Manifestazione organizzata dalla Fiom in una città blindata e con l'esercito per le strade
A Roma contro la guerra e la politica economica del governo Renzi
Landini si barcamena tra contrarietà alla guerra e lotta al “terrorismo”. Insoddisfacente discorso politico e sindacale. La delegata della Cgt francese: “la guerra non è la risposta”. Richiesto a gran voce lo sciopero generale
L'applaudita delegazione del PMLI guidata da Alessandro Frezza tiene alta la bandiera dell'antimperialismo

Dal nostro inviato speciale
In una Roma sferzata dal vento e dalla pioggia sabato 21 novembre si è tenuta la manifestazione che la Fiom aveva indetto da tempo. I temi erano il lavoro, il contratto nazionale, l'abbassamento dell'età pensionabile, per il diritto al reddito, alla salute e alla scuola pubblica. Giocoforza dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre la manifestazione ha messo al centro anche altri obiettivi, riassunti nello striscione che apriva il corteo: “contro le guerre, io non ho paura”, e non l'hanno avuta le migliaia di lavoratori che sono affluiti nella capitale con oltre 200 pullman provenienti da tutta Italia.

La manifestazione
Sicuramente c'è chi ha speculato e ha remato contro questa manifestazione cercando di boicottarla, nel tentativo d'impedire di rendere visibile il dissenso contro la guerra che, dopo i primi giorni di smarrimento creati da una tambureggiante propaganda imperialista di regime, si sta invece manifestando in maniera sempre più diffusa tra i lavoratori e le masse popolari. Roma era praticamente blindata; oltre a un dispiegamento fatto di migliaia di poliziotti e carabinieri, si aggiungevano 700 militari messi a disposizione del Ministero dell'Interno guidato da Angelino Alfano. Nelle stazioni della metropolitana uomini dell'esercito armati di fucili automatici, per le vie della città i colori mimetici delle camionette e di altri mezzi dell'esercito.
I manifestanti hanno sfidato falsi allarmi bomba nella metro e chi ventilava possibili attacchi chimici e batteriologici. Particolarmente odiosa la campagna di giornali e mezzi d'informazione che diffondevano paura inducendo chi voleva andare a Roma il 21 novembre a rinunciare. Si sono distinti in questa opera il megafono del governo Renzi “la Repubblica” e il quotidiano web diretto da Lucia Annunziata e dello stesso gruppo Espresso, L' Huffington Post. Quest'ultimo alcuni giorni fa titolava: “Fiom: ma in molti disdicono per paura”. Tutto questo clima, più indotto che reale, non ha sicuramente favorito la partecipazione, pur non raggiungendo la presa che si voleva sui metalmeccanici della Cgil. Certo la Fiom si poteva sforzare un po' di più per contrastare questa propaganda.
Le stesse avverse condizioni meteorologiche hanno influito su una più alta partecipazione e il maltempo previsto, puntualmente è arrivato ma piazza della Repubblica, luogo del concentramento, si è riempita lo stesso di bandiere. Il rosso è stato il colore dominante portato in gran parte dalla Fiom. Il grosso dei partecipanti era rappresentato dai metalmeccanici provenienti dai poli industriali delle regioni del Nord: Brescia, Bergamo, Milano, Mantova,Padova, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna, anche dal centro-sud sono comunque arrivati migliaia di partecipanti.
Mentre la classe operaia ha marcato la sua presenza, la Coalizione Sociale, “il soggetto” politico voluto da Landini, alla prova dei fatti si è dimostrata inconsistente e i gruppi, comitati, movimenti e singole personalità che avevano appoggiato il progetto si sono dileguate lasciando la Fiom praticamente da sola, anche se non sono mancate presenze interessate a farsi vedere in piazza ad esclusivo scopo elettorale come gli esponenti di Sinistra Italiana, il nuovo gruppo nato da SeL e da vari fuoriusciti del PD.
A contrastare chi voleva imporre la paura e il clima di unità nazionale sotto le bandiere della “guerra al terrorismo” ci ha pensato il combattivo corteo a cui hanno partecipato moltissimi lavoratori immigrati. Scritte contro la guerra, le spese militari ma anche per il contratto, contro il Jobs Act e gli attacchi ai diritti dei lavoratori. Tanti i cori contro il governo Renzi e il PD, più volte si sono sentiti slogan che richiedevano a gran voce lo sciopero generale. Nonostante il rispetto per i morti di Parigi l'invito del governo a calzare l'elmetto è stato respinto al mittente da un corteo vivace e colorato, dove non sono mancati la musica e i balli dei migranti.

Il discorso di Landini
In piazza del Popolo era montato il palco per gli interventi finali, a causa del mal tempo in veloce peggioramento i 15 interventi previsti sono stati ridotti a tre o quattro. Lo stesso intervento conclusivo di Landini è stato drasticamente tagliato perché quando ha preso la parola il segretario della Fiom si è scatenato un vero e proprio diluvio. Questo però non può giustificare il suo insoddisfacente discorso, sia sul piano politico che sindacale.
Landini si è barcamenato tra il rifiuto della guerra e la lotta al terrorismo, facendo un discorso poco convincente. “Il mondo del lavoro è contro il terrorismo e contro le guerre”, denunciando come questo clima possa mettere a repentaglio la convivenza e l'accoglienza verso i migranti. “La guerra non può essere la soluzione, dopo l'11 settembre si rispose con la guerra, e il risultato è che è nato l'Isis”. Affermazioni parziali che avvallano l'idea che i Paesi capitalisti dell'Occidente sbagliano strategia, ma alla fine sono dalla parte della ragione.
“C’è qualcuno che vende armi e compra petrolio dai terroristi, quindi il primo embargo da fare è economico”, questa è la massima accusa fatta ai governi interventisti. Una denuncia fin troppo debole che elude la questione principale ovvero l'imperialismo. Manca totalmente la denuncia dell'imperialismo come causa principale dei conflitti in corso, guerre che hanno la loro origine nelle politiche di Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Italia, portate avanti sopratutto con le armi, o su un piano più economico come fanno Germania e Unione Europea che s'ingeriscono negli affari dei paesi del Medio Oriente, Africa, Asia e ovunque ci sia da salvaguardare i loro interessi economici e geopolitici.
Come sostiene il PMLI è la barbarie dell'imperialismo che genera barbarie, gli attentati di Parigi che hanno causato vittime incolpevoli, sono una conseguenza di questa politica di dominio. Altrimenti ci accodiamo a Hollande che afferma che il 13 novembre è stata dichiarata “guerra all'occidente”, quando gli interventi in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria dimostrano piuttosto che è stato l'imperialismo a dichiarare da tempo guerra ai popoli e a tutti coloro che non fanno i loro interessi. La stessa Francia interviene a suo piacimento con le armi in Costa d'Avorio, Burkina Faso, Mali, Ciad, Niger, Centrafrica da decenni. Landini avrebbe dovuto quantomeno chiedere il ritiro di tutti i militari italiani che operano fuori dai nostri confini nazionali, altrimenti si accredita chi come Renzi vuole camuffare le missioni di guerra come operazioni di pace.
Dal palco ha parlato anche una rappresentante della Cgt, il maggiore sindacato francese. Ha criticato Hollande per le restrizioni alle libertà democratiche e ha sottolineato il fatto che la Francia è il secondo esportatore mondiale di armi dopo gli Usa e più di Russia e Cina: “Veniamo da anni di molteplici interventi militari in Iraq, in Siria, in Libia, Lungi dal portare la democrazia in quei luoghi, alimentano la catena dei conflitti, dell'odio, portano la crisi. La Francia ha deciso di scendere in guerra ma la Francia è anche il secondo paese esportatore di armi nel mondo, prima di Russia e cina”. Ma anche qui, specie alla luce dei fatti in Mali avvenuti il giorno prima, ci si poteva aspettare una critica più convinta, in particolare verso la politica neocoloniale portata avanti dal suo Paese con qualsiasi governo, destra o “sinistra”, che invece non è arrivata.
Tornando a Landini, il suo discorso si è concluso toccando i temi di politica interna che erano originariamente al centro della manifestazione. Ha definito “sbagliata” la Legge di Stabilità (cioè la vecchia finanziaria), che ha avuto il suo primo passaggio al Senato nel più assoluto silenzio, notizia quasi completamente oscurata dall'assordante propaganda di questi giorni che ha dato spazio solo alla caccia al terrorista, ai tamburi di guerra, al richiamo all'unità nazionale ed europea nel nome della “lotta al terrorismo”. Landini ha auspicato il rinnovo dei contratti e ha rivendicato l'età pensionabile a 41 anni per chi ha iniziato a lavorare presto, invitando Cisl e Uil a una mobilitazione unitaria per una riforma della Legge Fornero.
Nessun richiamo però allo sciopero generale nazionale contro il governo Renzi, la sua politica economica e sociale verso i lavoratori e le masse popolari e le sue controriforme piduiste e neofasciste. Al suo posto ha invocato il referendum contro il Jobs Act e un nuovo Statuto dei Lavoratori che ampli le tutele anche ai precari. Senza scioperi e mobilitazione però si finisce per sostituire la lotta referendaria e legislativa alla lotta di classe. Posizioni che rispecchiano la “pace” ormai raggiunta con la Camusso, non a caso presente accanto a lui rilassata e fino all'ultimo, diversamente dal passato dove si era mostrata fredda e contrariata. Per tutti questi motivi reputiamo il discorso di Landini al di sotto delle aspettative della stessa piazza, sia sul piano politico che su quello sindacale.

Il PMLI
Alla manifestazione della Fiom ha partecipato anche una delegazione nazionale del PMLI diretta da Alessandro Frezza. Pur non essendo particolarmente numeroso il gruppo di compagni, composto in buona parte da giovani, ha fatto con impegno tutto quanto era nelle sue possibilità, dimostrando grande combattività. Ancora una volta viene confermato che le manifestazioni con larga partecipazione delle masse operaie e lavoratrici sono generalmente tra quelle dove il Partito si muove come un pesce nell'acqua.
Fin dall'arrivo dei primi compagni in piazza della Repubblica si è subito dimostrata apertura nei nostri confronti. Tra coloro che si sono avvicinati c'è stato un operaio dell'Ilva di Genova che ha richiesto una delle nostre locandine contro Renzi che portavamo nei corpetti e ha acquistato una nostra spilla mentre un lavoratore della provincia di Varese si è detto disponibile a far circolare nella sua fabbrica i nostri volantini. Diffusi diverse copie de “Il Bolscevico”.
La nostra delegazione è entrata senza problemi nella parte iniziale del corteo mentre gli altri partiti sono rimasti ai margini e in coda al corteo. Con le bandiere rosse dei Maestri e del Partito, i corpetti, i cartelli contro il governo Renzi, la nostra delegazione è stata ancor più di altre volte superfotograta. Qualcuno ci ha chiesto di poter essere immortalato con il nostro cartello in mano. Incessantemente dal megafono sono stati lanciati i nostri slogan. Quelli contro il Jobs Act, per il ripristino dell'articolo 18 e il richiamo allo sciopero generale con manifestazione a Roma sono stati rilanciati anche dagli spezzoni che avevamo davanti e dietro di noi. Lo stesso vale per le canzoni proletarie, Bella Ciao, Bandiera Rossa e l'Internazionale. Al nostro passaggio abbiamo visto anche molte persone applaudire in segno di approvazione per la nostra “coreografia” e la nostra combattività. Un lavoratore si è avvicinato e ci ha detto “siete i più forti di tutta la manifestazione”. Lanciato con forza e ripetutamente lo slogan “Italia in guerra NO”
Dobbiamo registrare però un brutto episodio nei nostri confronti da parte dal servizio d'ordine della Fiom, o meglio di una parte di esso. Dopo essere arrivati da poco in piazza San Giovanni, più di un compagno è stato invitato a spostarsi adducendo come giustificazione la nostra posizione che copriva con le bandiere e i cartelli le riprese del palco. In prima fila però, dove vi erano alcuni compagni, i modi sono stati molto aggressivi nonostante il nostro atteggiamento collaborativo. Fino a quando un elemento, spalleggiato da altri due, ha strattonato la nostra bandiera fino sfilarla e facendo cadere a terra l'asta. Di fronte alle nostre proteste e allo stupore dei lavoratori presenti meravigliati dall'arroganza mostrata in particolare da un elemento, già conosciuto per gesta analoghe a Milano, ci è stato restituito tutto e alla fine i compagni si sono rimessi nella stessa posizione fino alla fine della manifestazione.
I dirigenti nazionali con alla testa il compagno Giovanni Scuderi hanno ringraziato tutti i partecipanti per aver “trasmesso ai manifestanti una bella immagine politica e organizzativa del PMLI... ricavandone degli apprezzamenti, degli incoraggiamenti e persino degli applausi. A riprova della giustezza della linea del Partito e dei buoni rapporti che abbiamo con la classe operaia, in particolare con i metalmeccanici.” La lettera di ringraziamento si chiude con un incitamento a continuare “a tenere ben alta la nostra bandiera antimperialista e antigovernativa, decuplicando gli sforzi affinché un numero sempre più grande di anticapitalisti nemici del governo Renzi si unisca attorno ad essa.”
Denunciamo infine che il sabotaggio e l'oscuramento mediatico è continuato anche durante e dopo la manifestazione. Le televisioni hanno relegato a pochi secondi di filmati e a stringati commenti l'iniziativa della Fiom che ha trovato assai meno spazio di quella organizzata contro il terrorismo da alcune associazioni islamiche a Roma e Milano, manifestazioni auspicate dal governo, dalle istituzioni e dalla destra. Destra borghese che sperava in una scarsa partecipazione per poi accusare i musulmani di essere tutti dei fiancheggiatori dei terroristi, cosa che poi è puntualmente avvenuta. Lo stesso discorso vale per i quotidiani, sulle prime pagine del giorno dopo non c'è traccia della manifestazione dei metalmeccanici ad esclusione de il manifesto trotzkista, ma con un titolo come al solito fuorviante e che non interpreta il vero sentimento dei partecipanti che hanno voluto dire no alla guerra e alla politica antioperaia del governo del nuovo duce Renzi che affama e toglie i diritti ai lavoratori.

25 novembre 2015