Basta disperdere le forze. Serve un unico forte movimento studentesco
Ripetendo un fenomeno che da diverso tempo caratterizza le mobilitazioni studentesche nel nostro Paese, si sono recentemente tenute due tornate di manifestazioni separate, il 13 e 17 novembre, pur essendo entrambe contro la “Buona scuola” e i tagli contenuti nella legge di stabilità. Lo stesso era avvenuto il 2 e il 9 ottobre. Le giornate del 2 ottobre e del 13 novembre erano promosse da autonomi, centri sociali e collettivi, quelle del 9 ottobre e 17 novembre dai “sindacati studenteschi”. La differenza (non di poco conto) stava nel fatto che la mobilitazione del 13 coincideva con lo sciopero generale della scuola proclamato dai “sindacati di base”.
Le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti hanno appoggiato e partecipato a queste mobilitazioni nell'interesse esclusivo della lotta contro la “Buona scuola”, pur senza condividerne in pieno la linea e i metodi. Da parte degli autonomi rileviamo tendenze avventuristiche e settarie; i sindacati studenteschi d'altro canto si rifiutano di uscire dal pantano del riformismo e del legalitarismo e sono spesso succubi del vertice della CGIL. Non ci spieghiamo altrimenti perché, ad esempio, non abbiano dato forza allo sciopero generale del 13 e non abbiano fatto pressione sulla CGIL affinché facesse altrettanto.
Da dove nascono queste divisioni? E, in ultima analisi, a chi tornano utili?
Nascono dal settarismo e dal frazionismo, in quanto ciascun raggruppamento cerca di portare acqua esclusivamente al proprio mulino e a quello dei partiti di riferimento. Di fatto, le questioni e i problemi generali delle masse studentesche cadono in secondo piano e ne escono danneggiati. Alla fine, chi vince è il governo, che non si trova di fronte a una forza studentesca davvero consistente.
Per non muoversi alla cieca, bisogna sempre mettere a fuoco la contraddizione principale in ogni battaglia: in questo caso, la lotta contro la “Buona scuola” e le politiche del governo in materia d'istruzione è la lotta che deve unire tutte le masse studentesche che aspirano al cambiamento, a prescindere dai collettivi, organismi o organizzazioni di appartenenza. Su questo punto bisogna fare perno per dare vita ad un unico grande movimento studentesco che si batta senza tregua contro le politiche di fascistizzazione, aziendalizzazione e privatizzazione della scuola e dell'università e contro il governo che le ha partorite, quello del nuovo duce Renzi.
Per uscire dal frazionismo che attualmente caratterizza il movimento, è necessario mobilitare la base, cioè le larghe masse studentesche, discutere dal basso sulle iniziative, sulle date e le modalità delle mobilitazioni per poterne mettere in campo di unitarie e forti, non frazionate e quindi divise e deboli. Ma non solo, va anche discussa una linea politica, programmatica e rivendicativa comune, che ora manca, e infatti il movimento studentesco risente moltissimo dell'assenza di un orientamento chiaro e condiviso, senza il quale non riesce a prendere in mano l'iniziativa e passare all'offensiva.
È per questi motivi che da tempo battiamo sullo stesso chiodo: l'organizzazione del movimento studentesco.
La nostra proposta è dare vita alle assemblee generali delle studentesse e degli studenti in ogni scuola e ateneo, inteso come luogo dove confrontarsi sugli indirizzi politici, programmatici, organizzativi, i metodi e le iniziative di lotta in modo da raggiungere la massima intesa possibile. Le proposte, le piattaforme, le decisioni e i documenti delle assemblee generali di scuola ed ateneo potrebbero poi essere messe a confronto in assemblee regionali e nazionali.
L'assemblea generale è già stata sperimentata con successo nel Sessantotto, quando era la norma riunirsi ed elaborare iniziative e rivendicazioni dal basso. Anche la Pantera del 1990 si dotò di assemblee locali e nazionali, un accenno debolissimo si è avuto persino nell'Onda del 2008, ma in questi casi è mancata la forza di farla affermare e consolidare. Comunque si tratta di esperienze importanti da tenere presenti per imparare tanto dai punti di forza quanto dagli errori e difetti del passato.
È chiaro che, parlando di organizzazione del movimento studentesco, noi non intendiamo assolutamente burocratizzarlo o imporgli strutture verticistiche. È vero invece l'esatto contrario. Addirittura potremmo dire che il movimento è ben più “burocratizzato” adesso, diviso fra tante organizzazioni diverse che cercano di lottizzare ed egemonizzare la protesta, rispetto a quanto lo sarebbe dotandosi dell'assemblea generale. Se non si hanno velleità leaderistiche e opportunistiche, che spesso nascondono ambizioni elettorali, non si può avere paura di aprire un dibattito su come dare concretamente un'organizzazione al movimento studentesco.
Le forze attualmente più avanzate non devono nemmeno temere che prevalga il riformismo. Un fronte unito come questo prevede sia unità sull'obiettivo comune, sia lotta per l'egemonia, combattendo dialetticamente tutte le posizioni sbagliate e fuorvianti. Grazie al lavoro degli studenti avanzati, fra cui i marxisti-leninisti, e attraverso l'esperienza, le masse studentesche arriveranno a capire la vera natura del riformismo, del legalitarismo, del costituzionalismo e del pacifismo, i limiti da essi imposti gli staranno sempre più stretti, finché non saranno conquistate ad una linea rivoluzionaria. In ogni caso, il riformismo a livello di massa non si sconfigge certo abbandonando il lungo e paziente lavoro di convincimento delle larghe masse e illudendosi di poter contare sulle sole avanguardie.
Le divisioni, il frazionismo, il settarismo non portano a nulla di buono, anzi fanno il gioco del governo, mentre l'unità delle masse studentesche fondata sulla democrazia diretta, su una linea comune e discussa democraticamente e sull'autonomia delle rispettive organizzazioni, può portare veramente a conquiste e alla vittoria di una battaglia così essenziale per il presente e il futuro dell'istruzione pubblica in Italia.
La Commissione Giovani del CC del PMLI
2 dicembre 2015