Tobruk accusa l'Italia di aver violato le acque territoriali libiche
Roma smentisce
Il governo libico di Tobruk, quello internazionalmente riconosciuto dai paesi imperialisti, in un comunicato pubblicato sulla propria pagina Facebook e Twitter il 30 ottobre denunciava "con fermezza" la violazione delle proprie acque territoriali da parte "di tre navi da guerra italiane nei pressi delle coste di Bengasi, a Daryana", a circa 55 chilometri a est della città. Le tre navi, affermava il comunicato, erano entrate nelle acque territoriali libiche senza autorizzazione e avvertiva che il governo "utilizzerà ogni mezzo" per proteggere la sua sovranità. Alla smentita del governo italiano Tobruk insisteva affermando che "la violazione è stata tracciata e verificata anche dai nostri caccia" levatisi in volo per "monitorare i movimenti delle tre navi fino a quando, dopo aver ricevuto un avvertimento, non sono tornate nelle acque internazionali".
Fonti della Difesa italiana smentivano seccamente: né le unità militari dell'operazione “Mare Sicuro” per il controllo del flusso dei migranti, né le navi di Eunavformed, la missione europea di sorveglianza al largo delle coste libiche, erano in zona o comunque sono entrare nelle acque territoriali libiche. "La notizia diffusa da fonti libiche circa la presenza ieri di tre navi italiane nelle acque territoriali libiche è falsa", si leggeva in una nota del ministero della Difesa, "tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati". Dal ministero si sottolineava tra l'altro che la firma di quel comunicato non era del primo ministro Al Thinni o di altri del suo ufficio ma di un ufficiale dello staff del comandante delle forze governative, il generale Haftar che accusava l'Italia di una violazione delle leggi internazionali.
A gettare acqua sul fuoco ci pensava il 2 novembre il rappresentante permanente della Libia all'Onu, Ibrahim Dabbashi, che in una dichiarazione raccolta dall'agenzia Ansa affermava che "prima di muovere l'accusa che tre navi da guerra italiane siano entrate nelle acque libiche servono conferme, per ora non ho nessun riscontro". "Nel caso fosse vero, sarebbe molto serio" affermava Dabbashi che precisava comunque di "non credere" che le unità navali fossero italiane.
Il delegato di Tobruk riteneva che non ci fosse qualcuno che vuole "remare contro i rapporti tra Italia e Libia" o tra Libia e comunità internazionale ma piuttosto qualcuno che voglia "trarre beneficio da posizioni nazionaliste", qualcuno non "del Parlamento ma qualcuno che fa parte dell'ambiente militare", rimandando la responsabilità dell'accusa esclusivamente verso il generale Khalifa Haftar, l'oppositore del dittatore Gheddafi rimandato sul campo dall'imperialismo americano e sostenuto dal golpista egiziano el Sisi che il governo di Tobruk ha nominato capo di stato maggiore. Un ruolo che potrebbe saltare in un futuro governo di unità nazionale che dovrebbe nascere dalla trattativa col governo islamista di Tripoli. Una trattativa che potrebbe imboccare la dirittura d'arrivo.
Che sia o meno un tentativo di Haftar di alzare il livello dello scontro minacciando le "potenze straniere" come l'Italia perché vuole mantenere il posto e il potere come lasciavano sottintendere le affermazioni di Dabbashi, accettate come buone dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, resta il fatto che la situazione della Libia resta complessa e di difficile gestione e l'imperialismo italiano dovrebbe anche per questa ragione tenersene alla larga.
11 novembre 2015