Discutiamo su un importante articolo di Sandra Bonsanti su “Il Fatto quotidiano”
“Così arrivò il fascismo”, giusto. Ma chi è il nuovo Mussolini?
Bisogna dire tutto, fino in fondo, se si vuole veramente fare chiarezza
Con un importante articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano
del 29 novembre (“Verso la dittatura dell'uomo-solo”), Sandra Bonsanti, giornalista e membro del Consiglio di presidenza dell'associazione Libertà e Giustizia, ha lanciato un allarme sulle inquietanti analogie tra la situazione attuale e quella che vide la completa affermazione del fascismo in Italia.
“Così arrivò il fascismo”, esordisce infatti Bonsanti citando come introduzione alle sue riflessioni le parole di “una amica appena più vecchia di me”, che proseguiva osservando come “molti nel mondo della cultura, che capivano cosa stava accadendo tacevano per timore di sembrare catastrofisti o per paura. Altri erano compromessi sin dall'inizio. E fu in quel silenzio delle coscienze che si stabilizzò la dittatura dell'uomo solo”. “Quando il potere occupa gli spazi della democrazia – aggiunge a sua volta a commento l'esponente di Libertà e Giustizia – la gente comincia ad avere timore e si ritrae. La violenza è prima di tutto una violenza sui singoli, uno per uno. Così accadde, come si dice 'l'altra volta'”.
Poche parole che spiegano come il fascismo, dopo la presa del potere politico, arrivò ad impiantarsi anche nella cultura e nella vita civile del Paese (“nel silenzio delle coscienze”), che si attagliano perfettamente anche alla situazione attuale. Anche perché oggi come allora, suggerisce Bonsanti citando un saggio dello storico W. S. Allen (“Come si diventa nazisti”, che analizza l'affermarsi del nazismo in una cittadina tedesca negli anni '30, ndr) sussistono condizioni economico-sociali simili a quelle che favorirono l'avvento del nazismo, quando “la sempre maggiore disperazione dei senza lavoro, provocata da periodi sempre più lunghi di disoccupazione, indebolì le forze della democrazia nella città”. Favorendo, continua la citazione, la strategia del “colpo di Stato a rate” che distrusse la coesione sociale. E quando nel 1933 sempre più cittadini erano saliti sul carro del vincitore, “non restava praticamente più nessuna possibilità di resistere”.
“Oggi non ci sono Hitler e nemmeno Mussolini, per fortuna”, prosegue la giornalista, “ma c'è un potere che aspira a comandare e a plasmare con la propria forza le democrazie dell'Occidente. Questo potere lo abbiamo denunciato a più riprese, eppure secondo me, mai abbastanza. È il potere della grande finanza, che è insaziabile e ingiusto verso i più deboli. È il potere di coloro che non amano i diritti conquistati negli anni e con la fatica dai lavoratori. È il potere che si fece vivo quando fu fatto Mario Monti presidente del Consiglio e poi quando fu cacciato Enrico Letta giudicato troppo debole rispetto alla richiesta. È il potere delle grandi banche d'affari che ci chiese di cambiare la Costituzione. È il potere che oggi parla su Repubblica
per bocca di Jean-Claude Trichet, presidente della Bce fino al 2011, che prima di andarsene firmò la famosa lettera ultimatum al governo italiano”.
“Ora sappiamo finalmente perché stiamo distruggendo la Costituzione del '48”, continua Bonsanti denunciando a questo proposito la controriforma costituzionale che cancella il Senato e la legge elettorale Italicum che hanno l'obiettivo di rendere “più rapido e spedito e senza contrappesi il governo del Paese”, come chiedono le grandi banche e la grande finanza: “Un governo di larghe intese – conclude la giornalista – scelto dai banchieri e non respinto dai cittadini. I quali tacciono disorientati. E chiedono a chi prima si opponeva: 'Perché non fate qualcosa?'. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che forse ormai è tardi”.
Un sasso nello stagno del pensiero unico
Anche se non sottoscrivibili in ogni loro aspetto, gli ampi stralci che abbiamo riportato dell'articolo dell'esponente di Libertà e Giustizia ci paiono comunque una denuncia che cerca di squarciare la pesante cappa di pensiero unico che è calata sul Paese grazie alla complicità dei mass media del regime neofascista e anche, va detto, del “silenzio delle coscienze” di molti intellettuali della “sinistra” borghese, tanto pronti a mobilitarsi ieri contro Berlusconi quanto apatici, se non affascinati, oggi, nei confronti del nuovo Berlusconi, Matteo Renzi. E del resto, il silenzio assordante che ha fatto eco al sasso lanciato nello stagno da Sandra Bonsanti, conferma in pieno questa vergognosa omologazione informativa e culturale al pensiero unico renziano, che poi è l'espressione politica di quella dittatura del potere economico e finanziario (e piduista, aggiungiamo noi) di cui parla la giornalista.
Ma allora, se si denuncia che questa situazione ha tutti i connotati del fascismo, sia pure in una forma ovviamente adeguata ai tempi, più moderna e tecnologica, e se si vuole fare veramente chiarezza, perché non si va fino in fondo e non si dice anche chi è oggi il nuovo Duce, colui che incarna e porta avanti in prima persona il disegno capitalista, neofascista e piduista mirante a cancellare i diritti dei lavoratori, distruggere la Costituzione del '48 e la democrazia parlamentare borghese e lanciare l'imperialismo italiano in nuove avventure colonialiste e interventiste nel Mediterraneo e in Africa sulle orme di Mussolini?
Non si può suonare l'allarme avvertendo le masse che “così arrivò il fascismo”, e poi tranquillizzarle dicendo che “per fortuna oggi non ci sono Hitler e nemmeno Mussolini”. Salvo poi contraddirsi nuovamente denunciando le manovre del potere capitalistico e finanziario, nazionale e internazionale, nel fare e disfare i governi e nel dettargli la politica economica ultra liberista e la controriforma neofascista e piduista della Costituzione, fino ad insediare con un colpo di palazzo un esecutivo “forte” come il governo del nuovo duce Renzi. Senza però avere il coraggio di chiamarlo per nome, ma limitandosi ad alludervi come “un governo di larghe intese, scelto dai banchieri e non respinto dai cittadini”.
Non concedere alibi al nuovo duce Renzi
Ma è proprio così che si disorientano le masse, offrendo una copertura in extremis al nuovo duce Renzi e al suo governo neofascista, antioperaio, piduista e interventista. Come fa quotidianamente, per intendersi, la stampa della “sinistra” borghese con in testa La Repubblica
del capitalista De Benedetti e dell'opportunista Scalfari: il primo salito ormai da tempo sul carro del nuovo Mussolini, il secondo conquistato più recentemente e per sua stessa ammissione alla causa dell'“uomo solo al comando”, visto che ormai “ciò avviene in tutte le democrazie”.
E come fa anche la sinistra riformista, sia quella di Bersani e Cuperlo rimasta nel PD a reggere il sacco a Renzi sull'attacco ai lavoratori e ai sindacati e alle controriforme piduiste, sia quella fuori dal PD come SI-SEL, che resta nelle giunte coi renziani e già mercanteggia con loro sulle primarie per le prossime elezioni amministrative. Nemmeno il leader di Coalizione sociale, Maurizio Landini, ha mai avuto il coraggio di denunciare Renzi come il nuovo Mussolini e il suo disegno neofascista e piduista. Anzi, in un primo tempo intratteneva un rapporto privilegiato con lui, e tutt'ora, nonostante la sua politica smaccatamente filopadronale, antioperaia e antisindacale, si rifiuta di indicare ai lavoratori la necessità di cacciarlo via con la lotta.
Occorre invece trovare questo coraggio e andare fino in fondo alla denuncia del nuovo duce Renzi, spiegando alle masse che egli non soltanto è il nuovo Berlusconi, del quale ha ripreso integralmente il programma e ne sta attuando uno dopo l'altro tutti i punti rimasti incompiuti, ma una reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini, dal quale ha mutuato, adattandole ai tempi, la demagogia istrionica e le ambizioni dittatoriali. E che occorre spazzarlo via con la lotta di piazza, nelle fabbriche, nelle scuole e in tutti i luoghi di lavoro prima che riesca ad impiantarsi stabilmente nel Paese per un altro nero ventennio fascista, facendo scempio non solo della Costituzione del '48, come paventano Bonsanti e altri intellettuali della “sinistra” borghese, una carta del resto ormai ridotta a brandelli da vent'anni di seconda repubblica neofascista, ma di ogni diritto e conquista strappati dai lavoratori a prezzo di dure lotte e sacrifici.
9 dicembre 2015