Ospite compiacente de “L'Unità” di Renzi
Rizzo imbroglia su Gramsci e Berlinguer
Il segretario generale del nuovo PC revisionista è onnipresente nei media. Come mai? Al PMLI non sono concessi né una riga né un secondo in radio e tv

Che cosa ci fa un articolo di Marco Rizzo sulle pagine de “L'Unità” di Renzi? Il segretario generale del nuovo Partito Comunista revisionista firma infatti un suo intervento per il numero speciale dell'11 novembre scorso dedicato a Enrico Berlinguer, in cui si propone di spiegare “cosa ha portato il Partito di Antonio Gramsci a diventare oggi quello di Matteo Renzi”, ed è singolare che lo faccia da ospite compiacente e compiaciuto del megafono personale del nuovo duce. Ma poi l'operazione diventa chiara una volta letto l'articolo, che già nel titolo ne anticipa tutta l'ambiguità: “Berlinguer? Una persona onesta ma non comunista”.
Rizzo individua nella politica conciliante post-resistenziale di Togliatti, poi sfociata nella “via italiana al socialismo”, l'inizio di quella che chiama la “consunzione della grande esperienza storica e politica dei comunisti in Italia”. Ma intanto giustifica tale politica (che tra l'altro omette significativamente di chiamare col suo vero nome, e cioè revisionista), perché la situazione di allora “era innegabilmente avversa ad una reale possibilità di 'fare la rivoluzione' in Italia”. E secondo lui sarebbe bastato che a prevalere fosse stata la linea trotzkista di Secchia, il quale diceva che “tra fare la rivoluzione e non fare nulla c'è una bella differenza”, per salvare il PCI dalla fine ingloriosa che ha fatto.
Dalla sua fondazione nel 1921 fino alla “svolta” togliattiana, invece, per Rizzo il PCI è stato un partito autenticamente comunista. E Gramsci, “con la sua concezione della conquista dell''egemonia' e della 'guerra di posizione'” non è stato a suo dire “l'antesignano delle vie nazionali al socialismo”, ma al contrario la sua concezione del partito e dello Stato “è sempre stata protesa alla conquista del potere politico”. Una falsificazione grossolana della storia, questa, perché sono proprio le teorie di matrice liberal-riformista di Gramsci, che sostituivano la costruzione dei Consigli operai a quella del partito marxista-leninista, il concetto di “blocco storico” a quello di lotta di classe, il concetto di “egemonia” (non come la concepiva Lenin) a quello della dittatura del proletariato, e il concetto di “guerra di posizione” a quello di insurrezione rivoluzionaria per il socialismo, che posero per prime le fondamenta revisioniste del PCI. Poi riprese e sviluppate da Togliatti nel dopoguerra con la “via italiana al socialismo”. Se Gramsci fosse stato un vero comunista, come mai settori della borghesia e del trotzkismo lo considerano ancora adesso uno dei loro punti di riferimento, in Italia e all'estero?

Rizzo copre il revisionista Berlinguer

Quanto al pensiero di Berlinguer, “persona onesta ma fuori dal comunismo”, Rizzo ne critica i “punti cardinali” che sono “il compromesso storico, la democrazia come valore universale, l'eurocomunismo, l'accettazione dell'ombrello della Nato, l'adesione alla UE ed infine le considerazioni sull'esaurimento della spinta propulsiva della Rivoluzione sovietica”. Ma poi finisce per dipingerlo ambiguamente come un “isolato” in un partito ormai saldamente in mano alla corrente “migliorista” dei vari Amendola e Napolitano, tanto da ritrovarsi da solo di fronte ai cancelli della Fiat nel 1980 e nella lotta in difesa della scala mobile. Leader ormai “ininfluente” di fronte alla “mutazione genetica” già avvenuta nel partito e che “non aveva voluto contrastare”.
Un'altra falsificazione della storia che si svela da sé, quando più avanti Rizzo rievoca l'intervista a Giampaolo Pansa sul “Corriere della Sera” del 15 giugno 1976, in cui Berlinguer “sentenziò l'accettazione definitiva dell'Occidente capitalistico e della sua micidiale alleanza militare, la NATO”. E l'intervista del 2 agosto 1978 ad Eugenio Scalfari, in cui sposò “il processo di unità europea e capitalistica”. Con ciò ammettendo implicitamente che era proprio lui, ancor prima degli anni '80, e non soltanto l'ala “migliorista”, a propugnare e guidare l'integrazione del PCI revisionista nel sistema capitalista e imperialista occidentale, completando il percorso revisionista aperto da Gramsci e portato avanti da Togliatti.

Anche Rizzo ha contribuito all'avvento di Renzi

D'altra parte, se come dice Rizzo la “mutazione genetica” del PCI era già compiuta alla fine degli anni '70, come mai nel 1981 egli lasciò Lotta Continua per entrare in quel partito, ricoprendovi vari incarichi dirigenti e restandovi fino al suo autoscioglimento nel 1991? E vi entra proprio nell'anno, il 1981, in cui da parte di Berlinguer, ricorda sempre Rizzo, “viene definitivamente reciso il 'cordone ombelicale' anche ideale, con la storia del movimento operaio e comunista”, con la famosa frase sull'esaurimento della “spinta propulsiva della Rivoluzione d'Ottobre”.
Ma da buon trotzkista Rizzo non solo si guarda bene dall'accennare a questa contraddizione e fare quantomeno autocritica, ma conclude l'articolo con la blanda critica a Berlinguer e senza rispondere alla domanda che lui stesso si era posto all'inizio: senza spiegare cioè come si è passati da Berlinguer a Renzi, un processo di cui anche lui ha fatto parte come dirigente del PCI revisionista fino alla sua fine. Per non parlare della sua successiva carriera politica (anche come parlamentare europeo) nel PRC e nel PdCI, partiti che hanno sempre fiancheggiato e coperto a sinistra, anche governandoci insieme, i partiti neoliberali PDS e DS eredi del PCI.
E comunque Rizzo si è ben guardato dall'attaccare Renzi e la sua politica neofascista, piduista, filopadronale, antioperaia e interventista, a dimostrazione che la sua comparsata su “L'Unità” è frutto di una reciproca “legittimazione” tra i due imbroglioni politici. E il momento scelto non è casuale, visto che coincide con la nascita di Sinistra italiana, formata dall'alleanza parlamentare tra i fuorusciti riformisti di sinistra del PD guidati da Fassina e D'Attorre e il partito di Vendola.

Rizzo coccolato dai media borghesi

Così adesso anche “L'Unità” di Renzi si va ad aggiungere alla sempre più lunga lista di giornali che ospitano Rizzo sulle loro pagine; e di media borghesi, con in testa le reti tv della Rai e di Mediaset, che parlano spesso delle iniziative del suo partito personale, anche se inesistente tra le masse. Come è successo anche ultimamente per la sua iniziativa del 7 novembre in occasione dell'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre a Roma, in compagnia del segretario del KKE revisionista greco, che è stata sponsorizzata contemporaneamente da TG1, AdnKronos, Huffington Post-gruppo Espresso.
Gli stessi media borghesi che lo invitano regolarmente ai loro talk show, come fa spesso Rai3-Agorà, e ha fatto anche in occasione della suddetta iniziativa. Mentre invece al PMLI non è concesso né una riga sui giornali né un secondo di trasmissione in radio e tv. Ma evidentemente ad essi fa comodo ospitare un imbroglione trotzkista come lui, per fare da tappezzeria e presentarlo come unico vero “comunista” rimasto in Italia: per darsi una patente di “democraticità” e “pluralismo” a buon mercato dando voce al suo innocuo comunismo da salotto, così da oscurare l'unica autentica voce marxista-leninista rappresentata dal PMLI e impedire che arrivi alle larghe masse popolari.
 
 

2 dicembre 2015