Ecco che cosa dicono davvero i dati Istat
Due terzi dei nuovi occupati sono a termine, aumentano i giovani senza lavoro
Jobs act alimenta il precariato mentre regala 11,7 miliardi di sgravi ai padroni
Basta un battito di ciglia, un dato economico o statistico che mostri un miglioramento, quasi sempre impercettibile e più presunto che reale, e puntualmente il governo e il nuovo duce Renzi, supportati dalla stampa e dai media di regime, imbastiscono la campagna propagandistica per incensare ed esaltare i fantastici effetti delle controriforme neofasciste e piduiste che sono diventate la bandiera di questo governo.
Stavolta a fare da detonatore sono stati i dati Istat sulla disoccupazione relativi al mese di agosto. La percentuale dei senza lavoro scenderebbe, seppur di poco, sotto il 12% (11,9). In 12 mesi si registrano 162 mila persone in meno alla ricerca di un lavoro. Ma torna a salire di 0,3 punti la disoccupazione giovanile. Subito sono partiti gli immancabili e falsificatori twitter, e ovviamente non poteva mancare quello di Renzi: “Effetto #Jobsact: in un anno +325mila posti di lavoro”, scritto dal capo del governo e riportato pappagallescamente sul sito del PD.
Durante l'ultima crisi economica capitalistica globale, non ancora conclusa, l'Italia è stata tra le più colpite precipitando agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda l'occupazione e la lieve diminuzione della disoccupazione non cambia la posizione del nostro Paese che rimane tra i peggiori, mentre esce riconfermata la gravissima situazione lavorativa dei nostri giovani, che hanno un tasso molto alto di non occupati, che in alcune regioni meridionali supera drammaticamente il 50%.
Se leggiamo attentamente i dati Istat, ci accorgiamo che chi cerca lavoro ha poco da esultare ma il governo, come ha denunciato Giorgio Alleva, presidente dell'istituto di statistica, ne dà una “interpretazione politica”, s'inventa posti di lavoro aggiungiamo noi. Ad agosto il ministro del lavoro Poletti aveva addirittura barato presentando la trasformazione dei contratti, specie da co.co.co a nuovi contratti indeterminati a tutele ridotte, come nuove assunzioni. Le statistiche si possono interpretare ma qui si cerca di cambiare perfino i numeri.
Si tace anche sul fatto che i due terzi delle nuove assunzioni è a tempo determinato. Nonostante gli sgravi per chi assume con le nuove regole del Jobs Act, la maggioranza dei padroni preferisce ancora avere il dipendente con il contratto a termine. Evidente segnale che la ripresa economica non c'è, né a livello mondiale né tanto meno grazie alle “miracolose riforme” di Renzi che di certo hanno raggiunto solo lo scopo di togliere i diritti ai lavoratori.
Di pari passo crescono lievemente anche gli occupati, in particolare dal mese di giugno in poi. Ma dobbiamo considerare la congiuntura, ovvero i mesi in cui il turismo è all'apice nel nostro Paese e difatti le assunzioni riflettono la stagionalità di questo settore: nei mesi estivi ci sono stati 69mila occupati in più di cui 45mila a tempo determinato. Se lo scopo del Jobs act era aumentare l'occupazione stabile, seppur sulla pelle dei lavoratori, è stato un fallimento su tutta la linea.
Con questo non intendiamo assolutamente negare che i provvedimenti governativi siano ininfluenti. Ma è sopratutto il bonus fiscale a incidere sulle assunzioni nominalmente a tempo indeterminato. Un bel regalo di 11,7 miliardi di euro del Governo ai padroni che attraverso la decontribuzione risparmiano oltre 8mila euro annui per ogni nuova assunzione, mentre ai lavoratori e alle masse popolari viene riservato il blocco dei salari, le privatizzazioni e i tagli alla spesa pubblica che colpiscono servizi sanitari, scolastici, i trasporti.
Vedremo se con il termine dello sconto fiscale piccole e grandi aziende continueranno ad assumere. Anche se i fondi non sono stati ancora stanziati, non dubitiamo che sarà prolungato almeno fino a tre anni come promesso, del resto Renzi si è sempre dimostrato generoso con i padroni. Da un'indagine del Fatto quotidiano
risulta che questo superincentivo, sommato ad altri minori che tuttora sussistono sia a livello centrale che regionale e locale,per il solo 2015, graverà per oltre 8miliardi di euro sulla fiscalità generale. Evidentemente le casse pubbliche non sono vuote per i capitalisti.
Bisogna altresì ricordare che il “contratto a tutele crescenti”, pilastro del Jobs act, è al contrario a tutele ridotte, crescente è solo l'indennizzo in base alla lunghezza del periodo lavorato. Ma sopratutto ci si dimentica volutamente, in primis da parte del governo e dei media, il fatto che è a tempo indeterminato per modo di dire perché per tre anni il padrone ha la possibilità di licenziare il lavoratore senza giusta causa.
Renzi e i suoi ministri non spendono una parola sulla disoccupazione giovanile. Dopo la leggera diminuzione nei mesi scorsi ad agosto si è registrato un aumento dello 0,3% arrivando al 40,7%. Contestualmente è stato diffuso, dall'Eurostat, anche il dato sul tasso di disoccupazione giovanile nell'area dell'euro che si attesta, ad agosto, al 22,3%, quasi la metà del dato italiano. I più bassi livelli di disoccupazione giovanile sono stati osservati in Germania (7%), in Austria (10,8%), nei Paesi Bassi (11,2%), in Danimarca (11,4%). I più alti sono stati registrati in Spagna (48,8%), in Grecia (48,3% a giugno 2015), in Croazia (43,5%).
Possono gioire solo i capitalisti che dalla questa controriforma hanno guadagnato la possibilità di licenziare più facilmente e risparmiato bei soldoni. I dati Istat rivelano che il Jobs act non ha portato nemmeno quello scambio, seppur inaccettabile, promesso da governo e padronato di un aumento dell'occupazione in cambio della liberalizzazione del mercato del lavoro. I lavoratori ci hanno “guadagnato” solo la perdita di diritti faticosamente conquistati con la lotta.
Il sindacato, e in particolare la Cgil, cosa aspettano a dichiarare guerra al governo e indire uno sciopero generale nazionale con manifestazione a Roma?
7 ottobre 2015