. Tanto che il senatore di Forza Italia, Francesco Giro, ha dichiarato che “Renzi ci attacca ma dovrebbe ringraziare Lega, FI e Movimento 5 Stelle”.
Ma nel concreto cosa si cela dietro questa ennesima controriforma presentata pomposamente coma “una rivoluzione copernicana”? Basta sgombrare il campo dagli slogan che vogliono presentarla come vantaggiosa per le masse, attraverso una fantomatica sburocratizzazione e il taglio degli sprechi e appare la realtà fatta di tagli, accentramenti e sottomissione della PA al governo. Come abbiamo detto la demagogia è stata sparsa a piene mani, fino a chiamare i dipendenti pubblici a esprimere le loro opinioni sui 44 punti della “riforma” Madia. Un ulteriore schiaffo ai sindacati che sono stati “scavalcati” senza essere presi in considerazione. Per tutto l'iter di questa “riforma” non sono mai stati interpellati.
Per quanto possa valere un sondaggio gestito e manipolato dal governo, non è stato comunque possibile nascondere che a fronte delle quasi 40 mila email di risposta ce ne sono state più di 13mila di protesta con gli eloquenti titoli: “Renzi rinnova il mio contratto” e “Sblocco contratti”. Ma la prima cosa che balza agli occhi è proprio la rimozione del rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici, che né Renzi né la Madia si sognano di sbloccare, nonostante la Consulta abbia dichiarato illegittimo lo stop che perdura dal 2009, intimandone al governo lo sblocco anche se non lo obbliga agli arretrati, il che farà in ogni caso perdere ai lavoratori migliaia di euro.
Si è dimostrato invece ancora una volta nemico dei lavoratori sia pubblici che privati, e del sindacato. Uno dei primi provvedimenti di questa legge è stato il taglio del 50% dei permessi e dei distacchi sindacali, una misura spacciata come portatrice di un grande risparmio per la PA, quando invece questo è pari a zero perché chi rientra o rimane al lavoro ovviamente prende lo stipendio. Si tratta invece dell'ennesima intimidazione e limitazione della libertà e della democrazia nei luoghi di lavoro. Così come l'obbligatorietà e la celerità (entro 100 giorni) che dovranno avere i provvedimenti disciplinari che renderanno i licenziamenti più facili.
Uno dei pilastri su cui dice di poggiare la legge Madia è quello della rimozione dei dirigenti che se non si dimostrino all'altezza. Una misura presa per cercare di recuperare l'immagine dopo che molti manager di nomina pubblica sono stati coinvolti in innumerevoli scandali: dall'Alitalia al terremoto de L'Aquila, al Mose, Expo, Mafia capitale e via discorrendo. Ma il vero scopo è di tutt'altra natura, ovvero tenere sotto scacco quei dirigenti che non eseguiranno in modo zelante le direttive del governo di turno. Per fare esempi concreti se non si raggiungeranno certi obiettivi, ad esempio “risanare” i conti di un’azienda pubblica licenziando centinaia o migliaia di lavoratori, il dirigente di turno dovrà fare i conti con la paura di essere licenziato e perdere il suo bello stipendio.
Accanto a questo bisogna mettere anche il nuovo metodo per l'assunzione dei dirigenti. Questi non potranno più essere scelti dalle amministrazioni locali attraverso i concorsi ma saranno “pescati” dentro una specie di albo dove saranno collocati da un apposita commissione nominata dal governo. Alla faccia della trasparenza, sburocratizzazione e passi indietro della politica rispetto alla PA. Possiamo stare “sereni”, personaggi come Luca Odevaine (ex portavoce di Veltroni e funzionario pubblico implicato in Mafia Capitale) continueranno ad essere designati dal governo ancor più di prima.
L'esecutivo e il presidente del Consiglio, manco a dirlo, avranno maggiori poteri. I manager pubblici, dovranno per forza avere l’approvazione del consiglio dei ministri che avrà un maggiore controllo sulle agenzie fiscali, in caso di contese tra diverse amministrazioni centrali sarà il premier a decidere. In perfetto stile presidenzialista anche la ghigliottina sui decreti, una forbice per evitare i rinvii alle camere, evitare il dibattito parlamentare e mettere tutto in mano alle Deleghe al governo che se la sbrigherà con i decreti attuativi.
Altra regola che prende di mira i lavoratori è la possibilità di essere trasferiti a enti diversi entro un raggio di 50 km, si farà maggiore uso del part-time mentre sull'utilizzo del lavoro precario non c'è alcun impegno a eliminarlo, così come sullo sblocco del turn-over, unica cosa certa sono i tagli: riduzione delle Prefetture, delle Camere di Commercio, delle Capitanerie di porto. Con queste premesse ventilare l'assunzione di 15mila persone nella PA come hanno fatto Renzi e la Madia appare in tutta evidenza solo spudorata propaganda.
Uno dei 15 decreti attuativi riguarda la soppressione del Corpo Forestale dello Stato che verrà assimilato dai Carabinieri. Con questo grave atto i lavoratori di questo corpo saranno forzatamente militarizzati perdendo così diritti civili e associativi. Per non parlare del dissesto idrologico e le penose condizioni in cui si trova il nostro territorio nazionale che invece avrebbero bisogno di una maggiore tutela (come afferma a parole anche Renzi) invece di un taglio così drastico.
Di tutt'altro tenore la musica che suona il governo quando tratta questioni che interessano i capitalisti. Nel decreto legge mentre vi è un capitolo che taglia drasticamente le Società Partecipate (con capitale pubblico) ve ne è un altro che semplifica del 50% i tempi burocratici per la realizzazione di grandi insediamenti produttivi, dell’avvio di attività imprenditoriali e di opere pubbliche dove i pescecani capitalisti hanno grandi appalti e interessi, tanto che su questo punto in particolare hanno espresso grande soddisfazione.
Adesso dovremo aspettare i Decreti Attuativi, ma il quadro generale è chiaro. La controriforma Renzi-Madia modella la Pubblica Amministrazione al regime neofascista imperante. Una PA dove i lavoratori sono costantemente sotto ricatto, dove s'introducono regole che assomigliano sempre più a quelle del settore privato, Jobs Act compreso. Una PA dove non ci sia alcun spazio di manovra per nessuno, ma sia completamente assoggettata, in piena logica presidenzialista, al governo di turno. Una PA più “leggera” e snella che si sappia adattare alle esigenze dei capitalisti senza frapporre ai loro interessi troppi lacci e lacciuoli.
7 ottobre 2015