Prendendo a pretesto quanto accaduto a Sanremo
Madia: “Licenziare gli statali assenteisti”
Per Squinzi bisogna “punire di più”. Grillo promette “se vincerò a Roma molta gente perderà il lavoro”. I veri obiettivi sono l'abolizione dell'articolo 18 nel pubblico impiego e giustificare un aumento contrattuale di soli 5 euro
Prosegue senza sosta l'attacco ai dipendenti pubblici. Nel mirino ci sono sopratutto il diritto di sciopero e il licenziamento facile. Sulla prima questione il governo del nuovo duce Renzi sta già lavorando da tempo, e con la vicenda dell'assemblea al Colosseo e la cagnara mediatica che si è scatenata, compresa di apposita e immediata legge ad hoc, ha riportato all'ordine del giorno la “necessità” di una legge antisciopero estesa a quasi tutti i comparti lavorativi.
L'altro tema caro al governo, la possibilità di licenziare facilmente i lavoratori statali, è tornato alla ribalta dopo l'approvazione del Jobs Act che ha dato il via libera al licenziamento senza giusta causa. La controriforma però ha cancellato l'articolo 18 solo nel comparto privato mentre rimane in vigore per il pubblico impiego, ma il governo non ha rinunciato al suo disegno di cancellarlo in tutti i settori. Del resto lo scorso anno, quando il Jobs Act era in dirittura d'arrivo Renzi promise: “ora tocca agli statali, ma se ne occuperà la Madia con la riforma della pubblica amministrazione”.
Il decreto di legge delega (DDL) è già stato approvato ma serviranno numerosi decreti attuativi per legiferare su tutti i molteplici aspetti della controriforma, il licenziamento degli statali sarà comunque uno degli argomenti all'ordine del giorno. Nel frattempo il governo dovrà rispettare la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il blocco dei salari dei dipendenti pubblici che dura dal 2009. Quale miglior argomento della criminalizzazione dei lavoratori statali si poteva prestare a prendere due piccioni con una fava?
Il pretesto è stato un episodio di cronaca. Nel comune di Sanremo, dopo una lunga serie di appostamenti, telecamere nascoste, controlli, le indagini hanno portato alla denuncia di quasi 100 persone, dipendenti comunali, per vai reati, 35 dei quali con accuse più gravi, legate sopratutto all'assenza dal lavoro nonostante, grazie a colleghi complici, timbrassero il cartellino d'ingresso riscuotendo regolarmente lo stipendio. Saranno i giudici a stabilire se veramente qualcuno, invece di andare in ufficio, faceva gli affari suoi, ma la vicenda è stata subito strumentalizzata da Renzi e dai suoi ministri.
Non crediamo assolutamente sia una coincidenza che questa indagine partita due anni fa, sia stata resa pubblica proprio adesso, dopo un blocco dei salari che nella pratica dura da 9 anni e dopo che il governo è stato obbligato al rinnovo del contratto degli statali dalla sentenza della Corte Costituzionale. Un “aumento” offensivo pari a 5 euro a fronte di una perdita di circa 250-300 euro mensili, mentre nella stessa “legge di stabilità” ci sono miliardi di agevolazioni per i padroni con la decontribuzione del Jobs Act, la riduzione dell'IRES, la cancellazione dell'IMU sui macchinari e altri regali.
Il governo Renzi sta cercando di sfruttare e manipolare quei fatti per avere il favore dell'opinione pubblica nell'attaccare i dipendenti statali e dipingerli come degli assenteisti che non si meritano nemmeno l'elemosina dei 5 euro. Il ministro PD della Pubblica amministrazione (PA) Marianna Madia ha subito tuonato: “licenziamo gli assenteisti e chi timbra il cartellino a chi non viene a lavorare”. Madia non poteva estendere palesemente la minaccia a tutti, c'è stato addirittura chi l'ha definita troppo buona. Ma l'obiettivo è proprio questo, tenere sotto ricatto tutti i lavoratori pubblici, avere strumenti legislativi come quelli offerti dal Jobs Act per il privato così da licenziarli facilmente e costringerli ad accettare l'ultima controriforma che ha modellato la PA al regime neofascista.
Una campagna, quella orchestrata dal governo Renzi che ricorda molto quella portata avanti da Berlusconi, una replica della “guerra ai fannulloni” statali che diventò la santa crociata dell'allora ministro Brunetta, tanto che l'attuale capogruppo di Forza Italia si è sentito chiamato in causa, mentre Renzi non respinge più le accuse di copiare il neoduce di Arcore, ma se ne fa un vanto. L'ex ministro ha rivendicato che la legge per licenziare c'è già. E’ il decreto legislativo che attua la legge 15 del 4 marzo 2009, la cosiddetta legge Brunetta. Il licenziamento disciplinare è espressamente previsto per la “falsa attestazione della presenza in servizio” e fa cenno “all’alterazione dei sistemi di rilevamento” e ad “altre modalità fraudolente”.
Ma questa non basta più agli attuali governanti del PD perché nel 2013, ultimi dati disponibili, sono “solo” 220 i dipendenti che alla fine sono stati licenziati a fronte di 7mila procedimenti avviati. Un numero troppo basso che non basta nemmeno alle varie associazioni padronali. Il presidente di Confindustria, Sergio Squinzi ha chiesto al governo di “punire di più”. Se fosse stato per lui, avendone il potere, avrebbe già licenziato molti dipendenti pubblici molti anni fa. Lo ha dichiarato ha un convegno d'imprenditori dove ha invece difeso la sua categoria dall'accusa di essere evasori. Proprio lui che ha subito un procedimento per evasione fiscale di 30 milioni di euro per l'attività della Mapei, la multinazionale dei materiali edili di sua proprietà.
Chi, come Renzi, chiama fannulloni gli statali, quando era in carica a Firenze si distinse come il sindaco più assenteista d'Italia. Potremmo continuare con i politicanti borghesi che in parlamento non ci sono mai eppure continuano a percepire lo stesso stipendi (pubblici) da nababbi, oppure quelli che votano tranquillamente al posto dei colleghi assenti, l'equivalente di timbrare un cartellino per una persona assente. Ecco da quale pulpito viene la predica verrebbe da dire.
Alla compagnia si è aggregato anche Beppe Grillo. Il quale ha avvertito che in caso di vittoria del M5S alle elezioni romane sarà fatta “piazza pulita” e ciò comporterà “scioperi, gente che verrà in Comune a chiedere perché, persone che perderanno il lavoro”.
Il rottamatore dei diritti dei lavoratori Renzi dev'essere fermato, va respinto ogni tentativo di dividere i lavoratori pubblici da quelli privati, come allo stesso modo si vuol dividere quelli italiani da quelli stranieri, quelli a posto fisso dai precari e via discorrendo. Il vero scopo del nero governo Renzi è quello di avere mano libera nei licenziamenti dei lavoratori pubblici, tenerli sotto ricatto, bloccare il loro salario, avere la possibilità in futuro di licenziamenti collettivi degli statali tipo quelli avvenuti in Grecia, gettando sul marciapiede i loro dipendenti senza avere l'obbligo di ricollocarli in altre strutture.
11 novembre 2015