Barbarie dell'imperialismo coperta dalle Organizzazioni internazionali
Francia e Russia bombardano assieme lo Stato islamico
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu unanime contro l'IS. Obama: Lo distruggeremo. Con “il più forte sostegno” dell'Ue, compresa l'Italia del nuovo duce Renzi, è in atto un massacro della popolazione: 1.300 morti nei bombardamenti russi e 3.700 da quelli Usa
I popoli europei devono opporsi alla guerra imperialista

 
Il 23 novembre sono partite dalla portaerei francese Charles de Gaulle, in navigazione nel Mediterraneo orientale, le prime missioni per bombardare le postazioni dello Stato islamico (Is), al momento quelle in Iraq, annunciava il capo dello Stato maggiore interforze francese, il generale Pierre de Villiers, affermando che erano stati distrutti due obiettivi. Il potenziamento della forza di intervento nella regione voluto dal presidente Hollande cominciava a far sentire i suoi effetti anche se non ancora nella zona siriana di Raqqa, la capitale dell'Is, il bersaglio principale della rappresaglia dell'imperialismo francese per gli attentati del 13 novembre a Parigi; sulla popolosa città dove i 350 mila abitanti vivevano da una settimana sotto il tiro delle bombe dei caccia francesi e russi e degli elicotteri di Assad.
L'intervento militare in Siria deciso dal nuovo zar Putin a sostegno del regime di Assad e per non perdere le strategiche basi nel paese era scattato lo scorso 30 settembre. La rivendicazione da parte dell'Is dell'abbattimento dell'aereo civile russo sul Sinai offriva a Vladimir Putin lo spunto per dichiarare anche la Russia "vittima del terrorismo" e tanto più legittimata a attaccare lo Stato islamico; Putin dava ordine ai suoi generali di intensificare i raid su Raqqa che per la prima volta era colpita anche da missili da crociera lanciati da navi russe alla fonda nel Mediterraneo. Solo un anno fa, nel novembre 2014, il presidente russo era in un angolo e abbandonava il G20 di Brisbane in Australia dove era stato messo sotto accusa dagli altri paesi imperialisti per l'intervento della Russia nella crisi ucraina; il recente G20 di Antalya in Turchia lo ha visto tornare protagonista.
In attesa dell'incontro ufficiale a Mosca del 26 novembre, Putin e Hollande concordavano telefonicamente un "coordinamento degli sforzi" contro lo Stato islamico, a partire dalla cooperazione navale e il coordinamento tra le intelligence. Da Mosca si annunciava che da subito l'incrociatore Moskva, che si trovava nel Mediterraneo, avrebbe cooperato con le forze navali francesi "come alleato".
Il ministro della difesa russo Serghiei Shoigu annunciava che Mosca aveva cominciato dal 17 novembre ad usare in territorio siriano anche 25 bombardieri strategici a lungo raggio che avevano lanciato missili da crociera contro postazioni nemiche ad Aleppo, Idlib e nella zona dei pozzi petroliferi i Dayr Az-Zor e su Raqqa. L'aviazione russa finora concentrata in azioni più contro le zone attorno alla capitale Damasco e alle basi di Latakia si affiancava ai Mirage francesi nelle azioni su Raqqa; la capitale dello Stato islamico era già sotto tiro da 15 mesi dei caccia Usa.
Per alcuni giorni non si sono avute notizie dell'esito dei bombardamenti franco-russo e americani su Raqqa, il bolletino di guerra dei paesi imperialisti parlava solo di edifici distrutti e obiettivi raggiunti. Il 18 novembre l'Osservatorio siriano per i diritti umani annunciava la morte di 33 miliziani dell'Is, solo il 20 novembre fornirà le prime cifre della barbarie imperialista in Siria; sotto le bombe russe sono morte in tre mesi 1.300 persone, sotto quelle americane in più di un anno almeno 3.700.
L'interventismo imperialista della Francia trovava il pieno sostegno delle Organizzazioni internazionali, a partire dall'Unione europea imperialista. "La Francia ha chiesto aiuto e l'Europa unita risponde sì", assicurava la responsabile della Politica estera Ue Federica Mogherini che, con al fianco il ministro francese della Difesa Jean-Yves Le Drian, annuncia il sostegno "unanime" del Consiglio di Difesa della Ue all'attivazione, per la prima volta dalla istituzione del Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre del 2007, della cosiddetta "clausola di difesa collettiva", come richiesto da Hollande. Il Trattato di Lisbona implica l'obbligo dei Paesi membri di fornire aiuto e assistenza a uno Stato europeo vittima di un'aggressione armata sul suo territorio, non richiede alcuna decisione formale e rimanda la definizione del tipo di assistenza a intese bilaterali.
"Il nostro è stato innanzitutto un atto politico, che non ha precedenti nella storia europea", spiegava il ministro Le Drian, aggiungendo che chiederà agli alleati di "condividere il fardello" dello sforzo militare "perché la Francia non può fare tutto da sola in Iraq, in Siria, nel Sahel, in Libano e garantire anche la propria sicurezza sul territorio nazionale". Perciò "vogliamo chiedere ai nostri partner, nella misura delle loro capacità, aiuto nella lotta contro Daesh in Iraq e in Siria e una maggiore partecipazione militare ai teatri di operazione dove la Francia è già impegnata", spiegava il ministro.
"Escludo un intervento in Siria, mentre ci sarà un rafforzamento della nostra missione in Iraq. Abbiamo assicurato alla Francia la massima disponibilità. Ma sul piano militare l'Italia fa già molto, perché siamo tra i primi contingenti in Iraq per la lotta all'Is", rispondeva il ministro italiano della Difesa, Roberta Pinotti, assicurando a Parigi il sostegno imperialista dell'Italia del nuovo duce Renzi.
Dopo l'11 settembre 2001 l'imperialismo americano con una mossa analoga aveva chiesto e ottenuto la solidarietà degli alleati atlantici in base all'articolo 5 della Nato. Sembrava un gesto formale ma dopo qualche mese la Nato era intervenuta in Afghanistan con la partecipazione di molti membri dell'alleanza militare imperialista. Una ragione di più per i popoli europei per non cadere nella trappola dello "scontro di civiltà" e per opporsi alla guerra imperialista.
Dopo il "forte sostegno" della Ue arrivava all'imperialismo francese quello dell'Onu. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvava all’unanimità il 20 novembre la risoluzione presentata dalla Francia che invita gli Stati membri “a raddoppiare e coordinare gli sforzi per prevenire e reprimere gli atti terroristici”. E chiede e a tutti i 193 Paesi membri di “adottare tutte le misure necessarie in linea con il diritto internazionale”, per sconfiggere lo Stato Islamico. La risoluzione era votata dai rappresentanti dei membri permanenti Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina, e dai membri nel 2015 e nel 2016 che sono Angola, Ciad, Cile, Giordania, Lituania, Malaysia, Nuova Zelanda, Nigeria, Spagna e Venezuela.
La risoluzione non fornirebbe le basi legali per ricorrere all'uso della forza dato che il testo non richiama il capitolo 7 della Carta Onu, quello usato in occasione della prima Guerra del Golfo nel 1990 e in Libia nel 2011. Ma le bombe sono già partite e l'Onu arriva a posteriori per darle una parvenza di legalità.
Dal vertice dell'Asean di Kuala Lumpur del 22 novembre alzava la voce anche il presidente americano Barack Obama che per riaffermare il ruolo guida dell'imperialismo americano sosteneva che "distruggeremo l'Is sul campo di battaglia senza rinunciare ai nostri valori, grazie alla nostra coalizione". E prometteva una vittoria totale: "Strapperemo la terra che hanno rubato, taglieremo i loro mezzi di finanziamento, strapperemo le loro reti, decapiteremo i loro vertici e alla fine li distruggeremo. Tutti faremo la nostra parte. Noi continueremo a guidare la coalizione, stiamo rafforzando la collaborazione con la Francia e altri partner. Difenderemo la dignità di tutti i popoli, di tutte le persone. In questo senso riusciremo a sconfiggerli. Non c'è posto per un'ideologia come quella dell'Is all'interno del nostro mondo che vuole vivere in pace, in armonia e in sicurezza". Detto dalla potenza imperialista che dal 1990 tempesta di bombe i popoli della regione mette soprattutto in evidenza l'arrogante ipocrisia imperialista di Obama.

25 novembre 2015