Uno schiaffo all'a.d. della multinazionale italo-americana
Gli operai FCA bocciano l'accordo siglato da Marchionne e dal sindacato Uaw
Per il momento una nuova intesa ha evitato lo sciopero annunciato, ma non è scontato il Si dei lavoratori
Il modello Marchionne rimane indigesto anche ai lavoratori americani del gruppo FCA (Fiat-Chrysler Automobiles). Il manager della multinazionale italoamericana ha sempre dipinto i lavoratori e i sindacati statunitensi in modo totalmente diverso da quelli italiani. Collaborativi, sensibili alle esigenze aziendali i primi, fannulloni e conflittuali i secondi, in particolare quegli operai che si opponevano ai suoi diktat e i sindacati come la Fiom che non firmavano gli accordi imposti dall'azienda. Tutte chiacchiere che si sono dissolte quando gli opposti interessi di classe si sono evidenziati e scontrati.
Stavolta i lavoratori americani hanno bocciato i suoi piani nonostante fosse stato raggiunto a metà settembre un accordo tra FCA e il sindacato UAW (United Auto Workers), il maggior sindacato dell'automobile che solo in Chrysler ha 40mila iscritti. Un verdetto netto che ha visto prevalere i contrari con il 65%. Sergio Marchionne indispettito si è detto “deluso”, mentre Dennis Williams, presidente UAW, ha cercato di celare il disappunto e minimizzare il risultato che invece è di portata storica perché è la prima volta che un'intesa già firmata è stata contraddetta dal voto dei lavoratori iscritti a questa organizzazione.
Molto significativa anche perché FCA era la fabbrica pilota su cui basare i contratti a livello nazionale. Una scelta molto criticata perché in questo modo si sceglieva un'azienda che ha salari più bassi di altre come General Motors e Ford. Uno degli aspetti principali della bocciatura è la mancata eliminazione della differente retribuzione tra gli assunti dopo il salvataggio di Chrysler, con retribuzione di “secondo livello, progressive
” e i più vecchi con il “primo livello, veterans
”, 15 dollari contro 28 e gli operai hanno invece chiesto: pari lavoro, pari salario.
Altro nodo non sciolto è stato quello dei massacranti turni di lavoro. Giornate lavorative di 10 ore (più mezz’ora di pausa non retribuita) si succedono su quattro giorni. Nei due turni tre gruppi di lavoratori realizzano 120 ore settimanali, senza lavoro straordinario. L’orario di lavoro diurno va dalle 6 alle 16.30, quello notturno dalle 18 alle 4.30 del giorno dopo. Alla domenica il lavoro è obbligatorio, ma retribuito come straordinario. I lavoratori hanno chiesto un orario alternativo meno disumano. Oltre a questi due aspetti di uguaglianza e diritti c'è l'aspetto economico. Marchionne, come ben sappiamo in Italia, anche in America promette cifre allettanti ma poi concede solo elemosine nonostante Chrysler, solo nel 2014 abbia realizzato profitti per 3 miliardi di dollari.
I lavoratori stanno pagando un dazio che non dipende solo dalla nuova gestione, era già iniziato con la crisi automobilistica americana. Ma dopo il fallimento del 2007, e il salvataggio avvenuto grazie ai fondi pubblici erogati dall'amministrazione Obama, con la successiva fusione Fiat-Chrysler, i dipendenti sono stati costretti a ulteriori e pesanti sacrifici con la complicità del sindacato. La UAW ha avuto un ruolo fondamentale, accordando all’azienda la possibilità di fare illimitato ricorso all’assunzione di nuovi dipendenti retribuiti molto meno dei vecchi, la riduzione di alcune classificazioni professionali estremamente vantaggiose e l’impegno a non scioperare fino al 2015.
Su questa situazione Marchionne è andato a nozze, innestando il suo modello (seppur adeguato alle condizioni americane) già sperimentato in Italia fatto di supersfruttamento, turni massacranti, paghe da fame, relazioni industriali dove i lavoratori devono sacrificare le loro richieste a quelle dell'azienda. Il tutto sotto il ricatto di spostare la produzione di sempre più comparti in paesi con basso costo di manodopera, specialmente nel confinante Messico dove un'ora di lavoro costa 10 dollari, circa un terzo rispetto a Usa e Canada.
Stavolta i lavoratori si sono messi di traverso. La stessa promessa di non scioperare è decaduta e l'UAW, dopo anni di tregua, ha proclamato l'astensione dal lavoro nel caso non vi fossero sviluppi che facessero presagire un nuovo accordo. Proprio in extremis, prima della mezzanotte del 7 ottobre, scadenza dell'ultimatum, è stata raggiunta una nuova intesa che però ancora deve essere messa al vaglio dei lavoratori. A quanto viene riportato dai mezzi d'informazione la nuova bozza ricalca quella vecchia senza sostanziali cambiamenti, al momento non è stata decisa la data per il nuovo referendum.
Al di là di come andrà a finire la seconda votazione questa bocciatura rappresenta un bello schiaffo dato dai lavoratori americani a Marchionne e al suo modello dov'è previsto che i lavoratori dicano sempre di sì.
Il segretario della Fiom Maurizio Landini ha detto che questo è “un esempio di democrazia sindacale e industriale da imitare, visto che in Italia non è mai stato possibile permettere a tutti i dipendenti di poter votare sull’accordo che li riguarda senza ricatti”. Se Marchionne riceverà un altro no sicuramente anche i dipendenti americani di FCA saranno ricattati e diventeranno cattivi e fannulloni come quelli italiani.
28 ottobre 2015