Una storica indicazione tattica nei confronti degli islamici
Stalin e la sharia
Sharia, un termine arabo che vuol dire “la giusta via”, è il codice di leggi dei musulmani, la cui origine risale al VII secolo.
Non tutti i musulmani lo interpretano allo stesso modo e non tutti i paesi arabi lo applicano integralmente o parzialmente. Esso è oggetto di forti e violenti contraddizioni tra le varie correnti musulmane, specie tra sunniti e sciiti ma anche dentro ciascuna corrente.
Una delle interpretazioni e applicazione è quella dello Stato islamico.
I marxisti-leninisti, naturalmente non credono affatto alla sharia, che è agli antipodi della nostra concezione del mondo. Tuttavia il nostro atteggiamento politico verso chi la sostiene varia a secondo della situazione internazionale e nazionale. Perché è sempre la contraddizione principale del momento che determina la nostra scelta politica, le alleanze e le priorità della lotta ideologica.
Stalin, intervenendo il 13 novembre 1920, al Congresso dei popoli del Daghestan non ha avuto problemi a concedere a quel paese l'applicazione della sharia pronunciando queste parole: “Il governo della Russia offre a ogni popolo il pieno diritto di governarsi in base alle sue leggi e ai suoi costumi.
Esso ritiene lo sciariat un diritto inoppugnabile, normale, che hanno anche altri popoli che abitano la Russia.
Se il popolo daghestano desidera conservare le sue leggi ed i suoi costumi, questi debbono essere conservati”.
In quel momento a Stalin, d'accordo con Lenin e il governo sovietico, interessava che il Daghestan rimanesse, come regione autonoma sovietica, all'interno della Repubblica socialista federativa sovietica della Russia, mettendo in secondo piano la questione della sharia, da risolvere successivamente, mentre i comunisti impazienti la volevano risolvere subito.
Egli si rifaceva al programma del Partito secondo cui “Il PC della Russia si attiene al punto di vista storico-classista e tiene conto del grado di sviluppo raggiunto da una determinata nazione; se si trova sulla strada del medioevo alla democrazia borghese o su quella della democrazia borghese alla democrazia sovietica o proletaria.”
Stalin, un mese avanti, esattamente il 10 ottobre 1920, in un articolo sulla “Pravda”, organo del CC del PC della Russia, intitolato “La politica del potere sovietico e la questione nazionale in Russia” spiegava, perché era opportuno concedere al Daghestan l'applicazione della sharia.
Queste le sue parole: “Se le masse del Daghestan, fortemente permeate di pregiudizi religiosi, seguono i comunisti 'sulla base della sciariat', è chiaro che la via della lotta diretta contro i pregiudizi religiosi, in questo paese deve essere sostituita da sistemi indiretti, più cauti. Ecc. ecc”.
Ed ha aggiunto: “Dalle imprese cavalleresche per 'l'immediata comunistizzazione' delle masse popolari arretrate bisogna passare ad una politica cauta e ponderata che incanali gradatamente queste masse nell'alveo generale dello sviluppo sovietico.”
Una storica indicazione tattica verso gli alleati musulmani, che il PMLI applica nei confronti dello Stato islamico che combatte contro la santa alleanza imperialista, che è il comune nemico e il nemico principale di tutti i popoli amanti della pace, della libertà, dell'autodeterminazione, dell'indipendenza e della sovranità dei Paesi.
25 novembre 2015