Più di duemila eventi in oltre 150 Paesi chiedono un futuro alimentato dalle sole energie rinnovabili
Si apre a Parigi la conferenza ONU sul clima. Due milioni di attivisti in “marcia” in tutto il mondo
Nella capitale francese la “Marcia per il Clima” è stata vietata per questioni di sicurezza. I francesi però si organizzano e non rinunciano alla piazza formando una catena umana e ricoprendo place de la Republique di scarpe. Nel pomeriggio la polizia carica il corteo non autorizzato
La 21esima Conferenza dell'Onu sui cambiamenti climatici si è aperta a Parigi nel pomeriggio di domenica 29 novembre. All’indomani partiranno in modo ufficiale i lavori ai quale partecipano i rappresentanti di 193 Paesi ed oltre 150 capi di Stato, a cominciare dal presidente americano Barack Obama, quello cinese Xi Jinping, l'indiano Narendra Modi e il russo Vladimir Putin. Per l'Italia partecipano il premier, Matteo Renzi, ed il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti. I negoziati andranno avanti fino all’11 dicembre; quasi due settimane di colloqui dunque, per raggiungere un nuovo accordo mondiale che superi Kyoto, protocollo in gran parte disatteso, in materia di gas serra e riscaldamento globale. Per quasi tutto il mondo della scienza ambientale, oggi più che mai in gioco c'è il futuro del pianeta, e da ciò la necessità di siglare un nuovo accordo globale sulla lotta ai cambiamenti climatici che rischiano di cambiare il volto della Terra, rendere invivibili ampie zone del pianeta e distruggere per sempre interi ecosistemi.
Lo scenario attuale
Nelle settimane che hanno preceduto l’apertura della Conferenza, tutti i portavoce dei paesi coinvolti hanno sottolineato come la volontà comune sia quella di frenare il riscaldamento del pianeta, limitare l’escalation delle emissioni di CO2 nell’aria, arginando così anche i disastri naturali provocati dall’aumento delle temperature medie di atmosfera ed oceani. Stando alle dichiarazioni, il primo obiettivo politico di Parigi è quello di far dimenticare al mondo intero il fallimento del summit di Copenaghen quando, nel dicembre del 2009, il tutto si concluse con un clamoroso fiasco, con intenti paralizzati dallo scontro fra le superpotenze USA, Cina ed India e con l’Europa poco più che spettatrice. In realtà la situazione alla vigilia della Conferenza di Parigi, promesse a parte, è totalmente insoddisfacente poiché il totale dei piani nazionali dei 170 paesi che rappresentano il 90% del totale delle emissioni carboniche, ammesso poi che essi vengano rispettati al dettaglio, porterebbe comunque ad un aumento di 2,7 gradi della temperatura media del pianeta, sfondando anche la soglia di quel limite pressoché riconosciuto da tutti quale aumento massimo “sostenibile”, e fissato in +2 gradi C. Anche un rapporto dell’ONU stessa conferma questa amara condizione di insufficienza: “Con i piani attuali non si evita un aumento sostanziale delle emissioni da qui al 2030.
La preoccupazione delle associazioni ambientaliste internazionali
Più di un campanello d’allarme è suonato nella testa dei milioni di ambientalisti di tutto il mondo che, comprendendo la delicatezza del momento e memori delle “truffe” passate, stanno sottolineando da tempo che i cambiamenti climatici riguardano tutti da vicino e risultano essere oggi una vera e propria emergenza che ha ripercussioni in campo ambientale, sociale, economico ed anche geopolitico. La Coalizione Italiana “Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima”, alla quale aderiscono oltre 150 soggetti fra sindacati dei lavoratori, organizzazioni di società civile, degli agricoltori, di solidarietà, confessionali, ambientaliste ecc., ha evidenziato, oltre alle problematiche strettamente legate alla questione ambientale, quanto la questione climatica sia intrecciata con le migrazioni, le guerre ed i drammatici eventi che scuotono il medio oriente, l’Europa ed il mondo intero. Il timore di tutto il mondo attivista ambientale è quello che la Conferenza di Parigi non riesca ad essere incisiva fino in fondo e capace di definire un nuovo scenario energetico ed un nuovo modello di sviluppo che punti alla tutela del bene comune e delle risorse naturali. Per questo, e con la volontà di divenire parte attiva della Conferenza stessa, il 28 ed il 29 novembre più di duemila eventi in oltre 150 paesi del mondo, hanno composto la “Marcia Globale per il Clima”. Alla base delle richieste comuni, giustizia climatica, un nuovo scenario energetico che fermi le emissioni di gas serra aprendo la strada ad equilibri nuovi e sostenibili che dovrebbero concretizzarsi in un accordo fra i governi in questione “ambizioso e vincolante” che consenta di limitare innanzitutto il riscaldamento globale almeno sotto i 2 gradi C, che acceleri la transizione verso la de carbonizzazione, per un mondo alimentato al cento per cento da energie rinnovabili nel 2050. E che dire poi dei pesticidi dannosi per l'uomo? Solo in Europa la Ue ha chiesto di ritirarne 320.
Oltre due milioni di manifestanti in tutto il mondo.
"Non c'e' un Planet B" era la parola d’ordine a Sydney, in Australia, dove 45mila persone si sono radunate, mentre 5mila erano ad Adelaide e un migliaio hanno sfilato sotto la pioggia a Seul. A dare il via alle manifestazioni, il grande evento a Melbourne venerdì, cui sono seguiti raduni di sabato dalla Nuova Zelanda, ad Aukland, dove si è tenuta una “Haka” di massa, la tradizionale danza maori. Le Filippine hanno ospitato manifestazioni nelle sei maggiori città, coinvolgendo le comunità che hanno sofferto l’impatto devastante di cicloni sempre più violenti. La mobilitazione mondiale ha unito i masai della Tanzania, che hanno marciato per ottenere energie rinnovabili nel cratere di Ngorongoro minacciato da siccità estreme sempre più frequenti, con le migliaia di manifestanti berlinesi alla Porta di Brandeburgo; i leader indigeni che a Bogotá hanno celebrato la “Madre Terra” e gli oltre 5.000 ciclisti che hanno attraversato Città del Messico per testimoniare la volontà comune di difendere il pianeta dai rischi dei mutamenti climatici. Dal Bangladesh al Giappone, passando per il Sudafrica e la Gran Bretagna, ed eventi simili hanno avuto luogo a Rio de Janeiro, New York, Johannesburg, Madrid, Edimburgo ed tante altre città ancora, per un totale di oltre due milioni di manifestanti in tutto il mondo.
Le piazze italiane
In Italia la manifestazione principale si è tenuta a Roma dove secondo gli organizzatori sono stati 20 mila i partecipanti alla marcia partita da Campo dè Fiori e diretta ai Fori imperiali, dove si è tenuto un concerto conclusivo. Eventi minori che si sono svolti lungo tutto lo Stivale: a Torino, Milano, Trieste, Venezia, Genova, Catanzaro, Palermo. Dai cortei trapela un cauto ottimismo, in particolare dai rappresentanti degli organismi più istituzionali: secondo alcuni dirigenti del Wwf ad esempio, al termine delle due settimane di negoziati “un accordo globale e vincolante ci sarà, sarà tutta una questione di dettagli, la COP21 può essere un punto di svolta". "Tutti vogliono arrivare a Parigi per ottenere un risultato, il punto è capire se riuscirà a tutelare i più vulnerabili oppure no", precisano manifestanti un po’ più critici che incalzano: "la mobilitazione dovrà continuare, perché quanto concordato a Parigi venga tradotto in azione". Già diverso il polso di gran parte dei partecipanti che, pur animati dalla speranza possibilista dell’esito, pensano che non vi siano le basi per aspettarsi una soluzione definitiva proprio da coloro che hanno le responsabilità maggiori in ambito di riscaldamento globale e che non hanno mai fatto seguire alle proprie promesse, atti concreti per ridurre le emissioni di gas serra e CO2. Dure critiche anche al governo del Berlusconi democristiano Renzi che, alla stessa stregua degli altri in Europa e nel mondo, sembra non voler sentire le ragioni della terra e dei suoi abitanti. Il Governo tira dritto col decreto “Sblocca Italia” e con le sue trivelle tese ad agevolare le estrazioni petrolifere in terra ed in mare; con il nuovo ricorso all’incenerimento dei rifiuti considerati gli inceneritori “di carattere strategico nazionale”, pare pensare più ai profitti degli amici privati che all’interessa del nostro territorio e dell’intero Pianeta, come appare evidente da tali scellerate scelte prese sulla pelle della popolazione.
La manifestazione di Parigi
In realtà già all’indomani della notizia dell’annullamento della “marcia” di Parigi a causa degli attentati del 13 novembre scorso, gli attivisti francesi si sono organizzati per gridare il proprio sostegno alla necessità di frenare il cambiamento climatico: privati di fatto della possibilità di manifestare, gli ambientalisti hanno deciso di ricoprire una delle piazze più' importanti della capitale francese quale place de la Republique, di scarpe. Più di quattro tonnellate ne sono state raccolte in appena una settimana, come affermato da Avaaz, il movimento globale per la mobilitazione dei cittadini che ha ideato l'iniziativa, a testimonianza della determinazione della popolazione ad essere ascoltata. Lungo Boulevard Voltaire oltre 10.000 persone si sono dati la mano, alcuni dei quali mostrando cartelli con su scritto "sfruttano, inquinano, fanno profitti! l'emergenza è sociale e climatica". I manifestanti hanno interrotto la catena umana di fronte al Bataclan, in segno di rispetto per le 90 persone rimaste uccise nella sala concerti durante gli attentati dello scorso 13 novembre. Non sono mancati però momenti di forte tensione; tutto è successo nel primo pomeriggio quando un gruppo di manifestanti ha tentato di forzare il cordone di polizia per far partire il corteo non autorizzato. Polizia e manifestanti si sono fronteggiati per alcuni minuti poi la polizia ha caricato selvaggiamente disperdendo i manifestanti. Solo a quel punto e con la forza, tutta la place de la Republique è stata sgomberata. Strumentali le dichiarazioni del presidente della Repubblica francese Hollande che ha definito "vergognosi" gli incidenti avvenuti nel pomeriggio, deprecando il fatto che la "la protesta sia avvenuta proprio dove c'erano candele, fiori e altri ricordi" in memoria delle vittime degli attentati, e rafforzando così l’opinione pubblica alla sua incalzante politica guerrafondaia imperialista che fa inevitabilmente da sfondo a questa Conferenza su di un tema di fondamentale importanza per il mondo intero che ha tutta l’aria di divenire complessa, contraddittoria e tutta interna al capitalismo.
2 dicembre 2015